AlBano a Taranto, intervista esclusiva
«Sono impegnato nel sociale, ma mi hanno insegnato a fare beneficenza in silenzio. In questa splendida città per ripartire. La pandemia ci ha messo in ginocchio, ma dobbiamo reagire. E’ stato un bel concerto, ringrazio il Comune e l’Orchestra. La mia querelle con Michael Jackson. Canto per non annoiarmi». Gossip, stampa, una carrambata e una telefonata quarant’anni fa.
«Di beneficienza ne ho fatta, ma mi hanno insegnato che questa si fa senza farlo sapere a mari e monti!». Al Bano, un giorno in tv dalla sua Cellino San Marco, collegato con Mediaset e Rai, e lo stesso giorno, nel pomeriggio, a Taranto, per un concerto sulla Rotonda del Lungomare organizzato dal Comune di Taranto per celebrare la fine del “confinamento” imposto dal Covid.
Accompagnato dall’Orchestra della Magna Grecia, il popolare artista pugliese offrirà alcuni sprazzi di una carriera più che cinquantennale. Due battute, anche tre, con noi, considerando un’amicizia che risale a tempi non sospetti, dalla Baby Records di Freddy Naggiar, primi Anni 80, passando per Cgd, Warner e Sony Music. Durante la chiacchierata, approfitteremo anche per un colpo di scena e un argomento ancora oggi spinoso.
Ma l’approccio è con il sociale, il suo impegno. «Portai in tribunale Michael Jackson, a causa del plagio della mia canzone “I cigni di Balaka” – ricorda Al Bano – identica alla sua “Will you be there”: solo che la mia canzone era uscita cinque anni prima; sulle prime vinsi il ricorso, il Tribunale in Italia sospese la vendita del disco di Jackson: se la sentenza definitiva avesse confermato le mie ragioni avrei devoluto in beneficenza il risarcimento chiesto per plagio: era diventata una questione di principio, su questo non derogo, ho rispetto per gli altri, così mi piacerebbe che gli altri avessero lo stesso rispetto nei miei confronti».MICHAEL JACKSON IN TRIBUNALE
Lei non si era accorto del pezzo. «Sono abituato a scrivere – il punto di vista di Al Bano – e non ad ascoltare quello che fanno gli altri, cerco di essere il più originale possibile: certo ho una mia idea sulla musica, la melodia, che poi ha le radici nel melodramma italiano, da Puccini a Rossini; fu mio figlio Yari, in quel periodo negli Stati Uniti, ad avvisarmi: “Papà, senti la canzone di Michael Jackson, sembra la versione inglese dei “Cigni”!”, mi disse. Resto della mia convinzione, ci sono troppe similitudini fra le due canzoni, provate a sentire anche il testo…».
Al Bano, non si ricorderà, sono trascorsi poco meno di quarant’anni. Era il ’92, quando fece ricorso alla Pretura di Roma. Mi telefonò personalmente per ringraziarmi di un mio articolo pubblicato a proposito della querelle… «Non sottovalutare la mia memoria, certo che mi ricordo: non ho difficoltà, anche perché sei stato uno dei due, tre giornalisti che intanto hanno ascoltato la mia canzone – credo che molti tuoi colleghi non si siano nemmeno scomodati a fare il confronto fra i due brani in causa, mi sono andati contro a prescindere… – e hanno preso le mie difese circostanziando l’articolo con ipotesi condivisibili; voglio stupirti: parlava di musicisti che avevano lavorato ai miei dischi registrati in Germania e che, successivamente, avevano collaborato con Michael Jackson! E’ così? Risposta esatta, ho vinto qualcosa?».
Provo a stupirti io, ora, maestro. Da quanto non senti Giancarlo Lucariello, tuo produttore di un gioiello come “E’ la mia vita”.
