Naufragio in Grecia, si parla di seicento morti

Fra le vittime ci sarebbero anche un centinaio di ragazzini rimasti chiusi in una stiva insieme a molte donne. Aperta un’inchiesta dalle autorità greche. I superstiti dicono di essere stati minacciati da chi li trasportava con un machete. Espulso un deputato greco: «Basta con i migranti, ci derubano!»

 

Una sciagura di proporzioni ciclopiche. Si dice che nel giro di poche ore almeno seicento vite siano state spazzate in un violento nubifragio nel mar Egeo, al largo della Grecia. Inesorabili trascorrono le ore e il mare a fatica restituisce altri corpi dopo il primo centinaio ripescato mercoledì scorso, subito dopo questa tragedia di proporzioni immane. Senza contare che fra le vittime c’erano anche un centinaio di bambini. Creature che non conosceranno mai cosa significhi “speranza”. A loro, i più grandi, non avevano parlato di speranza. I bambini nemmeno ci pensavano. Chi li ha aiutati a imbarcarsi, come i loro genitori, i loro parenti, aveva spiegato loro che andavano incontro alla libertà e, se il Cielo avesse voluto, finalmente a stare meglio.

Non è andata così, purtroppo. Il naufragio di Pylos, nel sud del Peloponneso, entra tristemente nella storia come una delle peggiori tragedie di migranti nel Mediterraneo. Un bilancio, in vite umane, che rischia di contare – si diceva – fino a seicento morti, parecchi dei quali non verranno mai ritrovati.

E i bambini, quelle anime innocenti, più innocenti di quanti volevano assicurare loro un futuro meno duro, pare fossero un centinaio, rinchiusi nella stiva, come hanno raccontato fra lacrime e terrore i superstiti a quanti li hanno soccorsi, come medici e volontari. Stando alle prime testimonianze raccolte, nel momento in cui è accaduto l’irreparabile molte donne e bambini stavano dormendo.

 

 

PRIME TESTIMONIANZE

Secondo testimonianze, il peschereccio “Adriana” era partito vuoto dall’Egitto, per fare scalo nel porto libico di Tobruk e caricare una moltitudine di migranti per poi proseguire, con il carico a bordo, il viaggio verso il nostro Paese.

Fra le immagini riprese da una nave maltese si vede l’imbarcazione strapiena di gente ferma. Insomma, pare non fosse in navigazione a quell’ora. Secondo una prima ricostruzione, la nave si sarebbe trovata nella cosiddetta situazione di distress, vale a dire di difficoltà, che avrebbe dovuto portare all’intervento dei soccorsi. Un portavoce della Guardia costiera, inoltre, aveva negato l’esistenza di immagini precedenti alla tragedia (cosa successivamente smentita).

Dopo oltre tre giorni dalla sciagura, proseguono le ricerche in acque internazionali. Lo scopo è quello di rintracciare eventuali superstiti che viaggiavano a bordo del peschereccio pieno di migranti e proveniente dalla Libia. In totale, a bordo, c’erano settecentocinquanta persone.

In questi giorni abbiamo seguito il susseguirsi di notizie, grazie all’impegno costante dell’inviato di RaiNews24. Parla di tragedie nelle tragedie il giornalista Riccardo Cavaliere. «Da tre giorni – spiega al cronista un ragazzo siriano – erano senza cibo e acqua, in sette erano già morti di fame prima che la barca si rovesciasse». Non è finita, secondo diverse testimonianze «gli scafisti minacciavano le persone con dei machete»: autentici criminali.

 

 

GOVERNO DI ATENE

Stando a una portavoce del governo di Atene, tutta da verificare, pare che per espresso volere delle persone a bordo venivano rifiutati i soccorsi: «No help, go Italy», pare ripetessero. Atene, inoltre, insiste: «l’approccio della Guardia Costiera non può essere collegato all’affondamento del peschereccio in termini di tempo».

Intanto, scrive l’agenzia Ansa, la magistratura di Atene ha aperto un’inchiesta. Stando alla ricostruzione dei greci, l’aereo di Frontex sarebbe stato il primo ad avvistare il peschereccio, martedì, poco dopo le nove e mezzo del mattino, avvertendo i vicini centri di coordinamento, tra i quali anche quello italiano: la nave, in quel momento, è nella zona Sar di competenza greca, ed è proprio da lì che vengono mandati due mercantili come primo soccorso.

Come spesso accade in tragedie come questa, le responsabilità, gravissime, passano da un possibile colpevole all’altro. La Guardia Costiera conferma che circa tre ore prima che la nave dei migranti andasse a fondo «una nostra motovedetta si è avvicinata e ha calato una piccola corda per accertarsi delle condizioni». «Un’operazione – viene spiegato – durata alcuni minuti interrotta dopo che la piccola imbarcazione è stata slegata dagli stessi migranti». Le autorità greche avrebbero continuato a monitorare la situazione a distanza, anche se i migranti avevano «rifiutato – sempre stando a fonti greche – qualsiasi assistenza dichiarando di voler proseguire il viaggio verso le coste italiane».  

 

 

IL SOCCORSO: UN DIRITTO

Un mancato intervento inaccettabile. Il dovere di soccorrere le persone in pericolo in mare è un diritto fondamentale per chiunque, indipendentemente dalla nazionalità, dallo status o dalle circostanze in cui si trovano, anche su navi non idonee alla navigazione, così come dalle intenzioni di coloro che si trovano a bordo, hanno fatto sapere in una nota congiunta.

Intanto, considerando che non c’è mai limite al buon gusto, l’agenzia Ansa fa sapere che un deputato greco di destra è stato espulso per commenti razzisti. Il parlamentare greco, come informa la stessa agenzia, è stato espulso dal partito dell’ex primo ministro Kyriakos Mitsotakis, per commenti razzisti dopo il naufragio. Spilios Kriketos, un parlamentare del partito Nuova Democrazia (Nd) di Mitsotakis, aveva affermato giovedì scorso che la Grecia «non può tollerare più migranti», arrivando ad accusare i migranti di furto. Ogni commento risulta superfluo.