«A Sanremo, dico no!»

Emis Killa annuncia il ritiro dal Festival

«Dopo quindici anni di carriera ero pronto ad affrontare la rassegna canora italiana più popolare. Preferisco fare un passo indietro e non partecipare. A me è stato notificato esclusivamente il daspo, un atto amministrativo e non penale». «Sarà importante – conclude il giovane artista brianzolo – che l’indagine faccia il suo corso e la magistratura possa lavorare in serenità senza polemiche o pressioni»

 

Questione di ore, poi sarà Sanremo a tutto tondo. Già le reti Rai, che in questi giorni fagociteranno di tutto, hanno iniziato a pompare i nomi dei concorrenti che prenderanno parte alla settantacinquesima edizione del Festival della canzone italiana.

Una volta era la meta più ambita per chiunque di mestiere facesse il cantante. C’è stato un periodo che, di fatto, fece abbassare dolorosamente gli ascolti, quello nel quale i partecipanti si esibivano in playback. Avete presente: un cantante che si doppia da solo, la registrazione del brano va in onda e l’artista che muove, possibilmente a tempo, la bocca. Vasco Rossi spiazzò tutti, ai tempi di “Vita spericolata”: all’ultimo ritornello, invece di cantare mise in tasca il microfono che poi gli cadde per terra. Giusto per mettere un po’ di pepe a quell’edizione: come a dire “qui è tutto fasullo”.

Insomma, quella è stata un’edizione da dimenticare. Poi arrivò Baudo e mise le cose in chiaro. In realtà, lo anticipò Adriano Aragozzini sul quale nessuno avrebbe scommesso un centesimo. Invece, ribaltò tutto, mise sottosopra i precedenti rituali, introdusse daccapo l’orchestra e portò fior di cantanti stranieri a cominciare dalla superstar, Ray Charles, proseguendo per Dee Dee Bridgewater, gli America, Miriam Makeba e Toquinho. Bel colpo. Ma di questo parleremo al prossimo giro.

 

 

PASSO INDIETRO

Stavolta parliamo di un fatto di cronaca che ha anticipato l’annuncio dell’intero cast da parte di Carlo Conti, presentatore e direttore artistico del Festival di Sanremo. Insomma, prima che tutto accada, Emis Killa, cantante, rapper, comunque un personaggio in vista in ambito musicale, fa sapere di aver rinunciato alla partecipazione alla popolare kermesse canora. Lo fa non senza un certo rammarico, su Instagram. «Dopo quindici anni di carriera – spiega – ero felice di affrontare il mio primo Sanremo; ringrazio Carlo Conti per avermi voluto, ma preferisco fare un passo indietro e non partecipare». Tanto di cappello. Sia chiaro, c’è una ragione che ha indotto il giovane artista a rinunciare. Magari qualcuno gli avrà consigliato che, forse, sarebbe stato meglio rinunciare per non “intossicare” un’edizione che si preannuncia molto chiacchierata, fatto sta che è andata così. Con un breve post, sempre su Instagram, Carlo Conti ha così commentato il ritiro del rapper brianzolo: «Prendo atto con rammarico della decisione di Emis Killa di ritirarsi da Sanremo; comprendo il suo stato d’animo che non gli consente di vivere al meglio e con serenità la settimana di musica al festival».

Emis Killa è finito nel registro degli indagati all’interno dell’inchiesta “Doppia Curva”, svolta dalla direzione distrettuale antimafia, sulla presunta presenza di criminalità organizzata nel contesto delle curve “ultrà” di Milan e Inter.

 

 

ACCUSA PESANTE

L’accusa indirizzata al rapper di Vimercate è quella di “associazione a delinquere”, con particolare riferimento alle sue amicizie con i fratelli Lucci e Fabiano Capuzzo, con cui gestisce una barberia a Monza. Lucci, che gli inquirenti definiscono come “un ambizioso uomo imprenditoriale”, sarebbe il capo ultrà della curva milanista. Buona parte dei guadagni dell’uomo sarebbe dipeso proprio dai contatti personali con il mondo dell’industria musicale italiana, tra cui quelli di Emis Killa e Fedez. Due fra le amicizie più importanti, che stando sempre a quanto indicato dagli inquirenti, gli avrebbero permesso di ottenere accordi per la gestione di concerti a livello nazionale e internazionale. Detto in soldoni, secondo le indagini: un’amicizia che sarebbe stata considerata scomoda per Killa. Per giunta, non l’unica. Sui diversi del popolare artista sarebbero state postate immagini coniugate a cosche calabresi.

Già lo scorso settembre l’abitazione del cantante era stata perquisita. Nel suo appartamento erano state rinvenute armi bianche (coltelli, tirapugni e un taser, una sorta di storditore elettrico).

Al cantante, e di questo la commissione del Festival era al corrente, era stato anche dato un daspo di tre anni, cioè un divieto all’ingresso degli stadi. Tifoso milanista, Killa era stato individuato tra le persone che avevano assistito al pestaggio di uno steward prima della partita Milan-Roma. Il malcapitato aveva commesso l’errore di non chiudere un occhio su un tifoso che non aveva il biglietto, impedendogli di entrare. L’artista che ha rinunciato a Sanremo non aveva altro a suo carico, ma tutto questo sbucato nuovamente alla vigilia della rassegna, è bastato a fargli compiere questo passo indietro: ve lo immaginate assediato, introdotto e tartassato per una intera settimana sempre dalla stessa domanda? A quel punto, meglio chiarire la sua posizione e poi ripresentarsi. Così, dopo aver appreso dai giornali di essere indagato, il cantante ha assunto la dolorosa decisione di non partecipare alla gara canora.

 

 

RINGRAZIO CARLO CONTI

«Dopo quindici anni di carriera – il suo messaggio – ero pronto ad affrontare il mio primo Sanremo; ringrazio Carlo Conti per avermi voluto, ma preferisco fare un passo indietro e non partecipare; apprendo oggi dai giornali che sono indagato – puntualizzo: a me è stato notificato esclusivamente il daspo, che è un atto amministrativo e non penale – e se questo corrisponderà al vero sarà importante che l’indagine faccia il suo corso e la magistratura possa lavorare in serenità senza polemiche o pressioni e circhi mediatici».

