Tarantini, titolari di “Casa nostra”, ristorante tradizionale nel centro di Amsterdam

«Quattordici anni fa ci siamo posti la domanda classica: cosa fare da grandi. Partiti per la capitale dell’Olanda. Una volta lì, l’idea, trasformare quell’esercizio in un’attività di ristorazione». Orecchiette, cozze, con cavatelli o fagioli, cacio ricotta, cime di rapa, parmigiana, fave e cicoria…

 

Orecchiette, cavatelli con le cozze, cacio ricotta, cime di rapa, cozze e fagioli, parmigiana, fave e cicoria. E ancora, pasticciotti, caffè Quarta da Lecce, ceramiche di Grottaglie e prodotti che arrivano per buona parte dalla Puglia. Ovunque illustrazioni, foto e video che raccontano una buona parte della nostra Puglia. E’ l’introduzione di una storia a lieto fine, scritta da due nostri ragazzi, partiti per Amsterdam e oggi titolari di “Casa nostra”, un’attività di ristorazione nella quale servono in buona parte specialità “della casa”, la Puglia, appunto.

Tutto nasce da una decisione radicale. Non è il caso di attendere altro tempo. «Quattordici anni fa l’addio alla nostra città, che amiamo, ma che rischiava di avvitarsi sempre più su se stessa senza promettere qualcosa di buono per le ultime generazioni». Davide De Biaso e Manuel Trivisani, due cognomi non molto diffusi dalle nostre parti, oggi trentacinque e trentanove anni, decidono di partire. Non tanto all’avventura, ma affascinati da una città, Amsterdam, una delle capitali europee più amate dai ragazzi. «Lasciamo a malincuore la nostra città, quella bomboniera di Città vecchia, così piena di fascino, ma che allora non offriva gli incoraggiamenti di carattere economico di questi ultimi anni». Così Davide e Manuel vanno via. Non con una valigia di cartone, ma con dentro i bagagli una certa esperienza accumulata fra i vicoli, dove ogni anno equivale ad almeno due, come fosse una università degli studi, ma soprattutto quella voglia di sfondare.

 

 

COME A “CASA NOSTRA”

Cos’hanno a buon mercato i due tarantini?  «Un know-how che nessuno ha dalle parti della capitale olandese: ma andiamo per gradi…». I due ragazzi raccontano la loro storia a un po’ di organi di informazione. La Gazzetta del mezzogiorno, in un articolo a firma di Fabiana Pacella, entra nelle pieghe di una storia così suggestiva quanto interessante sui due ex ragazzi, oggi imprenditori avveduti. L’occasione sono i dieci anni che la loro attività di ristorazione, “Casa nostra”, compie in questi giorni. Non solo i due imprenditori meritano l’attenzione del quotidiano pugliese più autorevole, ma anche uno spazio che faccia di loro un esempio su come si possa realizzare un sogno. Non un incoraggiamento a lasciare la propria terra in cerca, si diceva, di avventura, ma di come non ci debba mai dare per vinti perché la soluzione potrebbe essere dietro l’angolo. Dunque, coraggio e via, con una sbirciatina “dietro l’angolo”, come tanti anni fa domandava Maurizio Costanzo in uno dei tanti suoi talk-show.  

Ma cosa c’era dietro l’angolo per i nostri due giovani imprenditori. «Agli inizi non è stato facile, tutt’altro: eravamo arrivati ad Amsterdam dalla terra del sole, del mare: in un Paese, l’Olanda, nel quale, francamente, il sole latita un po’. Non era semplice affrontare un mondo nuovo, ma le occasioni – ci dicevamo – sembrava fossero alla nostra portata. In tasca i classici “quattro soldi”, ma tanta voglia di realizzare un sogno, fare qualcosa di cui i nostri amici e parenti rimasti in Puglia, diventassero orgogliosi. La prima attività nella quale ci siamo impegnati: un coffee shop, un bar moderno nel quale trovavi non solo la colazione del mattino, il thè del pomeriggio, ma altre tentazioni…».

 

 

DA COFFEE-SHOP A RISTORANTE

«Succede che quel coffee-shop pesa più del previsto al titolare, che non trova di meglio che affidarcelo. Non ci sembra vero, dopo quattro anni di Amsterdam entravamo in affari dalla porta principale. Ovviamente spettava a noi farci venire un’idea che ribaltasse quel locale, da un semplice esercizio a un’attività di ristorazione. Ed ecco l’idea: riprenderci le nostre radici radici: avevamo sempre cucinato per gli amici, quando eravamo a casa, a Taranto. Perché non ripartire proprio dai “fornelli”?».

Poi l’affetto dei genitori, una careggia sicura, che funziona più di un incoraggiamento o di un “vaglia postale” (come usava un tempo…). «I nostri genitori sono venuti a trovarci, a darci una mano per avviare l’attività con noi: una mano dal punto di vista economico, perché serviva anche un piccolo investimento all’inizio, ma anche fisico e pratico, considerando che la loro presenza ci dava serenità, oltre che incoraggiarci e moltiplicare le forze: abbiamo rinnovato il locale, riempito con gli oggetti che ci ha dato nonno Erminio. “Casa Nostra” doveva rappresentare le nostre radici, i nostri affetti, la nostra terra. Così è stato…».