Badjie e il sogno di riabbracciare suo padre.
«Avevo un contratto e un lavoro che mi permetteva di vivere dignitosamente con la mia famiglia, poi la dittatura mi ha costretto a fuggire». Badjie Sedia è vissuto in Gambia. Ha quasi 20 anni e come suo padre ha lavorato fin da piccolo nel campo dell’edilizia. Non un semplice muratore o imbianchino: la professionalità della sua famiglia ha contribuito anche alla realizzazione di opere importanti nella capitale Bajul: «Lavoravamo tanto in Gambia. Avevamo contratti con quattro aziende importanti per la costruzione di centri direzionali e altre opere grandi. La mia famiglia ha lavorato anche alla realizzazione delle opere che oggi si trovano in piazza Tabakorot».
Una vita tranquilla, insomma. Almeno sul lavoro. Eppure nel suo Paese il regime dittatoriale opprimeva la vita del popolo che inizia così a ribellarsi e a scioperare. «A dicembre 2016 ci fuorno una serie di incidenti molto gravi: durante uno sciopero contro la dittatura la polizia ha iniziato a sparare sui manifestanti. Chiedevano la nascita della democrazia, non c’era violenza eppure alla fine degli scontri diversi manifestanti sono rimasti uccisi».
Badjie sa che la polizia sta cercando anche lui che era tra i manifestanti. Per tre giorni ha cercato di nascondersi e poi ha capito che per salvarsi doveva fuggire. «Sono stato prima in Mauritania e ho provato a lavorare. Poi è iniziato l’avvicinamento all’Italia attraverso in Niger e la Libia. Sono stato tre mesi a Saba tre e due mesi a Tripoli. In ogni posto in cui sono stato ho sempre trovato lavoro, ma la Libia è un posto pericoloso e così con altri 130 compagni mi sono imbarcato per scappare e raggiungere l’Italia».
Dal 6 dicembre scorso è ospite a Costruiamo Insieme dove sta seguendo le lezioni di italiano: « Mi trovo bene con la gente che lavora qui. Mi accorgo davvero che si prendono cura degli ospiti. La lingua italiana non è semplice – sorride Badjie – ma so che è fondamentale e io voglio impararla. Voglio farlo perché ho bisogno di trovare un lavoro: solo così potrò portare qui mia moglie e i miei tre splendidi figli».
Il racconto di Badje poi torna alla sua vita in Gambia: il lavoro, la politica e gli hobby. «Tante cose mi mancano: andavo spesso in palestra. Quando mi allenavo il mio corpo era libero. E anche io mi sentivo libero. Ora voglio ricominciare per raggiungere i miei sogni. Il più importante? Sono tanti e tutti importanti, ma se ora dovessi sceglierne uno direi che vorrei rivedere mio padre: è anziano e sogno di riabbracciarlo prima che sia troppo tardi».