«Confido che tutto si risolva al più presto per il meglio – ha aggiunto l’artista – e spero di poter affrontare in futuro un Festival in cui ad essere centrale sia la musica, poter portare la mia canzone, parlare solo di quella e divertirmi, come avrebbe dovuto essere quest’anno e come è giusto che sia per tutti gli artisti che decidono di mettersi in gioco e partecipare alla gara». Detto del daspo, che sconterà nei prossimi tre anni (tre anni senza assistere alle gare del suo Milan), c’è una presunzione di innocenza. Molti avrebbero fatto carte false, figuriamoci; qualcuno avrebbe potuto cavalcare la notizia, farsi pubblicità, non del tutto positiva, sia chiaro, Killa ci ha pensato e ripensato. Poi ha deciso chiamandosi fuori, di rinunciare all’occasione della sua vita. Non è da tutti, così il primo applauso a Sanremo, che molti siano d’accordo o no, forse è proprio per lui.

Chi di dazio ferisce…

Trump alza le tasse, la Cina risponde

Prima che sia troppo tardi, l’economia mondiale invita le due potenze a venire a miti consigli. Potrebbe esserci una telefonata fra Trump e Xi’, come primo rimedio. Quella delle tasse più elevate sulle merci importate, potrebbe provocare un effetto a cascata anche sulla Puglia

 

La reazione della Cina non si è fatta attendere. Pechino compie una immediata reazione contro l’aumento dei dazi voluto da Donald Trump. Tutto questo accade nelle ultime ore, in attesa di una telefonata chiarificatrice tra i leader dei due Paesi, USA e Cina, che momentaneamente potrebbe calmare le acque e fare ragionare le due potenze economiche mondiali.

Insomma, Donald Trump e una decisione che sembrava più uno slogan politico, che un programma per porre al centro dell’universo gli Stati Uniti. Una decisione che rischia di compiere un effetto-domino. Stando alle ultime ore, un risultato che non sarebbe assoluto appannaggio di quell’America forte e risoluta voluta dal tycoon. Fra il dire e il fare, per farla breve, ci sarebbe il mare. Quello della Cina. Enorme e minaccioso.

Infatti riguardo i dazi, nota dolente di tutto il programma per rendere più solida l’economia USA, ecco arrivare le prime reazioni che metterebbero il neopresidente con le spalle al muro. Aumentare le tasse sui prodotti importati fra il 10% e il 25%? Bene, ora c’è la Cina, che risponde e rilancia ponendo più o meno le stesse condizioni “svantaggiose” in senso opposto. E, allora, vedremo quando dagli Stati Uniti le esportazioni dovranno prendere la strada della Cina, per esempio. O saranno indirizzate in Europa.

 

 

PUGLIA, OCCHIO…

Finiamo di compiere un primo giro “intercontinentale”, per poi provare a capire anche cosa potrebbe, di sponda, capitare alla nostra Puglia.

Ma andiamo per gradi: Pechino risponde ai dazi del 10% a tutte le importazioni “made in China” volute da Trump, approva una serie di misure che prendono di mira il carbone e il gas naturale liquefatto (Gnl) con aliquote del 15%, più un’ulteriore tariffa del 10% su petrolio, attrezzature agricole e alcune automobili. Come riporta l’agenzia giornalistica italiana Ansa, questo pacchetto di iniziative confermate dal Ministero delle Finanze cinese, sono state evidentemente imposte per contrastare i piani annunciati nei giorni scorsi dal presidente USA. Ed entreranno in vigore, non fra un mese, due mesi: nient’affatto, il tutto partirà, senza se e senza ma, da lunedì 10 febbraio.

Naturalmente, secondo un plausibile effetto-domino, la decisione assunta da Trump, cioè di imporre dazi del 25%, fra gli altri, a Canada e Messico, e – si diceva – del 10% contro la Cina, con l’annuncio che a breve toccherà anche all’Europa, non può che mettere in allerta gli imprenditori pugliesi. I dazi porrebbero un freno agli scambi commerciali con gli Stati Uniti, con effetto a cascata sulla nostra economia che non se la passa bene. È quanto emerge dal nuovo studio condotto dal data analyst Davide Stasi, responsabile dell’Osservatorio economico Aforisma e cultore della materia in Economia politica all’Unisalento, e riportato dal quotidiano pugliese l’Edicola nelle sue due edizioni, quella pugliese e quella nazionale.

 

 

E STASI, L’ANALISTA, SPIEGA

«I dazi – spiega l’analista – di norma sono pagati da chi importa le merci; spesso costituiscono un freno al commercio, perché alzano i prezzi e rendono alcuni prodotti meno convenienti: vengono introdotti oppure incrementati anche per tutelare il mercato interno di un Paese, ricorrendo alla giustificazione di voler contrastare frodi o traffici illeciti o per ridurre la libera concorrenza».

Un esempio. «L’Unione europea – spiega Stasi – aveva stabilito di alzare i dazi sulle importazioni di auto elettriche cinesi, con l’accusa di aver causato un danno economico ai produttori europei». Si tratta di imposte indirette sui consumi, che colpiscono così la libera circolazione dei beni da uno Stato all’altro. Vengono pagati normalmente alla dogana dall’importatore o dall’esportatore, tramite una dichiarazione doganale. Solo una volta compiuto il pagamento, la merce può circolare in un determinato mercato. Il principale effetto è quello di elevare i prezzi al fine di ridurre l’acquisto di una determinata merce all’interno del proprio Paese. È un intervento, dunque, di politica protezionistica, che punta a proteggere la produzione nazionale da fattori esterni.

«Verso gli Stati Uniti d’America – prosegue l’esperto – esportiamo prodotti più di quanti ne importiamo». Negli ultimi anni, per via dell’inflazione, sono aumentati i prezzi determinando un importante e crescente surplus commerciale per il Meridione. Questo si verifica quando un Paese esporta beni per un valore maggiore di quello che importa; viceversa, gli Stati Uniti d’America hanno un deficit commerciale o una bilancia negativa.

 

 

BILANCIA COMMERCIALE POSITIVA

Nel 2021, scrive ancora l’Edicola, riportando un’analisi dettagliata, sono stati esportati beni, dalla Puglia verso gli Stati Uniti, per un valore complessivo di 734,9 milioni di euro, a fronte di importazioni che si sono fermate a un miliardo 457,7 milioni di euro, per un saldo attivo di 277,2 milioni di euro. L’anno dopo sono stati esportati beni per un valore complessivo di 892,2 milioni di euro, a fronte di importazioni che si sono fermate a un miliardo 643,1 milioni di euro, per un saldo attivo di 249 milioni di euro. L’anno scorso sono stati esportati beni per un valore complessivo di 992,1 milioni di euro, a fronte di importazioni che si sono fermate a un miliardo 710,2 milioni di euro, per un saldo attivo di 281,9 milioni di euro. Da gennaio a settembre 2024, sono stati esportati beni per un valore complessivo di 726,4 milioni di euro, a fronte di importazioni che si sono fermate a un miliardo 553,5 milioni di euro, per un saldo attivo di 172,9 milioni di euro. Ad oggi, la bilancia commerciale per il Mezzogiorno è positiva.

