Sillah, ventuno anni, operatore

Da quattro anni in Italia, viene dal Gambia, dal giugno dello scorso anno contratto con la cooperativa sociale. «Da allora è come se fossi a casa, ho lavorato in pizzerie e ristoranti, buone esperienza, ma…una polmonite a causa della neve spalata per ore e ore, ma ho già dimenticato. Adesso ho un motivo per pensare al futuro». 

«In prima linea come operatore con “Costruiamo Insieme” dal giugno dello scorso anno, sto facendo una grande esperienza umana: stabilisci con gli ospiti del Centro di accoglienza un bel rapporto, anche di amicizia: le regole da rispettare, però, sono la cosa principale cui sono richiamati i ragazzi». Sillah, gambiano, ventuno anni, in Italia da quattro, è l’espressione solare della cooperativa. Ha un sorriso per tutti, anche se poi, cartellino di riconoscimento a vista, quando si tratta di fare il proprio lavoro diventa fra i più intransigenti. «Basta far comprendere che se fai rispettare le regole interne alla struttura, lo fai anche per il loro bene e tutto fila liscio: nel tempo ho coltivato rapporti umani e di amicizia, questo è uno dei tanti aspetti positivi di questo lavoro».

Operatore con “Costruiamo Insieme”, come coronare un sogno. «Dal punto di vista umano, la cosa bella è che non sei un numero, uno dei tanti, ma sei uno di famiglia: coinvolto nelle attività, non solo quelle di controllo che alla fine sarebbero pura routine».

Sillah ha dimestichezza con l’italiano, lo parla correntemente, ma parla anche inglese, arabo. Anche mandinka e wolof, dialetti: il primo del suo Gambia, l’altro del Senegal. Ma come si evince dalla chiacchierata, comprende anche il francese senza alcuno sforzo. «Amo dire le cose come stanno, al francese ci sto facendo l’abitudine, ma prima di diventarne padrone, voglio compiere ancora un pezzetto di strada: poco per volta, ho appena ventuno anni e, se il Cielo lo vorrà, di tempo per imparare altro ne avrò».SILLA Articolo 01Dimestichezza con l’italiano, ma anche con uno degli aspetti più complicati del nostro sistema: la burocrazia. «Basta entrarci, capire come muoversi e tutto risulta più facile: sì, la burocrazia i primi tempi rappresentava quasi un freno a mano – so di cosa parlo, ho preso la patente qui in Italia… – occorreva fare strade e percorsi apparentemente senza via d’uscita, ma basta entrare nel meccanismo, avere la giusta dose di pazienza e il gioco è fatto». Sorride anche il giovanotto venuto dal Gambia. Non vuole essere frainteso, puntualizza. «Sono arrivato in questo Paese quattro anni fa – spiega – avevo solo una gran voglia di rendermi utile, è stato amore a prima vista con l’Italia: ho subito fatto amicizia con tanti ragazzi tarantini, spesso quando non lavoro usciamo insieme, cinema, pizzeria, cose così…».

Tanta la voglia di inserirsi nel mondo del lavoro. «Non volevo – come si dice – , ero disposto a qualsiasi sacrificio, anche andando oltre, e se avete tempo vi spiego cosa intendo; ho lavorato a Crispiano e Martina, poi Taranto, in una pizzeria, in un ristorante, sapevo che dovevo farmi in quattro, dimostrare in qualche modo la mia riconoscenza ad un Paese che mi aveva accolto a braccia aperte».

Abbiamo tempo, sentiamo a cosa si riferisce quando dice di essere andato “oltre”. «Mi sono trovato bene ovunque sia andato – dice Sillah – tranne in una sola occasione, quando a ritmi di lavoro non indifferenti, dovevo dimenticare l’orologio a casa: ci sta, sono ampiamente riconoscente a chiunque mi abbia offerto lavoro, ma un giorno sono andato a finire in ospedale, proprio a causa della mia generosità e di una certa arroganza del titolare di un ristorante: circa due anni fa, aveva nevicato senza un attimo di pausa tutta la notte; avevo smesso di lavorare dopo la mezzanotte, tavoli rimessi a posto, pulizia e pavimento lustrato come se fosse uno specchio; vado a dormire, al mattino, presto, vengo svegliato di soprassalto: c’era da spalare davanti al ristorante e, soprattutto, sulle tende con sopra decine di centimetri di neve; mi metto con la buona volontà, da solo, senza un attimo di tregua libero il marciapiedi per consentire l’ingresso nel locale, ai fornitori di entrare, alla gente di passare davanti all’attività – perché, mi dicevano, anche questa è pubblicità – liberamente; indossavo solo la giacca da lavoro: sudavo e sentivo freddo, ma spalavo, mi dannavo l’anima perché volevo fare le cose per bene; senza alcun sistema di sicurezza ero a tre metri da terra, un freddo incredibile, considerando la temperatura a zero gradi: sudavo e tremavo; non toccai cibo, volevo che alle cinque del pomeriggio tutto fosse pronto».
Patente-twitter-1024x492Alle cinque del pomeriggio, dopo una lunga serata di lavoro alle spalle, una sveglia al mattino e lavoro, dalle otto del mattino, avrà tirato il fiato. «Niente affatto, alle cinque ho avuto una crisi, letteralmente gelato non riuscivo a parlare, avvertivo la sensazione di uno svenimento: qualcuno doveva accompagnarmi in ospedale; niente, mentre andavo in ospedale, quello che era il mio titolare mi intimò: “Vai a casa, cambiati, fra mezz’ora devi essere di ritorno: andai in ospedale, mi ricoverarono subito, avevo preso una brutta polmonite; non ebbi una sola telefonata dal titolare del ristorante, anche per sapere come stessi: mandò un collega in ospedale per dirmi di ritenermi licenziato. Incassai la delusione, presi le mie quattro cose e andai via, non mi sono mai rivolto a nessuno per avere uno straccio di giustizia, non voglio provocare danni, del resto – mi dicevo – a modo suo anche quel signore per un pezzo di strada mi aveva aiutato e, soprattutto, mi aveva insegnato che il sentiero non sempre è in discesa».

Poi è arrivata “Costruiamo Insieme”. «Avevo capito già tante cose, nonostante la mia giovane età – conclude Sillah – l’occasione con la cooperativa sociale per me è stata pari a un senso di liberazione, mi sono sentito rispettato, gratificato, incoraggiato: rispetto all’ultima esperienza, unica negativa, ho cominciato ad assaporare il vero gusto della vita; il lavoro, attento, preciso, ma anche la libertà di dedicarmi del tempo, coltivare amicizie e dedicarmi alla passione del calcio, io che amo giocare al pallone e seguire le partite dei campionati italiani e stranieri; l’attività di operatore mi offre due occasioni in una: non dimentico da dove vengo, al tempo stesso ho grande riconoscenza a “Costruiamo Insieme” che mi mette in condizione di pensare più serenamente e umanamente al futuro».