Mario Balzanelli, direttore del numero unico dell’emergenza sanitaria
«E’ un vanto che il nostro Paese rivendica a livello internazionale.Assicuriamo massima assistenza attraverso un corpo scelto. Sette cittadini su dieci affollano inutilmente il Pronto soccorso. Mancano quaranta medici. Due le tragedie estive: i due bambini soffocati da un chicco d’uva, la gente che assisteva e non chiamava i soccorsi. Corsi di primo soccorso e defibrillatori nelle scuole, una vittoria dedicata a mio padre».
Mario Balzanelli, altro gradito ospite del sito e della web radio “Costruiamo Insieme”. Da anni punto di riferimento del “118”, si racconta e interviene per spiegarci il Sistema sanitario nazionale e locale.
«Sono direttore del “118” dal 2009, ho ricevuto dall’Asl di Taranto incarico di costruire questo sistema nel 2001, anno in cui ho cominciato a lavorare come coordinatore del progetto e, successivamente, vinto il concorso della struttura complessa del sistema sanitario del “118” di questa provincia».
Cosa significa “118”?
«Significa sistema salva-vita del cittadino italiano, un vanto che il nostro Paese rivendica a livello internazionale; questo numero unico per l’emergenza sanitaria assicura massima assistenza attraverso un corpo scelto, un servizio sanitario costituito da medici, infermieri e autisti-soccorritori a bordo di mezzi di soccorso; il sistema, collaudato, consente di raggiungere chiunque si senta male, chi rischia in quel momento di morire, prestando soccorso in un contesto particolare che è “tempodipendente”: in pochi minuti raggiunge chi ha bisogno di cure immediate, risultando la vera garanzia istituzionale a tutela della vita di sessanta milioni di persone».
Mezzi e uomini, al di sopra o al di sotto delle necessità?
«Una lettura che faccio in qualità di presidente nazionale del “118” vede un sistema profondamente penalizzato, smontato, demolito, in qualche maniera depotenziato; questo l’ho dichiarato in più occasioni alla stampa nazionale: il “118” sta andando incontro a una progressiva desertificazione delle piante organiche medico-infermieristiche che, invece, andrebbero implementate a livello dei governi regionali e, quindi, rese disponibili per garantire che in pochi minuti il soccorso giunga a destinazione con adeguate professionalità medico-infermieristiche, capaci di fare insieme diagnosi e terapia, pratiche potenzialmente salva-vita e in grado di fare la differenza».
Spesso chi presta soccorso è mediamente oggetto di critiche.
«Il “118” risponde con parametri temporali in tempi validi; esistono casi più articolati, ma vi assicuro che siamo costruiti per arrivare presto; il problema delle attese nei Pronto soccorso in tutta Italia è davvero complesso: intanto il cittadino il più delle volte si reca in un presidio sanitario quando non avrebbe bisogno di cure; il Pronto soccorso, invece, dovremmo considerarlo una via d’uscita in tantissimi casi; esistono, infatti, situazioni cliniche di carattere minore che potrebbero essere tranquillamente gestite dallo specialista di riferimento rappresentato dal medico che si occupa di Medicina generale o il collega della Guardia medica; dati alla mano, il 70% dei casi registrati nei Pronto soccorso italiani, letteralmente presi d’assalto, sono gestibili in maniera diversa: 7 casi su 10, per farla breve, sono pazienti che si recano lì con i loro mezzi, le loro gambe; in sostanza: non sono quelli i posti in cui recarsi.
Con la desertificazione medico-infermieristico cui accennavo, il “118” che non ha a bordo il medico, non può lasciare a casa il paziente che ha chiesto il pronto intervento; il team quando non è infermierizzato e medicalizzato è costretto a condurre il paziente in ospedale. Il presidio sanitario, dunque, diventa il crocevia di un ingolfamento generale che vorremmo evitare. Faccio un esempio: il “118” di Taranto che ha una carenza cronica di personale – mancano all’appello 40 medici su 95, e governiamo la provincia intera, per complessivi 29 comuni – riesce in qualche modo a garantire la medicalizzazione, tanto che nel 40% dei casi riusciamo a far restare a casa il paziente; in altri “118” d’Italia, il personale è ancora più carente, cosicché l’utenza non trova altra soluzione che recarsi al Pronto soccorso».