Pioggia di miliardi

Finalmente Cipess conferma uno stanziamento importantissimo

Riguardano Taranto e la sua provincia: dalla litoranea interna Talsano-Avetrana a Spazioporto di Grottaglie, proseguendo con il potenziamento dell’impianto di depurazione di Taranto-Gennarini. Ma anche la realizzazione dell’impianto di dissalazione delle acque salmastre delle sorgenti del Tara, proseguendo con la realizzazione di nuovi corpi di fabbrica nell’area dell’ospedale San Cataldo. «Con l’approvazione del Cipess si chiude un impegnativo e lungo percorso di confronto con il Governo nazionale, che consente l’avvio di importanti investimenti in aiuti alle imprese», ha dichiarato Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia

 

Il Cipess (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile), in questi giorni ha confermato lo stanziamento di circa sei miliardi di euro per il finanziamento della litoranea interna Talsano-Avetrana, facendo seguito alla richiesta avanzata dalla Regione Puglia.

Con tale intesa, altrimenti noto come Accordo per la Coesione, la Regione ottiene dal Governo centrale un finanziamento importante (5,8 miliardi, per l’esattezza). Queste risorse economiche daranno nuovo impulso alla nostra provincia rafforzando in questo modo infrastrutture, imprese e sviluppo territoriale. La notizia giunge da una fonte autorevole, e cioè dal sottosegretario Alessandro Morelli, dopo la delibera, appunto, del Cipess che riconosce alla Puglia 4,4 miliardi (Fondo Sviluppo e Coesione 2021-2027), ai quali vanno aggiunti 1,4 miliardi (Fondi nazionali complementari).

 

 

LA NOSTRA PROVINCIA

In particolare, fra i finanziamenti resi operativi dal Cipess e riguardanti Taranto e la sua provincia, si evidenziano lo Spazioporto di Grottaglie (70 milioni di euro), il potenziamento dell’impianto di depurazione di Taranto-Gennarini (37 milioni), la realizzazione dell’impianto di dissalazione delle acque salmastre delle sorgenti del Tara (70 milioni 805mila 991 euro), la realizzazione di nuovi corpi di fabbrica nell’area dell’ospedale San Cataldo da adibire a polo ospedaliero universitario (28 milioni), il completamento del Centro nautico, struttura che sarà realizzata in occasione dei Giochi del Mediterraneo, riguardante l’accesso veicolare e i parcheggi (11 milioni 735mila 140 euro e 95 centesimi), i lavori di riqualificazione dell’area adiacente al centro servizi da adibire a spazio polifunzionale a  Martina Franca (7 milioni).

Il piano perseguito per anni e sostenuto dalle varie forze politiche in campo, prevede investimenti importanti, a cominciare dal potenziamento della rete stradale e ferroviaria, con particolare interessamento della litoranea interna Talsano-Avetrana, il Corridoio Plurimodale Adriatico, la strada Camionale di Bari (che collegherà l’autostrada A14 al Porto di Bari) e lo Spazioporto di Taranto-Grottaglie. Investimenti importanti saranno fatti anche per la gestione delle risorse idriche, fra questi, progetti come l’impianto di dissalazione delle sorgenti del Tara e l’Acquedotto del Fortore.

 

 

TASSELLO FONDAMENTALE

Il sottosegretario Morelli nel suo intervento ha posto l’accento su un’assegnazione che, oggi, rappresenta un tassello fondamentale del nuovo modello di governance delle politiche di coesione, a garanzia di interventi mirati per la crescita economica e sociale del territorio.

Ma andiamo per ordine. Il cosiddetto “via libera” è arrivato nel corso della riunione svoltasi giovedì scorso, 30 gennaio, a Palazzo Chigi del Cipess alla quale ha presieduto Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia. Il “via libera” sull’accordo per la coesione era stato sottoscritto il 29 novembre a Bari, tra il presidente del Governo, Giorgia Meloni, e il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. Il ciclo di investimenti (2021/2027) assegna alla Regione risorse per oltre 5 miliardi di euro (4 miliardi 588 milioni 810mila 310 euro a valere sul Fondo sviluppo e coesione, per essere precisi) ai quali si aggiunge 1 miliardo 770 milioni di euro a favore del Programma operativo complementare a valere sul Fondo di rotazione (ex legge 183/1987) e sul cofinanziamento della Regione Puglia.

Diversi i commenti riguardo una decisione attesa da tempo. «Con l’approvazione del Cipess – dice il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano – si chiude un impegnativo e lungo percorso di confronto con il Governo nazionale, che consente l’avvio di importanti investimenti in aiuti alle imprese, nei trasporti, nelle risorse idriche, nell’ambiente, nel welfare, nello sviluppo delle attività culturali e della promozione turistica, nello sviluppo urbano e nelle politiche del lavoro. Ci aspettano ancora mesi di duro lavoro, ma la Puglia spenderà presto e bene tutto quello che è a disposizione, come ha sempre fatto negli ultimi vent’anni di governo. Per il risultato, ringrazio la struttura tecnica guidata da Pasquale Orlando e tutti i direttori di dipartimento».

 

 

GRANDE SODDISFAZIONE

«Dopo un lavoro tecnico durato due mesi per chiudere il quadro generale degli investimenti – dichiara l’assessore Delli Noci – l’Fsc è stato approvato dal Cipess; adesso saranno necessari ancora circa due mesi per la bollinatura del decreto da parte della Corte dei Conti e subito dopo le risorse saranno a disposizione delle comunità; ribadiamo la necessità di istituire una apposita cabina di regia regionale per supportare le amministrazioni sia da un punto di vista tecnico, affinché utilizzino le risorse nei tempi dovuti e le rendicontino adeguatamente, ma anche da un punto di vista qualitativo affinché le risorse vengano utilizzate nel miglior modo possibile, con un impatto che generi coesione e crescita territoriale».

Sempre nella riunione dello scorso 30 gennaio si è anche riunita la cabina di regia Fsc che, tra i diversi provvedimenti, ha definitivamente approvato la proposta di riprogrammazione del Piano sviluppo e coesione della Regione Puglia per complessivi 50,3 milioni di euro. Investimento finalizzato ad assicurare copertura finanziaria a progetti di investimento in ricerca e sviluppo presentati da grandi, medie e piccole imprese a valere sugli avvisi Por Puglia 2014-2020 e relativi ai Programmi Integrati di Agevolazioni (PIA) Piccole e Medie Imprese e ai Contratti di Programma (CdP).

