Trenta i ragazzi africani impegnati a Taranto con “Costruiamo Insieme”
Con la cooperativa sociale hanno realizzato un sogno. Operatori e mediatori, cuochi e artigiani. In tasca un contratto, alle spalle il dramma di guerre e persecuzioni. Arrivano da Ghana, Gambia, Nigeria e Tunisi. Il più grande, Azam, quarantatré anni, è pakistano; il più giovane, Alassane, ventuno, senegalese.
Sono una trentina, fra operatori e mediatori. Perfino cuochi. Lavorano con la cooperativa “Costruiamo insieme”. Arrivano da terre lontane. Ragazzi giunti con viaggi di fortuna dall’Africa, continente nel quale accade tutto e il contrario di tutto. Persecuzioni etniche in primis. Arrivano in Italia da Ghana, Gambia, Nigeria, Tunisi. Perfino dalla Libia, dove dicevano si stesse meglio che in ogni altro Paese africano.
Evidentemente lo scenario è cambiato una volta di più. Insomma, volendo farla breve, anche il Continente nero si è capovolto. L’operatore più maturo impegnato con la cooperativa sociale con sede a Taranto è un pakistano: Azam, quarantatré anni; il più giovane, un senegalese: Alassane, ventuno anni. Ognuno di loro, piccolo e grande, ha una storia da raccontare. In qualche modo a lieto fine, se oggi ha un contratto di lavoro, svolge un’attività e, comunque, intende crescere ulteriormente frequentando corsi di formazione.
Lieto fine. Vicende cominciate con urla e spari, pestaggi e fughe, conclusesi con l’accoglienza e un posto di lavoro. Ragazzi che avevano esperienze da incoraggiare, artigiani, cuochi, camerieri e conoscevano lingue, sono riusciti con grande impegno a farsi apprezzare, dunque a farsi strada.
Storie a lieto fine, si diceva, cominciate nel sangue, fra urla di disperazione e pestaggi. Fughe verso la libertà e finite con una pallottola piantata nella schiena dell’amico sfortunato che pensava a un mondo che non poteva essere quello dei colpi di fucile e pistole fatti esplodere anche da minorenni, bande di “cattivi ragazzi”, disperati, che si incontrano ovunque. Storie raccontate dai diretti protagonisti ogni settimana.
DAL DOLORE ALLA GIOIA
E’ più di un anno che questo sito riporta esperienze, dolorose, talvolta agghiaccianti, attraverso i protagonisti. Se questi non avessero avuto una mano tesa da parte degli italiani, nello specifico dei pugliesi – dalle istituzioni agli operatori – che hanno mostrato di saper fare accoglienza, non vogliamo pensare a quest’ora dove questi sarebbero andati a finire. Imprigionati in un villaggio, sfruttati da miliziani privi di scrupoli, oggetto di scambio e altre inenarrabili assurdità che solo la cieca sete di potere e denaro può generare.
Costruiamo Insieme in questi anni non ha fatto solo accoglienza. Si è occupata, e si occupa, di altri temi legati al sociale, anche se parte del suo impegno è stato rivolto ai ragazzi giunti in Italia. Una trentina, si diceva, arrivati da ogni angolo dell’Africa, in veste di mediatori e operatori. Studenti, militari, artigiani. Ognuno di loro conosce almeno tre lingue. Non solo arabo o italiano, ma francese e inglese, hindi, perfino greco. Perché il viaggio non sempre è fuga-gommone-costa italiana. Prende altri mari, altre strade.
Ma finalmente finisce in Italia, Paese accogliente, che ha il pieno rispetto delle regole dettate dalla Comunità europea. Nessuno tocchi i ragazzi in cerca di un futuro e chi di questi ha voglia di spendersi per l’Italia, ben venga.
Ogni lavoro genera economia. Ognuno di questi trenta ragazzi vive per conto suo. Qualcuno ha famiglia, paga un fitto, le bollette come chiunque altro. Prende la patente di guida, compra un’auto, va in pizzeria, al cinema se capita. Vive come un normale cittadino. Come è giusto che sia. E questo grazie a un posto di lavoro che ha saputo conquistarsi, un’attività che la cooperativa con la quale è impegnato, è riuscito a ritagliargli.
VOGLIONO CONTINUARE A SOGNARE
Inutile girarci intorno, ma in questi ultimi mesi, mentre la politica del Governo nazionale assumeva un piega stringente nei confronti dell’accoglienza (per buona parte a carico della Comunità europea), i ragazzi venuti dall’Africa in cerca di dignità, hanno cominciato ad avere paura. A sentirsi minacciati una seconda volta. Fuggiti da casa, a causa di persecuzioni, ora avvertono la sottile minaccia che il loro impegno possa tornare sempre meno utile.
La cooperativa prosegue la sua attività. Si impegna nel sociale, progetta ulteriori soluzioni di impiego. Non solo con l’ausilio dei trenta ragazzi gambiani, maliani, nigeriani, tunisini, ma anche con decine di tarantini, pure loro attivi con progetti su minori, disabili e altro ancora. Pure loro operosi insieme con i colleghi nel sociale.
Ogni ragazzo, una storia. A lieto fine, si diceva. A condizione che a qualcuno non venga in mente di infrangere un bel sogno come il rifarsi una vita, anche grazie a una cooperativa illuminata come “Costruiamo Insieme”. Queste le storie che racconteremo a partire dalla prossima settimana. Andremo a cercare quei ragazzi che dopo aver superato gravi sciagure, poco per volta hanno riacquistato un sorriso smarrito nella ferocia di una guerra.