Incuriosito dall’articolo pubblicato su questo stesso sito venerdì scorso a cura della redazione, ho fatto visita agli amici e colleghi del Centro di Accoglienza Straordinaria di Modugno per respirare il profumo di pensieri che si materializzano e che, allo stesso tempo dematerializzano luoghi comuni, strumentalizzazioni, ogni prodotto della non conoscenza usato arbitrariamente e stoltamente per dare fiato a parole bisognevoli di stampelle per quanto di “nulla” sono sostanziate.
Era circa mezzogiorno venerdì quando sono arrivate sul cellulare una serie di fotografie che riprendevano un gruppo di ospiti del CAS in preghiera.
Fin qui, nulla di strano. Quando lavoravo in struttura era normale vedere persone che pregavano, in particolare il venerdì.
Invece no: qualcosa di nuovo in quelle fotografie che la Presidente di Costruiamo Insieme ha voluto condividere con noi c’era.
Un qualcosa difficile da cogliere nell’immediatezza nella caoticità delle cose che ogni giorni si inseguono e si succedono facendo saltare, in maniera sistematica, qualsiasi pianificazione.
Un episodio fra i tanti, foto guardate in fretta, ma che diventano un tarlo che inizia a rosicare nei pensieri, a distrarti, a disorientare l’attenzione: se Nicole Sansonetti, donna che affronta qualsiasi situazione in maniera assolutamente concreta, pragmatica, con quella invidiabile capacità che solo le donne hanno di “essere dure senza mai perdere la tenerezza” ha inviato, senza commenti, quelle foto, dietro quelle foto c’è intrinseco un messaggio.
Rivolto a noi, agli operatori, a chi vive nelle strutture quotidianamente.
Mentre non smetto di pensare a questa cosa, mi chiama il mio collega di Taranto per parlarmi della stessa cosa, stuzzicato anche lui da quello che sembrava un messaggio fra le righe, quasi subliminare.
E’ sempre venerdì, si è fatto pomeriggio. Capire diventa quasi una scommessa, una sfida con me stesso perché in quelle foto è nascosto un significato che, se pure lampante, è reso intraducibile da quel velo sottile che oscura una realtà sciogliendola nella prassi, nell’abitudine, nelle cose da fare: è un puzzle del quale hai chiara la figura ma che devi ricomporre. Devi rimettere insieme i pezzi di un pensiero, di una idea che hai fra le mani che fa difficoltà a materializzarsi: la soluzione.
“Marc Augè!” quasi grido mentre guido avendo di fianco la mia compagna stranita e già preoccupata per aver sopportato la mia aria assorta nei pensieri per tutto il pomeriggio: luoghi e non luoghi! Questa è la risposta alle fotografie!
“Se un luogo può definirsi come identitario, relazionale, storico, uno spazio che non può definirsi né identitario, né relazionale, né storico definirà un non luogo”.
In totale contrasto col pensare comune, i Centri di Accoglienza gestiti da Costruiamo Insieme da “non luoghi” vengono trasformati in “luoghi” attraverso attraverso il lavoro quotidiano di operatori che hanno incarnato la filosofia, la mission della Cooperativa Sociale.
E in quel luogo gli ospiti non hanno perso o non sono stati spogliati della loro identità, intrattengono relazioni, riconoscono in esso un pezzo della propria storia.
D’istinto chiamo Fabio, un operatore del CAS di Modugno, chiedendogli se è possibile incontrare l’indomani mattina l’Imam che ha “guidato” la preghiera del venerdì della quale erano arrivate le foto.
Anche Fabio, stranito, mi chiede il perché visto che tutti i venerdì pregano ed è un fatto a me noto.
“Lo hanno fatto fuori -rispondo a Fabio- all’aperto. E’ la prima volta che lo fanno. Prima pregavano chiusi nelle stanze, quasi intimoriti, forse decontestualizzati. Ora vivono quel luogo come loro e hanno percepito che, oltre al rispetto per le differenze, lavoriamo per costruire un sistema di convivenza, che facciamo da sponda per ricostruire vite che guardano ad un futuro diverso da quello segnato dalle realtà che li hanno costretti a scappare”.