«La destinazione di queste risorse – commenta l’assessore Delli Noci – verso progetti di ricerca e sviluppo destinati allo svolgimento di attività ad elevato valore aggiunto, particolarmente rilevanti nel sostenere le strategie competitive delle imprese operanti sul territorio regionale, avrà conseguenze significative anche per l’ampliamento della base occupazionale, con specifico riferimento a profili di elevata competenza».

«Taranto, quanti incroci…»

Red Canzian, i ricordi e il fascino subito come musicista e turista

Mercoledì scorso il bassista dei Pooh ha presentato al teatro Orfeo il suo ultimo libro. “Centoparole”, il titolo che in breve ha scalato le classifiche diventando uno dei più letti del momento. «Adoro la gente di qui, il sorriso, la loro generosità: non fosse stato per l’inquinamento industriale, questa sarebbe una delle città più belle al mondo, garantito». Più di trecento pagine. «Scelte con molta attenzione, con i miei lettori condivido parole ed emozioni…»

 

«Se non avesse avuto una industria inquinante, Taranto oggi, a pieno titolo, sarebbe una delle città più belle al mondo». Non lo dice per piaggeria Red Canzian, bassista dei Pooh, autore di canzoni, di un musical, “Casanova”, sbarcato in Cina, e di un libro, “Centoparole” (Sperling e Kupfer), diventato a passo spedito uno dei titoli più venduti del momento.

Canzian ha presentato la sua quinta opera letteraria al teatro Orfeo, invitato dai fratelli Di Giorgio, Adriano e Luciano, e da Carmine Fucci, direttore della libreria Mondadori di Taranto. «Penso che possa dire più di qualcosa su questa città – ha ripreso l’autore – che sento anche mia; ho girato l’Italia in lungo e largo, ma qui non ricordo più nemmeno quanti concerti ho fatto: teatro Alfieri, Mazzola, Maridipart, Iacovone, Palamazzola, perfino uno spettacolo accanto alla Concattedrale».

Taranto, una città per cantare. Ma anche per restarci da turista. «Amo questo angolo d’Italia, quando io e mia moglie Bea vogliamo rilassarci, non ci pensiamo due volte: Puglia». C’è un perché. «Non voglio passare per ruffiano, ma la gente qui è solare, generosa: dicono non sia una delle regioni più ricche d’Italia, ma sicuramente è la più bella, ti regala tutto quello che ha: il sorriso, la bellezza, la bontà dei prodotti della sua terra, perché la Puglia a tavola, non lo dico io, non si batte». Ogni volta che torna, non va mai via mani vuote. «Generosa, ecco: mi caricherebbero l’auto presa a noleggio di qualsiasi cosa, ma non ho spazio: regali, ninnoli dei quali faccio collezione, ceramiche, poi olio, vino, perfino pane; a malincuore ho dovuto rinunciare a più di qualcosa, non posso portarmi tutta questa roba in aereo».

 

 

«CANZONI, DONI DEL CIELO»

Al teatro Orfeo parla del suo libro e non solo. Non vorrebbe, ma viene tirato per la giacchetta: le canzoni. «Sono doni del cielo, noi che riusciamo ad intercettarle dobbiamo ritenerci fortunati: è come se usassimo una retina per catturare farfalle, stendiamo un braccio e ne catturiamo una, quando meno te lo aspetti».

Centoparole. «In un primo momento avevo pensato perfino a duecento parole, poi ho compiuto una dolorosa sottrazione: ho fatto tutto da solo, amici mi suggerivano ogni giorno uno, due temi, io invece avevo nella mente già il percorso che non era il racconto della mia vita artistica, ma una ricognizione nelle emozioni, una riflessione alla quale ho invitato i miei amici, quanti si sono avvicinati a questo mio libro». Parte con “Abbracci”, finisce con “Zante”. «Gli abbracci trasmettono passione, affetto, calore, penso sia il modo migliore per manifestare un sentimento; Zante, invece, è stato il nostro cane per quattordici anni, finì sotto la nostra auto, io e Bea, mia moglie, lo salvammo da una iniezione letale, lo sottoponemmo a tre interventi: un intellettuale, molto noto, che ha letto il mio libro si è complimentato per l’intero lavoro; unico, amichevole appunto: lui non avrebbe chiuso  il libro raccontando di una “bestia”: da lì ho capito che non aveva mai avuto a che fare con animali domestici; gli ho spiegato, tanto per essere chiaro: Zante non era una bestia, ma uno di famiglia».

 

 

«NON FARTI MANCARE I SOGNI»

L’amore, l’affetto dei genitori, gli inizi. «Più che del successo, parlo dei miei genitori che mi hanno sempre incoraggiato: eravamo poveri, ma non mi hanno fatto mai pesare un sogno che inseguivo fin da ragazzo che si iscrisse ad un concorso canoro, vincendolo». Divertente quando spiega il suo primo look alla Beatles. «Capelli lunghi, pantaloni attillati, scarpe col tacco, che in un primo momento il ciabattino del mio paese si era rifiutato di farmi: trovammo una quadra; certo per quei tempi, parliamo della metà degli Anni 60, l’immagine era eccentrica; trovammo un primo nome: i Prototipi; Pino Massara, musicista già noto, autore di successi, non era del tutto convinto di quel nome, così cambiammo: Capsicum Red lo convinse, lui ci mise del suo: siete stati in Inghilterra, venite dal rock britannico, tu sei il leader, Red Canzian! ». In effetti, cosa puoi dire ad un produttore che ti offre un contratto. «“Ocean”, il debutto, fu una sigla televisiva di un programma di Enza Sampò: papà e mamma telefonarono a mezza Treviso, fu la loro rivincita; poi arrivarono i Pooh, ma quella è una stoia un tantino più nota…»

Dall’altare alla polvere

Accusa grave e arresto per Radja Nainggolan, già calciatore di Cagliari, Roma e Inter, ma rilasciato in queste ore

Fulmine a ciel sereno ad inizio settimana. La Procura belga spicca un mandato di arresto. L’accusa è di quelle gravi: traffico internazionale di droga. «Anche se il giocatore figura tra gli arrestati, nel rispetto della presunzione di innocenza, alla stampa non verranno fornite ulteriori informazioni», ha dichiarato il procuratore. Nelle ultime ore modificato il capo d’accusa  

 

Radja Nainggolan, ex giocatore di Cagliari, Roma e Inter, nonché della Nazionale belga, è stato arrestato: l’accusa, pesante, è di traffico internazionale di droga. Secondo quanto riferito dalla procura di Bruxelles, l’indagine riguarderebbe il traffico di cocaina in arrivo dal Sud America, che farebbe scalo al porto di Anversa per essere “spacchettata” in tutto Belgio.