«Non lo sento da tanto, piuttosto che fa ora Lucariello? Persona straordinaria, un vero signore, lui aveva prodotto Maurizio Fabrizio, che poi ha scritto fra le altre “Almeno tu nell’universo” per Mia Martini e “I migliori anni della nostra vita”, mica noccioline! Bene, Fabrizio aveva scritto per me una musica straordinaria e Giuseppe Marino un testo di identica bellezza: raccontava la mia esistenza e un dolore immenso; un brano per intensità paragonabile alla tradizione dei nostri grandi operisti dell’Ottocento: portai la canzone al Festival della canzone italiana, la giuria votò gli artisti in gara più che le canzoni: mi classificai settimo, ma credo che di quel Sanremo la gente ricordi più la mia performance che non i primi sei classificati…».
LUCARIELLO, GRANDE PRODUTTORE!
Al Bano, ci stupisce. Allora, oso una carrambata. «Maestro, Giancarlo Lucariello al cellulare!». Glielo passo. «Professo’…Ci voleva un tarantino per farti uscire dalla tana, come stai?», attacca il cantante. La conversazione è privata, prima di allontanarci di qualche metro raccogliamo solo l’accenno da parte del cantante al malore che lo portò al Santo Spirito durante un concerto di beneficenza alle porte del Vaticano. Quando si riavvicina, al cellulare sta facendo cenno al suo stato di forma. Evidentemente il produttore di Pooh, Bosé, Toquinho, Fogli, Alice, Togni, Giorgia, si è complimentato con Al Bano per il suo stato di forma. «Ho perso cinque chili, si sta meglio c… Ne perdo altri cinque e sto da dio!».
Al Bano fa le prove. Selfie a decine. Alla faccia degli snob, l’artista di Cellino ha sempre grande appeal. Non solo fa notizia, ma è il più ricercato per foto-ricordo. «Volevo fare le prove con l’orchestra – dice – vedere quanto potesse incidere ‘sto distanziamento a causa del coronavirus che ci sta distruggendo la vita: sono pienamente soddisfatto, dei maestri e dell’impianto sonoro, e se permettete anche della mia performance; ho provato tutte le canzoni di stasera, mica una sola; se sono arrivato a questa – “veneranda” si può dire? – età evidentemente dal punto di vista artistico non mi sono mai risparmiato. La pandemia stava demolendo alcune mie convinzioni in fatto di attività, che danno lavoro a decine di persone con famiglia: i ragazzi hanno reagito, io gli sto accanto, non li lascio».GOSSIP, PROVOCAZIONI A PALLA
A proposito, non ha un buon rapporto con il gossip. «Non è come un virus – argomenta Al Bano – ma fa danni incalcolabili: capisco che certa stampa deve lavorare, ma inventarsi un romanzo, sbatterti in prima pagina e riempire una rivista per una sola espressione del viso, scrivere di crisi, riappacificazioni, liti, separazioni, non è esagerato? Posso dire “E che palle!”? Non mi piacciono gli usi strumentali, le aggressioni fisiche, verbali, quando ti accerchiano, ti spingono, sollecitano una tua reazione: quello non va bene, magari sanno che io ho rispetto, ma quando mi provocano esplodo di rabbia e, allora, reagisco!».
Il gossip, diceva. «Le faccio un paio di esempi: la crisi del settore turistico, il parco di Cellino e le attività ad esso legate; non ho mai pensato di abbandonare dei lavoratori al proprio destino, del resto state parlando con un emigrante, uno che si è fatto in quattro, ha fatto mille sacrifici, il cameriere al mattino, il cantante la sera per inseguire un sogno: dunque, sono vicino ai ragazzi; altra cosa, la pensione: a domanda ho risposto, millecinquencento euro al mese, per uno che ha lavorato sessant’anni, girato il mondo almeno una decina di volte, fatto migliaia di serate e concerti, dunque rispettato la parte contributiva, può esclamare che rispetto a politici e altra gente dello spettacolo, ho una pensione quantomeno discutibile? Ci sarà un motivo se continuo a lavorare ancora oggi, no?».
Cosa farà, allora, da grande Al Bano? «Fino a quando testa e voce me lo consentiranno, proseguirò. La mia vita è stata sempre dinamica, se mi fermassi mi ammalerei di noia…»