Papa Francesco in Mozambico 

«A volte, quanti si avvicinano con il presunto desiderio di aiutare, hanno altri interessi. Siamo tutti parte di uno stesso tronco». Dal 2002, il progetto “Dream”, esteso in dieci Paesi africani: più di centomila i bambini nati sani da madri sieropositive.

«A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici». Sua santità, Papa Francesco, a Maputo in Mozambico. Una riflessione universale che va oltre i confini del Paese.

E’ l’ultima scossa che imprime al mondo intero, non solo una popolazione in sofferenza nonostante gli impegni e un accordo di pace siglato bel 1992, ma ancora non del tutto semplice da applicare in ogni punto sottoscritto.

Amare i nemici. Sua Santità si spiega in portoghese. Applausi commossi. Ma Papa Francesco sa che il processo per accettare un simile invito è lungo. Bisogna sforzarsi. Non lo dice lui, riporta a quel popolo martoriato dalla sofferenza, le parole di Cristo. «Gesù con l’invito alla gente, “amare i nemici”, vuole chiudere per sempre la pratica tanto comune secondo la quale si possa essere cristiani e vivere ugualmente secondo la legge del taglione: non si può pensare il futuro, costruire una nazione, una società basata sull’“equità” della violenza. Non possiamo seguire Gesù se l’ordine che promuovo e vivo allo stesso tempo, è questo: “occhio per occhio, dente per dente”».

Papa Francesco, per dirla in due parole, è uno che non le manda a dire. Il suo Pontificato, dal primo giorno, non lascia scampo a interpretazioni. Essere cristiani, dunque, costerà sacrifici. Sorvolare alla cattiveria altrui, come rinunciare al proprio benessere a discapito di migliaia di persone.

Sono oltre quarantamila, invece, le persone che lo accolgono nello stadio di Maputo fra canti, balli e grida di gioia. E’ l’ultima messa di Francesco in Mozambico, prima della partenza per Antananarivo, capitale del Madagascar, seconda tappa del suo viaggio in Africa.

Il Papa aveva già visitato l’ospedale di Zimpeto, una fondazione della Comunità di Sant’Egidio. Quante baracche circondano il centro cittadino, la zona abitata da coloni portoghesi fino all’indipendenza e dove oggi esistono moderni grattacieli.

FINE AL MILITARISMO

Anni difficili, poi l’accordo di qualche settimana fa con cui si è scritta la parola “fine” a interventi militari. L’invito di Papa Francesco è rivolto a quanti hanno fede, ai cristiani per primi, perché lavorino per la pace chiudendo una volta per tutte , ripete Sua santità, «la pratica tanto comune – ieri come oggi – nell’essere cristiani vivendo secondo la legge del taglione». «Non si può pensare il futuro – insiste – una nazione, una società basata sull’equità della violenza: non posso seguire Gesù se l’ordine che promuovo e vivo è questo: “occhio per occhio, dente per dente”». «Nessuna famiglia – riprende Papa Francesco – nessun gruppo di vicini, nessuna etnia e tanto meno un Paese, ha futuro, se il motore che li unisce, li raduna e copre le differenze è la vendetta e l’odio».

Il Mozambico è un Paese che vanta ricchezze naturali e culturali. Nonostante ciò, gran parte della popolazione vive al di sotto del livello di povertà. «A volte – ha detto Sua Santità – sembra che quanti si avvicinano con il presunto desiderio di aiutare, abbiano altri interessi. E’ triste quando ciò accade tra fratelli della stessa terra che si lasciano corrompere; è molto pericoloso accettare che questo sia il prezzo che dobbiamo pagare per gli aiuti esterni».

ABBATTIAMO L’AIDS

Fra le diverse piaghe del Paese, l’Aids. Francesco ne parla durante la sua visita nell’ospedale di Zimpeto, fondato dalla Comunità di Sant’Egidio. «Non è impossibile sconfiggerlo. Questo Centro ci mostra che c’è chi si è fermato e ha sentito compassione, chi non ha ceduto alla tentazione di dire “non c’è niente da fare”, “è impossibile combattere questa piaga” e si è dato da fare con coraggio per cercare delle soluzioni».

A Maputo, una persona su quattro è sieropositiva. Dal 2002 Sant’Egidio ha avviato il progetto “Dream”, esteso in dieci Paesi africani, grazie al quale più di centomila bambini sono nati sani da madri sieropositive. Il sogno di un’Africa libera dal contagio del virus sembra possibile. Molte donne salvate da “Dream” girano per gli slum e le zone più povere e sperdute del Paese per raccontare alle altre donne che una soluzione esiste, che si può vivere anche se sieropositive, che esiste una speranza. Gli attivisti dell’ospedale, in buona parte donne, hanno costituito l’associazione “EuDream”, persone che hanno sperimentato su di sé l’efficacia delle terapie e si impegnano a informare sulle prescrizioni sanitarie fondamentali e convincere chi è malato a curarsi. Girare, raccontare storie, tendere la mano anche a chi, fino a ieri, per un qualsiasi motivo era contro, è lo scopo cristiano. O comunque di chi ha fede. Cominciando con il convincere che non è giusto trarre beneficio per pochi e a farne le spese siano migliaia, centinaia di migliaia di persone innocenti. La migliore “arma”, spiega Papa Francesco, è il perdono.