La vergogna di appartenere ad un genere, quello maschile!

“Cammino… cammino non so per quanto tempo. Senza accorgermi, mi trovo davanti alla Questura.
Appoggiata al muro del palazzo di fronte, la sto a guardare per un bel pezzo. Penso a quello che dovrei affrontare se entrassi ora… Sento le loro domande. Vedo le loro facce… i loro mezzi sorrisi… Penso e ci ripenso… Poi mi decido…
Torno a casa… Torno a casa… Li denuncerò domani”. (Franca Rame)

La violenza su donne e bambini è entrata nella quotidianità con una tale irruenza e frequenza che non sembra più fare notizia, una spaventosa “normalità” che piuttosto che indignare, pare essere vissuta nell’immaginario quotidiano come un fenomeno paragonabile all’inquinamento, ai servizi pubblici che non funzionano, ad uno stato sociale deturpato, alle fabbriche che chiudono e a tante altre nefandezze delle quali sono pieni gli organi di informazione. Non passa giorno che donne o bambini innocenti rimangano “vittime del sesso debole”, uomini ricchi solo di un retro pensiero culturale che li porta a sentirsi padroni di una proprietà acquisita attraverso una semplice relazione sentimentale o, colpiti nel profondo per la manifestazione delle loro incapacità o semplicemente per un rifiuto. Padrone, questa è l’epifania del maschio, animale prima che uomo e, quasi sempre, incapace di assumere le proprie responsabilità, riconoscere le proprie colpe per la fine di una storia o per il fallimento di un progetto di vita.
“Niente per me, niente per nessuno!”
Una logica assurda che manifesta una debolezza derivante da una sorta di senso di dipendenza dall’altra, dalla compagna o dalla moglie ma, nella sostanza dalla donna della quale ci si sente superiori, sopraffattori. Fino al punto di ammazzare anche il frutto del suo grembo, che è anche suo ma non può essere più di nessun’altro.
E, in quanto vigliacco e incapace il maschio trova la via più breve: prima uccide e poi si uccide!
Tanto è dilagante il fenomeno che anche i professionisti che ogni giorno si occupano di cronaca cominciano ad arrancare, a sbagliare i nomi, a confondere le vicende.
Al cospetto di questo aberrante scenario provo una sorta di difficoltà a dire che, per fortuna, non siamo tutti uguali seppure, grazie a Dio, è vero.
Sono indignato, schifato da tanta brutalità.
E, come ho fatto cominciando questo Domenicale, continuo ad affidare a chi legge le parole di una donna, Franca Rame, paladina della lotta contro ogni forma di violenza, non solo sulle donne, come le donne sanno fare.

“La mia considerazione, purtroppo non è positiva, anzi è totalmente negativa. Dopo tutte le battaglie che abbiamo fatto, avevamo raggiunto qualche risultato sulla parità tra i sessi. Ma ora tutto sembra essersi perso. Le donne sono le più penalizzate in ogni campo e tutto quello che abbiamo ottenuto con lacrime e sangue è sparito, sciolto nelle leggi di questa Italia”.

“Oggi, alla mia età, posso dire che sto cercando di terminare le cose della mia vita lasciate in sospeso, come una biografia che sto scrivendo – diciamo – per non lasciare niente al vuoto. Ma quello che vorrei continuare a dire alle donne, anche dopo la mia morte, è di non perdere mai il rispetto di se stesse, di avere dignità. Sempre. Ripensando alla mia vita non ho mai permesso che mi si mancasse di rispetto.
Il rispetto nasce da noi, ma deve anche esserci riconosciuto. Spesso penso alle persone che ho conosciuto nella mia vita e alle donne che ho incontrato in tanti anni. Credo che il momento sia molto brutto oggi, e non solo per noi donne. Noi donne anziane, però, abbiamo una missione: continuare a dialogare con le giovani per non lasciarle sole. Una speranza ancora c’è”.

“Sono anni che porto in giro spettacoli sulla condizione della donna lo sfruttamento sessuale, i problemi con i figli, i tradimenti, la coppia chiusa, la coppia aperta… E in tutti questi anni il mio camerino è diventato come lo studio di un analista: uomini, donne, giovani mi confidano storie che non racconterebbero al confessore. Ebbene, con tutto questo dialogare, mi sono convinta che la causa di ogni pena amorosa, di legami che si sfaldano, è la mancanza di armonia tra i sessi”.