Questa la notizia, nuda e cruda, come si dice. Spiazzati in molti. Quanti amano il calcio e quanti erano affascinati dalla filosofia fuori dal coro di un calciatore che più volte aveva manifestato di non gradire certe regole rigide applicate al calcio e, naturalmente, la vita da atleta. Per farla breve, il messaggio che faceva passare Radja, giocatore dalla tecnica sopraffina, era che “la vita è una sola e, allora, vale la pena viversela fino in fondo”. Non si può dire con buona pace dei tecnici che hanno spesso sbattuto contro il carattere del giocatore belga che, non ne faceva mistero, amava gli eccessi e un po’ meno gli allenamenti che qualche volta aveva disertato perché, per dirla tutta, “impresentabile”.

 

 

ACCUSA, NON CONDANNA

Ma stavolta l’accusa è di quelle toste. Insomma, non si tratta di aver fatto le ore piccole spendendo in una notte il guadagno di un anno di attività, oppure aver alzato il gomito, essere stato fermato da una pattuglia della polizia a tarda ora o per essersi presentato ad un allenamento troppo su di giri. Radja non ha mai fatto mistero. Anzi, a carriera più o meno finita, provava quasi piacere a raccontare le sue avventure fuori dal campo, qualche braccio di ferro con un tecnico, il biasimo nei confronti di colleghi che, invece, sputavano sudore durante le sedute di allenamento. E poi, poi succede. Succede che Radja, sul quale pendono accuse pesanti, non una condanna – è bene essere garantisti fino alla fine – finisce nell’occhio del ciclone. Qualcuno si toglie un sassolino da una scarpa e fa un titolo feroce (e questo non sta bene…), qualche altro scrive di un finale annunciato (quando ancora devono essere completati i capi d’accusa, non la condanna…). Insomma, tutti contro Radja, come è consuetudine in un Paese nel quale, soleva ripetere il grande Ennio Flaiano, «Gli italiani vanno sempre in soccorso al vincitore». Dunque, se c’è – a prima vista – un perdente, «Dagli al perdente!», dagli a Nainggolan, perdente pronosticato.

 

 

PRESUNZIONE D’INNOCENZA

Detto che le accuse sono una cosa e la condanna definitiva tutta un’altra cosa, proviamo ad attenerci ai fatti e raccontare questo fulmine a ciel sereno abbattutosi sul calcio, ma anche sulla cronaca, considerando che Radja era più volte apparso nelle cronache rosa.

Lunedì mattina vengono effettuate una trentina di perquisizioni domiciliari a Bruxelles e nella periferia della capitale. Tra queste perquisizioni, anche una delle case del calciatore belga. «Radja Nainggolan ha risposto a tutte le domande e sta collaborando alle indagini della polizia, il calciatore nega ogni coinvolgimento in questo dossier», ha dichiarato ieri, a caldo, il suo legale.

Sempre ieri, fonti belghe riportavano che durante l’operazione erano state subito arrestate sedici persone, compreso Radja, sequestrati centinaia di migliaia di euro in contanti, oltre a orologi di lusso, gioielli, un centinaio di monete d’oro, diverse armi, giubbotti antiproiettile, tre chili circa di cocaina e quattordici veicoli. «L’inchiesta si basa su presunti fatti di importazione di cocaina dall’America del Sud all’Europa via il porto d’Anversa, e la distribuzione in Belgio», ha dichiarato il procuratore Julien Moinil, «il calciatore figura tra gli arrestati e, nel rispetto della presunzione di innocenza, alla stampa non verranno fornite ulteriori informazioni». Naturalmente è bene augurarsi il meglio per un atleta che per lunghi tratti della sua attività ha rappresentato un modello da seguire. Di storie e vicende su questo sito ne abbiamo raccontate. Di solito abbiamo tessuto le lodi di un percorso al contrario davanti al quale l’ex Cagliari, Roma e Inter, oggi – secondo le accuse – si troverebbe, cioè passare dall’altare alla polvere e non viceversa.

 

ULTIM’ORA

Ma ecco una ultim’ora, che in qualche modo riformula il capo d’accusa. L’ex giocatore di Cagliari, Roma e Inter, Radja Nainggolan in queste ore è stato rilasciato dalle autorità belghe. Attualmente, in libertà vigilata, non può lasciare il Belgio. Questa la decisione del gip dopo il doppio interrogatorio al centrocampista, arrestato nell’ambito di un’indagine sul traffico internazionale di droga.

«Radja spera di potersi lasciare rapidamente tutto alle spalle e tornare a giocare a calcio», ha spiegato agli organi di informaziine belgi l’avvocato del giocatore, Omar Souidi. «Non è stato accusato di traffico di droga o riciclaggio di denaro, ma come membro di un’organizzazione criminale. Tuttavia confidiamo che ulteriori indagini dimostreranno che non ha colpe. Radja Nainggolan non è un criminale della droga», ha aggiunto il suo legale.

Italia, prima nel mondo

E’ Roma la città in cui si mangia meglio, seconda Londra, terza Marrakech

La capitale bissa il successo di due e tre anni fa. Meritatamente, segnala TripAdvisor in una rassegna ripresa dal free-press “Leggo”. «La città stessa è come la sala espositiva di un gigantesco museo all’aperto. Un vero e proprio collage di piazze, mercati all’aperto, e siti storici sbalorditivi». Getti una monetina nella Fontana di Trevi, resti a bocca aperta davanti al Colosseo e al Pantheon. E prosegui, per fare il pieno di cappuccino per un pomeriggio di shopping in Campo de’ Fiori o a Via Veneto

 

Stilata la classifica delle città, al mondo, nelle quali si mangia meglio. Restate di stucco, senza fare ricorso al proverbiale “barbatrucco”, ma in questa speciale classifica redatta grazie a mezzo milione di opinioni raccolte in un anno di “radiografie” sulle tavole di tutto l’emisfero, da TripAdvisor, bene, la città in cui si mangia meglio è proprio qui in Italia: è Roma. C’è il free-press “Leggo” che mette insieme gli sforzi compiuti dal sito di importanza mondiale. Mette insieme un numero infinito di recensioni, le shakera e le serve ai lettori che, evidentemente, si fidano non solo del quotidiano, ma anche di quanti manifestano giornalmente il loro punto di vista in qualità di clienti di ristoranti nel mondo.

