Alex, ventiquattro anni, nigeriano
«Sono scappato, volevano ammazzassi i miei genitori. Una questione di sortilegi e ignoranza, da cui anche io sono stato perseguitato. Fuga dal mio villaggio, derubato dei risparmi in Libia, poi il viaggio per l’Italia pagato con sette mesi da falegname».
«Volevano sacrificassi la vita di mio padre e mia madre, unico sistema perché continuassi a lavorare, fare l’autista di un camion con il quale trasportavo bevande». Da non crederci, ma in alcune zone della Nigeria, sopravvivono credenze popolari, sortilegi, qualcosa vicino alla macumba. La sfortuna non finisce lì. In Libia, poi, l’incontro con la persona sbagliata alla quale consegna i suoi risparmi in cambio di un posto su un gommone. L’uomo sparisce insieme al denaro.
Andiamo per ordine, prima vicenda spiegata dallo stesso protagonista. Alex, ventiquattro anni, papà, mamma e cinque fratelli rimasti in patria, è ospite di un Centro di accoglienza straordinaria di “Costruiamo Insieme”, racconta una storia sconcertante. «Per migliorare la mia posizione sociale e lavorativa secondo i miei datori di lavoro avrei dovuto compiere, a loro dire, un “atto di coraggio”: sacrificare cioè la vita dei miei genitori; naturalmente non ho accettato; da quel momento è cominciata una vera persecuzione nei miei confronti: licenziato a causa del mio rifiuto mi sono visto chiudere porte in faccia, qualsiasi altra occasione di lavoro mi era stata preclusa, così non mi restava che cambiare aria».
Ma non è finita, nel frattempo la sciocca maledizione fatta circolare dai suoi ex “datori”, aveva interessato anche lo stesso Alex. Insomma, genitori e figlio erano diventati di colpo una minaccia per chiunque li avvicinasse. «Dalle mie parti c’è ancora molta gente – spiega il ventiquattrenne nigeriano – che crede in queste cose, sortilegi, riti per scacciare presunte anime possedute dal demonio». Non lo salva nemmeno la sua fede cristiana. «Molti sono di fede cristiana nel mio Paese – spiega – ma non so cosa in realtà accada nella testa di quanti mescolano in modo disinvolto sacro e profano; fame e povertà, mista a una grande ignoranza, non bastano a giustificare gente che si rifugia nel destino, buono o cattivo, questo dipende dal loro personale punto di vista».
Così Alex molla lo sterzo di uno di quei camion che trasferiscono da un capo all’altro della sua cittadina, Auchi, centinaia di casse di preziosa “Pepsi”, e un futuro tutto sommato soddisfacente. «Guadagnavo, avevo ambizioni nel mondo del lavoro; questo, forse, è stato il mio principale errore, amare quello che facevo e una prospettiva di una vita serena che mi ripagasse dei tanti sacrifici».
Arrivato in Italia pochi giorni fa, lo scorso 24 aprile, insieme a più di un centinaio di emigranti, Alex non ha dunque coronato il suo sogno nigeriano.«Magari trovassi qui un lavoro simile a quello che svolgevo in Nigeria – si augura – potrei iniziare con la stessa attività per cominciare a pensare a un futuro tutto nuovo». Non avrebbe amici, Alex. «Ce li ho – coregge – ma tutti compagni di lavoro con i quali non facevo che parlare dei viaggi faticosi cui ci sottoponevamo; a fine giornata ero distrutto da più di una decina di ore trascorse a bordo di un camion e da parole, parole e ancora parole sull’attività che ognuno di noi svolgeva sulla strada; per il resto, la gente con cui scambio due chiacchiere, ora, sono miei connazionali con i quali sono ospite di un Centro di accoglienza; ho nostalgia di casa, dei miei genitori e dei miei cinque fratelli rimasti nel villaggio: sono stato costretto ad andare via, la mia vita stava diventando un inferno».
Screditato agli occhi di chiunque, Alex ha preso il coraggio a due mani ed andare via. «Avevo un po’ di risparmi da parte – racconta Alex, altra storia sconcertante – per pagarmi il viaggio per l’Italia e poi viaggiare per l’Europa in cerca di quella fortuna che con me fino a quel momento era stata avara; arrivato in Libia, mi informo, chiedo chi dietro compenso possa aiutarmi a imbarcarmi per l’Italia: incontro un signore, a prima vista rassicurante, mi spiega che è lui la persona giusta e che in un baleno mi metterà sul primo gommone in partenza per l’Italia; c’è un solo particolare, superato il quale potrò già considerarmi con un piede in Europa: consegnargli i miei risparmi, al cambio più o meno cinquecento euro, che sarebbero serviti anche per ripagare il proprietario del gommone; per farla breve, spariscono insieme l’uomo e il denaro». Come il Gatto e la Volpe di Collodi nel celebrato “Pinocchio”: soldi e malfattori volatilizzati in uno schiocco delle dita.
Alex e il piano B. Stavolta la seconda chance si presenta nelle vesti di una persona che promette e mantiene. Se non altro non chiede soldi, intanto perché Alex non ha più un centesimo, e poi perché assicura al ragazzo un pasto quotidiano. L’uomo della seconda occasione non cerca però un autista. «Infatti – spiega il ventiquattrenne nigeriano – mi invento falegname, riparo mobili per sette mesi, alla fine il giusto prezzo – secondo il mio “benefattore” – per essere accompagnato a Tripoli, dove era in procinto di partire per il mare aperto un gommone con a bordo più o meno centotrenta “passeggeri”: non siamo gli unici ad essere in balia delle correnti, a breve distanza ci sono altre due imbarcazioni di fortuna come la nostra; interviene una nave, presumo italiana, e salva tutti noi». Finalmente in Italia, lontano da sortilegi e istigazioni omicide, perfino da truffatori. La vita per Alex comincia a ventiquattro anni. «Voglio trovare un posto di lavoro, qui o altrove non importa, sicuramente lontano dall’ignoranza e da persone prive di scrupoli: grazie all’Italia ho ripreso a sorridere!».