Ben, le biciclette e il futuro da riparare – 2parte
Effettivamente, il mezzo per spostarsi utilizzato dai migranti è prevalentemente la bicicletta: per raggiungere il posto di lavoro, regolare o irregolare che sia, per raggiungere il centro della città, semplicemente, per spostarsi. Mi torna in mente il fatto che sia stato proprio Fabio, all’inizio dell’esperienza modugnese, circa due anni fa, a proporre un corso sulla sicurezza stradale che, in realtà, ha poi tenuto in struttura all’indomani di un brutto episodio capitato ad un ospite del centro che tornava in struttura dopo una giornata di lavoro nei campi. E quando si esce al buio delle tre e mezzo del mattino e si torna, sempre al buio, alle sette della sera, soprattutto in inverno, se usi la bicicletta per spostarti è opportuno prendere qualche precauzione. Ma è solo un pensiero, quasi uno sfogo, rivolto a quanti, senza avere cognizione di causa, si chiedono e chiedono cosa facciano in realtà le tante persone che lavorano nelle strutture di accoglienza.
Ma torniamo a Ben ed alla nostra chiacchierata che, superata la diffidenza iniziale, sembra proseguire in discesa. “Ok – dico – pensiamo allora alla possibilità di mettere in piedi una ciclofficina! Ma se l’idea ti piace ti devi rendere parte attiva del progetto. Noi potremmo lanciarlo, proporlo, supportarlo, ma siamo lontani dal modello assistenzialistico. Avrai visto come lavoriamo. Garantiamo i servizi e siamo sempre disponibili a pensare e progettare insieme un futuro possibile per tutti, ma ognuno deve assumere una responsabilità, si deve rendere parte attiva e, soprattutto, ci deve credere!”.
Chi mi conosce sa che se mi innamoro di una idea divento un fiume in piena e, guardando Fabio che deve tradurre, mi rendo conto che è il caso di allontanarmi con la scusa di andare in bagno. Ritorno dopo qualche minuto incrociando lo sguardo di Ben che mi guarda stranito, quasi sorpreso o non sicuro della traduzione di Fabio.
Chiede: “Avete deciso di darmi una opportunità? E perché proprio a me?”. Rispondo che chi si adopera, in qualsiasi attività, e dimostra la voglia voler fare deve essere considerato una risorsa da valorizzare, che merita una opportunità per mettersi in gioco. Che parte del nostro lavoro, forse quella più importante, consiste nel sostenere le persone, non solo i migranti, a pensare, immaginare, costruire un futuro.
Ben continua a guardare Fabio chiedendo con lo sguardo se scherzo o parlo sul serio.
E Fabio, a questo punto mi ruba il mestiere: “Sai che tante persone che lavorano per la Cooperativa con un regolare contratto sono ex ospiti delle strutture di accoglienza?” dice rivolgendosi a Ben. Ben comincia a fidarsi un po’ di più e gli spiego che in Italia ci sono delle regole da rispettare, che sono il fondamento sul quale far reggere una idea e costruire opportunità. Gli chiedo quale è la sua idea sull’ipotesi di fondare una Associazione di Promozione Sociale che magari possa avere come nome “Costruiamo Insieme… Opportunità” e lui ride, è una idea che gli piace ma, in maniera decisa, spiega che il suo primo obiettivo è studiare, imparare l’italiano. “Certo –dice- gestire una ciclofficina aperta a tutti non solo mi piacerebbe ma mi metterebbe anche nelle condizioni di relazionare con gli italiani e faciliterebbe l’apprendimento della lingua”.
Ridiamo insieme sul fatto che io non conosco l’inglese, nonostante lauree e master e ho bisogno di Fabio per comunicare: è un problema reciproco. Anche negli ospedali e nei pubblici uffici è difficile incontrare qualcuno che conosca più lingue! Ben ride ancora e dice che parlo male di me e del mio Paese. Chissà in che luogo ultracivilizzato pensava di essere arrivato e, a me, viene di sorridere amaramente al contrario: nelle strutture di accoglienza non esistono ostacoli di comunicazione, neanche quando incontri i dialetti di regioni africane delle quali non conosci neanche l’esistenza.
Dopo aver trascorso un bel pomeriggio, il congedo è triste: Ben ha ricevuto l’esito negativo dalla Commissione Prefettizia alla richiesta di soggiorno. Il 27 settembre, fra qualche giorno, avrà il risultato dell’Appello. Se anche questo dovesse essere negativo, noi avremmo lavorato a vuoto e, soprattutto, verrebbe negata una opportunità, una possibilità ad un ragazzo che davvero merita un futuro migliore. Se strutture di accoglienza e operatori non fossero solo un cuscinetto sul quale scaricare quella che “chiamano” accoglienza, ma diventassero filtri utili a decidere il futuro delle persone forse qualcosa cambierebbe e Ben potrebbe diventare una risorsa per il territorio, trasformandosi da un fascicolo aperto negli Uffici Prefettizi in una persona che, a soli 21 anni, ha tanta voglia di realizzare i suoi sogni e insegue i suoi obiettivi.
Se in fase di Appello qualcuno avesse la decenza di riconsiderare il diniego, avremmo una bottiglia pronta da stappare ed una bottega da aprire.
Speriamo la prima di tante altre! E speriamo con Ben!