Dunque, si diceva: la città in cui si mangia meglio, è proprio qui in Italia. Non solo elogiata, ma anche invidiata e, infine, anche premiata, scrive il quotidiano, meritatamente aggiungiamo noi: basta aggirarsi nella capitale per comprendere quanto sia ancora percorribile e a costi tutto sommato ragionevoli un menù – come dire – fatto in casa.

 

 

CAPUT MUNDI

Roma, dunque, caput mundi anche a tavola. Regna incontrastata nella classifica delle città in cui si mangia meglio al mondo. Lo hanno decretato gli utenti di TripAdvisor hanno indicato la capitale d’Italia talmente tanto da farle assegnare il primo posto nella classifica che comprende altre venticinque città al mondo. Detto che la cosa non può che farci piacere, è bene anche ricordare che da queste colonne non più tardi di qualche tempo fa abbiamo segnalato che Roma aveva ottenuto il gradino più alto del mondo anche due e tre anni fa. Insomma, una conferma: negli ultimi quattro anni, Roma è medaglia d’oro tre volte. Un primato.

Come viene assegnata la palma di città più “invitante” al mondo. La medaglia d’oro viene attribuita a chi riceve il maggior numero di recensioni positive nell’arco dei dodici mesi. Un titolo che Roma, ripetiamo con merito, ha conquistato i milioni di visitatori ingolosendoli con i numerosi piatti della sua tradizione.

Cosa scrive TripAdvisor nella sua autorevole recensione. «Un giorno non è bastato per costruire Roma, ma non basterà neanche per girarla tutta: la città stessa è come la sala espositiva di un gigantesco museo all’aperto, un vero e proprio collage di piazze, mercati all’aperto, e siti storici sbalorditivi».

 

 

UNA SUGGESTIONE DOPO L’ALTRA

Getti una monetina nella Fontana di Trevi, resti a bocca aperta davanti al Colosseo e al Pantheon e fai il pieno di cappuccino per un pomeriggio di shopping in Campo de’ Fiori o a Via Veneto. Infine, scrivono: «rifocillati con un piatto di pasta fresca, assaggiando succulenti carciofi fritti o una tenera coda alla vaccinara, gustando uno dei migliori pasti della vostra vita». E come dargli torto.

Ma fra le città che prendono il turista per la gola, c’è un’altra città italiana. E anche qui non avevamo dubbi: è Napoli, che si classifica al quinto posto. Accanto a Roma, sui due gradini sottostanti, si accomodano al secondo posto Londra, mentre Marrakech si piazza al terzo. Parigi scivola al quatro posto e precede di un gradino il capoluogo campano. Volendo sbirciare le altre top, ecco che vediamo alle spalle della città del Vesuvio, altre cucine votatissime quasi quanto le altre più avanti: Barcellona e Atene, per esempio. Ma, attenzione, anche Lima (Perù), New Orleans (Stati Uniti), Buenos Aires (Argentina).

Red Canzian: «Finalmente Taranto»

Mercoledì 29 gennaio alle 20.00, Teatro Orfeo

Il popolare artista torna in città, presenta il suo nuovo libro. «Non è un’autobiografia: faccio tesoro della mia vita, spiego momenti essenziali del mio percorso, non solo come musicista; accompagno il lettore a confrontarsi e riflettere sulle sue personali esperienze». I concerti all’Alfieri e al Mazzola, il rapporto con i suoi “amici per sempre”, Roby, Dodi e l’indimenticato Stefano

 

Red Canzian, grande artista, conosciuto “appena” cinquant’anni fa. Da allora non abbiamo più smesso di vederci, sentirci, frequentarci, anche per lavoro. Di cose ce ne sarebbero da raccontare. Lui stesso ha voluto che la presentazione del suo nuovo libro, “Centoparole  – Per raccontare una vita”, in programma mercoledì 29 gennaio alle 20.00 al Teatro Orfeo di Taranto, fosse una conversazione fra amici.

«Vorrei che nell’incontro specificassi – testuale il bassista dei Pooh, autore anche di un fortunatissimo musical, “Casanova” – che siamo amici da cinquant’anni e che la nostra chiacchierata andrà più in profondità grazie, appunto, a questa nostra profonda conoscenza…». I concerti dei Pooh al Teatro Alfieri, al Mazzola, allo Iacovone e in altre sedi, da Maricentro al Palamazzola, sempre pienone. Red e i Pooh, i suoi-miei “amici per sempre”, Roby, Dodi, l’indimenticato Stefano. Il privilegio di conoscerli non solo dal punto di vista artistico, ma anche dal punto di vista umano. Quando si dice “brave persone”. Ecco, i Pooh, sono davvero brave persone, impegnate nel loro lavoro come in altre attività, il sociale, per esempio. Fra queste, la beneficenza, avendo messo a disposizione di associazioni umanitarie anche il loro brand, una garanzia.

 

 

ALL’ORFEO, CENTOPAROLE

Dunque, “Centoparole” al Teatro Orfeo. Nasce da una telefonata e una promessa. «Ho l’agenda piena di impegni fino a dicembre – giustifica Canzian – quando partirò per Pechino, dove porterò in scena il mio “Casanova”: è la prima volta che un musical sbarca in Cina, incrocio le dita. Di Taranto ne parlo con la mia casa editrice, Sperling e Kupfler, troveremo una soluzione: non possono dirmi no, il libro con le sole prenotazioni è già primo in classifica».

«Questo libro – spiega Red, descrivendo “Centoparole” – non è un’autobiografia per raccontare la mia attività artistica, anche se spesso le parole inevitabilmente si incrociano con tutto quello fatto fin qui con i Pooh, e non solo: in questi cento brevi capitoli faccio tesoro della mia vita, della mia esperienza, spiegando parole essenziali nel mio percorso accompagnando il lettore a confrontarsi con le sue esperienze di vita; nonostante sia uscito da poco, alle presentazioni incontro gente che ha già letto il libro e mi confessa di essersi riconosciuto in diverse parole che poi diventano oggetto di riflessione: questo è lo scopo di “Centoparole”».

«Ho scritto “Centoparole” – prosegue Canzian, a proposito del suo libro – avvertendo intorno gente “dispersa”, senza sogni; il sogno, invece, è la molla che ha fatto scattare la voglia, mia e dei miei “amici per sempre”, nel fare questo mestiere; la nostra generazione, in realtà, ha qualche peccato da farsi perdonare: in alcuni casi quella voglia di sognare, ai ragazzi, non volendo gliel’abbiamo spenta proprio noi; credo, però, che sia necessario che i nostri giovani debbano provare ad affrontare la vita con positività, con il sorriso, senza considerare un fallimento come fosse un disastro: una delusione è solo un incidente di percorso dal quale ripartire con più voglia; del resto, lo racconto io, uno partito da zero, senza aiuti, senza quelle spinte oggi tanto invocate: ringrazio i miei genitori che mi hanno sostenuto nell’inseguire un sogno avuto fin da ragazzo, tutto il resto devono mettercelo loro…».