Un’estate calda, due casi l’hanno colpita.
«Due tragedie accadute a pochi giorni di distanza una dall’altra e che ci hanno segnati in modo grave: due bambini, Maria Chiara, a Marina di Lizzano, e l’altro bambino, Niccolò a Leporano. Entrambi fra i due e i tre anni: si trovavano con i rispettivi genitori che in quel momento stavano mangiando: mettono in bocca un chicco d’uva e lo deglutiscono; l’acino sbaglia “strada” e provoca ostruzione alle vie respiratorie in modo totale, drammatico; i due casi sono simili, ma uno in particolare vede una decina di persone spettatrice immobile: a nessuno viene in mente di chiamare tempestivamente il”118”; capisco i genitori nel panico più totale, ma quanti stanno attorno? I nostri tempi sono stati velocissimi, nel primo come nel secondo caso, ma la totale ostruzione delle vie aeree lascia tre, quattro minuti al massimo prima di provocare la totale asfissia. Un’estate funestata da una perdita evitabile, tant’è che come Azienda sanitaria locale abbiamo deciso di intensificare lo sforzo di formazione della popolazione della provincia, creando eventi specifici che dedicheremo alla memoria dei due bambini, Grazia e Niccolò, affinché queste manovre vengano gratuitamente insegnate in spazi aperti e nei comuni che vorranno ospitarci, pratiche che volentieri spiegheremo anche negli ipermercati Auchan e Ipercoop, che ringrazio per l’ospitalità. Il tutto affinché papà e mamme possano imparare a praticare manovre salva-vita».
“Un messaggio per non morire”, un defibrillatore e corsi obbligatori di primo soccorso nelle scuole italiane e negli impianti che ospitano attività sportive e pubblico, sono alcune delle attività in cui è stato impegnato il direttore del “118”, Mario Balzanelli. Un giorno è suo padre Graziano, già alto dirigente della Sanità locale, ad essere vittima di un attacco cardiaco e al tempo stesso del sistema sanitario.
«Mio padre, Graziano Balzanelli, in famiglia ha rappresentato il faro della nostra esistenza, un uomo straordinario, orientato solo a fare il bene del prossimo, un campione del volontariato; attraverso la fede cristiana che ha trasmesso a noi tutti, ho imparato che bisogna impegnarsi per cambiare le cose. Nell’occasione infausta, ci eravamo sentiti pochi minuti prima; all’epoca lavoravo come medico a San Giovanni Rotondo, sarei arrivato a Taranto pochi minuti dopo, ma mai mi sarei immaginato di rivedere mio padre in obitorio; lui era davanti a casa nostra, avevamo appuntamento al Royal Bar, quando ebbe quell’arresto cardiaco improvviso; davanti a quella dimensione così sciatta, assurda, folle di un soccorso negato, promisi che mi sarei speso perché cose simili in futuro non fossero più accadute.
Era successo a 400 metri in linea d’aria dal SS. Annunziata di Taranto, un’ambulanza era arrivata quarantacinque minuti dopo, senza l’operatività di una bombola di ossigeno e con a bordo di quel mezzo di soccorso nessuno che sapesse a quali pratiche fare ricorso per salvare la vita a mio padre. E’ a lui che ho dedicato la costruzione di un solido “118” a Taranto, sicuramente fra i primi al mondo nell’aver rianimato un numero indicibile di pazienti che aveva subito arresto cardiaco senza esiti neurologici invalidanti. La dedica a mio padre la resi nota solo alla fine della raccolta di firme a cui collaborò con grande impegno Ciro Fiore. Grazie a quella legge sono otto milioni gli italiani, studenti formati nelle scuole, docenti e personale scolastico, a sapere usare un defibrillatore utile a salvare vite umane».