Augusto Giusti, dirigente medico di Geriatria ospedale “Moscati”
«Oggi arrivano ultranovantenni, si vive di più, ma occorre fare attenzione ai campanelli d’allarme. Demenza, abbandono e depressione, i sintomi che aggravano lo stato del paziente.Domande più frequenti di pazienti e familiari: i primi chiedono la guarigione; i parenti, quando l’assistito potrà tornare a casa»
Questa settimana conversiamo su un tema particolarmente a cuore a “Costruiamo Insieme”, cooperativa impegnata nel sociale: la Terza età. Ospite di sito, web radio e canale youtube, il dott. Augusto Giusti, dirigente medico di Geriatria dell’ospedale “San Giuseppe Moscati” di Taranto.
Intanto l’organizzazione del reparto nel quale è impegnato quotidianamente. «“Geriatria” è l’unica struttura che insiste sul territorio di Taranto e provincia, nella quale accogliamo pazienti considerati “grandi anziani”, carico maggiore all’interno di una società indirizzata verso l’allungamento della vita; il reparto nel quale sono quotidianamente impegnato si occupa di tutte le patologie di tipo internistico, ovviamente croniche; lavora sui pazienti “acuti” in uno spazio costituito da sedici posti-letto, anche se la domanda da parte dell’utenza spingerebbe ad andare oltre il limite imposto».
Terza età. «L’allungamento della vita comporta una serie di problematiche di tipo sanitario: insorgenza di patologie il più delle volte croniche e degenerative, come declino cognitivo e instabilità posturale; ci sono, però, anche aspetti sociali che intervengono nella Terza età: il senso di abbandono e la paura di restare soli in età avanzata».
L’importanza di una diagnosi precoce per la demenza. Vantaggi e svantaggi. «Sintomi che possano presagire l’inizio di un declino cognitivo sono le piccole disattenzioni, i primi disturbi di memoria, esempio: la dimenticanza del gas acceso, una certa incapacità di essere propositivi, incomprensioni con i propri familiari; sintomi, questi, che indicano un ipotetico ingresso in una sindrome demenziale».Prevenzione possibile, preparazione di paziente e familiare. «Possiamo prestare attenzione a una patologia emergente: secondo uno studio, in tutto il mondo nel 2050 conteremo qualcosa come venti milioni di pazienti con una patologia cronico-degenerativa, cosa che in fase avanzata può comportare disabilità. Per questo deve esserci un’attenzione importante, anche se sulla prevenzione poco si può fare; certo, esistono campanelli d’allarme a cui prestare massima attenzione…».
Dobbiamo preoccuparci quando la memoria non è più a tempo pieno. «Ci sono dimenticanze attribuibili a disattenzione, dunque ad altri motivi; distrazione e disattenzione non ci dicono che siamo entrati in una patologia; è però evidente che questi segnali devono suscitare attenzione nei familiari, a quanti hanno vicino un soggetto che comincia a manifestare di frequente piccoli allarmi; prevenzione, complicato: proviamo, invece, a fare come gli inglesi: “guardiamo e aspettiamo”, dicono; anche se non è prudente attendere troppo, vale a dire che il paziente entri in patologia. Infatti assistiamo a casi in cui i pazienti arrivano in reparto con una patologia più che seria, sicuramente importante».
La depressione, fattore a rischio cardiovascolare, deterioramento cognitivo, le paure cui andiamo incontro. «L’anziano è soggetto a polipatologia, vale a dire a una serie di criticità; un paziente può essere affetto da scompenso cardiaco e sindrome depressiva insieme, cose che portano l’assistito a una sindrome geriatrica, prodromo di fragilità e disabilità, cosa che lo stesso anziano avverte quando perde una o più funzioni importanti».
Trattamento farmacologico, scatta l’allarme. «La polipatologia non è uguale alla polifarmacoterapia; è necessario, infatti, usare strategie terapeutiche corrette senza eccessi».
Demenza, impatto sociale enorme, sui parenti o, comunque, su chi vive a stretto contatto con un anziano che denuncia tali sintomi. «La demenza è la quarta causa di morte; cosa si innesca intorno a un paziente che accusa demenza in fase terminale: intanto il coinvolgimento di chi vive il congiunto quotidianamente, da quel momento subentra la gestione del paziente; detto questo, va aggiunto non senza un certo rammarico che da queste parti non esistono strutture che accolgano casi simili e facciano da supporto ai familiari dei pazienti; sui parenti più stretti può verificarsi un impatto sociale enorme, i costi per accompagnare l’anziano in un percorso che va complicandosi non vanno trascurati».
Stato di abbandono dell’anziano. «La Geriatria studia le patologie, la Gerontologia l’aspetto sociale e psicologico dei pazienti geriatrici: alla luce di questi studi possiamo affermare che sicuramente l’abbandono e la depressione sono i sintomi che aggravano lo stato del paziente».
Passi avanti nell’assistenza. «Se viviamo di più rispetto a un tempo, evidentemente è perché sono stati fatti passi in avanti grazie a diagnosi svolte con maggiore appropriatezza; ed è grazie a queste, le diagnosi, che possiamo essere più puntuali nelle strategie terapeutiche».
Domande più frequenti che rivolgono pazienti e familiari in cerca di risposte incoraggianti. «In reparto, oggi, arrivano ultranovantenni, segno che sono stati bene fino a ieri; cosa chiedono: i pazienti, di guarire; i parenti, quando il congiunto potrà lasciare la corsia: in ospedale non vuole restarci nessuno, chiunque venga anche per un problema reale, non vede l’ora di tornare a casa».