 

 

DALLA CINA CON SUCCESSO

Canzian, quando assume un impegno ci mette tutto se stesso: la registrazione di una canzone, i dettagli di un tour, che sia il suo o quello dei Pooh, il suo “Casanova”, messo in piedi con l’aiuto di Beatrice, sua moglie, Chiara e Phil, i suoi ragazzi. Il debutto in Cina. Legittima tensione prima della “prima”. Va tutto bene, anzi di più.

«E’ stato incredibile – racconta poche ore dopo l’esordio – al di là del teatro pieno e dalle dimensioni eccezionali: un successo strepitoso con una partecipazione incredibile da parte del pubblico; lo stesso direttore del teatro mi diceva che non aveva mai assistito a qualcosa di simile: le risate, gli applausi, cose che di solito qui, in Cina, non avvengono durante gli spettacoli: rispettosi delle rappresentazioni, non interrompono, ma applaudono solo alla fine: insomma, per una volta gli spettatori si sono lasciati andare e di questo sono felice». “Centoparole”.

E pensare che Red, il senso della vita, lo aveva espresso non con cento, ma con una ventina di parole. Poche, toccanti, all’uscita da una curva pericolosa della vita. «Mai come in questo momento – scrisse – sono affamato di vita e ho voglia, anzi, bisogno di voi, di incontrarvi e condividere con tutti emozioni lontane nel tempo e vicine nel cuore». 

Ve la do io l’America”

Donald Trump, quarantasettesimo presidente degli USA

Ribadisce le sue posizioni intransigenti del suo programma elettorale. Pone alla firma un centinaio di ordini esecutivi. Comincia dalla “deportazione di milioni e milioni di clandestini”. Proclama l’emergenza al confine col Messico, promette di piantare la bandiera a stelle e strisce su Marte, intende riprendersi il Canale di Panama. E, ancora, cambiare il nome al Golfo del Messico (“Golfo d’America”), riconoscere due soli generi (maschile e femminile)

 

Se devi dire una bugia, dilla grossa. Così, più o meno, recitava il titolo di una commedia, nemmeno a dirlo, americana. Dove i film sanno farli, considerando le risorse economiche e hanno un bacino d’utenza esagerato, considerando la lingua inglese che ormai parlano in mezzo mondo. Dunque, deve essersi sentito su un set cinematografico, ripreso da cineprese poste in mille angoli, Donald Trump, quarantasettesimo presidente della Repubblica degli Stati Uniti, per dire tutto quello che ha detto nel suo discorso d’insediamento alla Casa Bianca. Lo aveva promesso in campagna elettorale, tanto che i punti salienti della sua seconda ascesa al Campidoglio avevano del clamoroso, più che sembrare programmi politici. Invece, il presidente americano, non solo non fa un passo indietro, ma ne compie uno deciso in avanti, tanto da scatenare commenti non sempre condivisi o magnanimi nei suoi confronti.

Trump giura a mezzogiorno in punto, promette all’America che lo ha eletto una “nuova età dell’oro”. Fra gli altri passaggi, grazia i rivoltosi di Capitol Hill, pone uno stop agli accordi di Parigi e allo Ius soli, dunque contro gli emigranti. Spettacolarizza, strappa applausi dalla claque, qualche sorrisino stiracchiato dalla platea nella quale siedono ex presidenti, quando ricorda il fallito attentato ribadendo di essere “stato salvato da Dio per rendere l’America di nuovo grande”. Insomma, cose così.

 

 

DECRETI PRONTI…

Dunque, pone alla firma un centinaio di ordini esecutivi: la “deportazione di milioni e milioni di clandestini” – parole del neopresidente – con la proclamazione dell’emergenza al confine col Messico alla bandiera Usa da piantare su Marte, la ripresa del Canale di Panama, il cambio di nome del Golfo del Messico “in Golfo d’America”, dal riconoscimento di due soli generi (maschile e femminile) all’abolizione – come si diceva – dello Ius soli e, alla fine, della strumentalizzazione politica della giustizia.  

Secondo Donald Trump, “il declino del Paese è finito, da oggi comincia una nuova età dell’oro per invertire completamente tutti questi numerosi tradimenti e restituire al popolo la sua fede, la sua democrazia e la sua libertà; basta con l’élite estremista corrotta!”, proclama. Fra i suoi primi provvedimenti, subito una correzione in corso d’opera degli accordi siglati a Parigi da Biden: la revisione circa gli impegni assunti a Parigi sul clima; la dichiarazione di un’emergenza energetica per produrre più combustibile, l’abolizione del mandato per produrre più auto elettriche.

 

 

…DONALD FA SUL SERIO

Non è finita. Nelle dichiarazioni del tycoon, come riporta, puntuale, l’Agenzia Ansa, insiste la minaccia dei dazi, anche se forse non scatterebbero subito. “Deporterò milioni e milioni di migranti illegali”, insiste, annunciando la dichiarazione di emergenza al confine col Messico e l’invio dell’esercito. Fra i suoi programmi, non del tutto semplici, sia chiaro, l’avvio delle procedure per cambiare il nome al Golfo del Messico, trasformandolo in Golfo d’America. Sferra una bordata ai traffici illeciti, considera i cartelli della droga “vere organizzazioni terroristiche straniere” fino ad abolire lo Ius soli, uno dei massimi princìpi della democrazia americana. E, ancora, la ripresa della costruzione del muro con il Messico.

Questo è solo un assaggio del new deal americano, il nuovo risvolto di una politica che, secondo, il neopresidente porrà al centro del mondo gli Stati Uniti. Sarà un braccio di ferro non indifferente. Fra il dire e il fare, si dice, c’è di mezzo il mare. Pardon, il Golfo. Che poi sarebbero Paesi come la Danimarca e il Canada, che i loro dubbi non li hanno certamente mandati a dire.

Dal Salento con talento

Lorenzo e Pio Fiorito negli Under 30 di Forbes Italia

Respinti in un primo momento dalla Cattolica di Milano, cominciano a lavorare. L’ateneo li accoglie e dopo una triennale i due si trasferiscono a Lisbona. Tornano a casa, aprono una società, danno.lavoro e fatturano tre milioni

 

Dal Salento con talento. La Puglia continua a sfoderare grandi figure professionali. Due studenti-prodigio imparano fra i nostri banchi di scuola, poi i docenti che ne testano le potenzialità li indirizzano prima a Milano, destinazione la Cattolica, fino a coronare un primo sogno professionale: finire nella classifica Under 30 di Forbes per la categoria “Marketing & Advertising”.

Da Ruffano (Lecce) a Milano. Proprio così. È la storia dei gemelli Lorenzo e Pio Fiorito, inseriti oggi nell’autorevole lista dei trenta Under 30 redatta da Forbes nella categoria Marketing & Advertising. 

Originari del Salento, appunto, i due giovani imprenditori, esperti di digital marketing, avevano studiato Economia e Marketing all’università Cattolica di Milano. Eppure la loro avventura milanese non era iniziata nel migliore dei modi. Dopo un primo rifiuto da parte dello stesso ateneo, infatti, Lorenzo e Pio avevano cominciato a lavorare per conto proprio per essere testati da Meta, che li avrebbe candidati a profili ideali per la società che operano nel campo dell’economia. 

 

 

LORENZO E PIO, CHE STORIA!

Una storia di carattere, quella dei due ragazzi pugliesi, che dimostra come un rifiuto possa trasformarsi in una inaspettata opportunità. 

Lorenzo e Pio, dunque, alla fine della fiera, dimostrano grande talento e determinazione raggiungendo il successo nel mondo del marketing. Questo riconoscimento da parte di Forbes rappresenta un ulteriore traguardo per i due ragazzi che oggi, a ragione, sono considerati tra i giovani più promettenti nel settore.

Dopo il primo tentativo di ingresso alla Cattolica, i due gemelli avevano optato per un’esperienza lavorativa. Attraverso Meta, si diceva, i due vengono segnalati a diverse aziende e, contattati, si trasferiscono a Lisbona. È il 2017. In Portogallo i due enfant-prodige ci restano due anni, acquisendo grande esperienza nel settore del marketing e dei social media. 

 

 

PRIMA L’ESTERO, POI IL RITORNO

Rientrati, dunque, nel 2019 in Italia, i Fiorito fondano Dataz, una vera e propria azienda che conta già ben venti dipendenti che forniscono: consulenza specializzata a startup e scaleup per dare impulso al loro investimento anno dopo anno sulle piattaforme digitali, offrendo servizi di data management e data strategy, digital strategy e performance analysis per accompagnare i partner verso una scalabilità data driven.

Nel 2023, altra buona notizia a certificare il lavoro dei due fratelli salentini: il fatturato di Dataz, infatti, è di 1 milione e 620 mila euro, mentre nel 2024 supera i 3 milioni. Un traguardo di grande prestigio per i due giovani di Ruffano che ormai hanno indirizzato quella che era la loro grande passione in un’attività che oggi dà lavoro a decine di ragazzi entusiasti quanto loro. Una intuizione talmente apprezzata, si diceva, che ha permesso a Lorenzo e Pio di entrare nella classifica dei trenta Under 30 del prestigioso Forbes Italia. Forza ragazzi, avanti così.

Ebe, offeso e “condannato”

Akinsanmiro, calciatore, vittima di cori razzisti domenica scorsa a Brescia

Centrocampista della Sampdoria, ha risposto al pubblico che lo aveva offeso con la “danza della scimmia”. Ammonito per provocazione, sostituito dal suo tecnico per evitare scontri. “Non doveva rispondere in quel modo ai nostri tifosi”, dice l’allenatore dei padroni di casa. Sanzioni previste: solita ammenda e tiratina d’orecchie
 
Altro che calcio al razzismo. Gli episodi contro calciatori extracomunitari nel nostro calcio professionistico non accennano a diminuire. Nonostante le iniziative anche a livello internazionale promosse dalle istituzioni.
Ultimo episodio della serie, domenica, a Brescia, dove la squadra di casa ha affrontato la Sampdoria. Durante la gara, cori razzisti, “buuu” all’indirizzo di un calciatore ospite preso costantemente di mira, Ebenezer Akinsanmiro, venti anni, nigeriano. A “Ebe”, saltano i nervi, alza le braccia, non ne può più, si rivolge all’arbitro della gara, che fino a quel momento aveva lasciato proseguire l’incontro.
Interruzione del gioco e invito del direttore di gara a invitare dagli altoparlanti dello stadio quella parte di pubblico scorretto. La vendetta, dicono, è un piatto che si gusta freddo. E così per il calciatore africano arriva il momento di scaricare tutta la tensione accumulata fino a quel momento. 
 
 

 

“ORA BASTA!”

Per Ebe ecco la reazione. Magari in modo sproporzionato, ma a tratti, comprensibile. Visto che la Lega calcio anni fa aveva introdotto nel regolamento, mai applicato, sospensione della gara in corso e sconfitta d’ufficio per la società macchiatasi di “atti di razzismo” mediante il comportamento antisportivo dei propri tifosi.
Ebenezer, calciatore sampdoriano, stizzito per gli insulti e gli ululati razzisti ricevuti da una parte dei tifosi lombardi – scrive Fanpage.it – festeggia il gol dei liguri esibendosi in un balletto particolare, imitando una scimmia, mimandone la postura e il verso, battendosi che il petto. 
“Non puoi provocare così il pubblico – le parole dell’allenatore del Brescia, Pierpaolo Bisoli – non avevo sentito niente prima, ma a prescindere, è giusto avere rispetto”. Non sappiamo se le intenzioni dell’allenatore fossero quelle di ribaltare le colpe fino a coloevolizzre l’avversario, ma ci sembra un intervento incompleto. Mancano, comunque, le scuse a “Ebe”.
 
 

 

EBE, AMMONITO

Quel suo gesto impulsivo viene sanzionato con un’ammonizione. Considerata, inoltre, la tensione, l’allenatore dei blucerchiati ha deciso di sostituirlo così da evitargli conseguenze peggiori. 
Sul campo finisce 1-1, ma quanto accaduto a Brescia mette da parte l’esito sportivo e riaccende i riflettori sugli episodi di intolleranza che avvengono all’interno degli stadi.
“Sull’episodio e sull’arbitraggio non aggiungo altro, perché potrei risultare inopportuno…”, le ultime dichiarazioni rese al Giornale di Brescia da Bisoli. Cosa rischierebbe la società lombarda? Niente di particolarmente grave, che non sia scontabile con un’ammenda. Al solito. E… indietro così.
Nato in Nigeria il 25 novembre del 2004. La vita di “Ebe” cambia nel 2023, quando il 31 gennaio firma un contratto quadriennale con l’Inter, che per averlo batte la concorrenza di Liverpool e Real Madrid, per mandarlo in prestito alla Samp.