Attori contro Netflix, non fornirebbe informazioni sui compensi maturati

«Compensi totalmente inadeguati rispetto ai film e alle fiction che trasmette», dicono gli artisti. «C’è difficoltà nel misurare l’effettiva rappresentatività delle diverse società che fanno gli interessi degli assistiti e individuare il repertorio che tutelano»

 

Pensavamo che fra Netflix e il cinema realizzato per la tv fosse amore, invece era un calesse. O comunque una zona grigia che in molti, adesso, vogliono schiarire. Tanto che molti attori che vogliono finalmente vederci chiaro minacciano di far saltare il banco.

«Netfilx è la nuova frontiera, le sale cinematografiche sembrano superate: ci sono gli incassi, ma le produzuoni hanno costi sempre più alti: dunque, Netflix e piattaforme simili rappresentano per mlti che fanno questo lavoro il futuro». Carlo Verdone, in una intervista di qualche mese fa. Poi parte la sua produzione, “Vita da Carlo”, una fiction tra realtà e fantasia. Fa numeri importanti e resta in attesa. Riprende, intanto, la nuova stagione. Ma Verdone è uno degli artisti e registi che garantiscono ascolti. E allora? Può lavorare solo l’artista romano?

«Ormai la maggior parte di noi, sta conun piede qua e uno là, cioè fa il cinema, arriva nelle sale, sempre meno a favore anche delle multisala se vuoi, ma poi quando fai produzione con Netflix e firmi contratti legati agli ascolti, dunque a gratifiche in seguito al gradimento del pubblico? Ti fanno ok con il pollice, cioè che tutto va bene, ma tacciono sugli ascolti». Pietro Sermonti, scherzando in un salotto fra youtube e podcast, “Tintoria”, oltre mezzo milione di contatti.

 

 

DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA

Due facce della stessa medaglia, perché anche Verdone vorrà vederci chiaro nel contratto che lo lega alla nuova piattaforma che fa abbonamenti e ascolti, ma che non si pronuncia sul gradimento del pubblico. La storia è semplice: tempi complicati, non circolano molti soldi come un tempo e, allora, proviamo con Netflix. Contratto basico, legato però agli ascolti. Più gente vede un programma, un telefilm, una produzione – vendibile anche all’estero, perché no – e più guadagnano tutti. E qui nasce il malinteso. Perché attori, registi, maestranze accettano, scommettono sui progetti, ma quando c’è da tracciare una linea e fare due conti, nessuno di Netflix si pronuncia. C’è la consegna del silenzio. Ma passa il tempo, qualcuno chiede spiegazioni, gli rispondono che lui e i colleghi le spiegazioni (e i conteggi) le avranno e, nel frattempo, passano tre, quattro, cinque mesi, anche sei. E, adesso, basta.

Dopo mesi di richieste e trattative per compensi «equi e proporzionati», registra Fanpage.it, gli attori italiani hanno deciso di passare alle maniere forti e di fare causa nei confronti di Netflix depositando la denuncia al Tribunale di Roma. Solo alcuni dei nomi della squadra di attori decisi a farsi rispettare, perché il tempo dell’attesa è finito: Neri Marcoré, Alberto Molinari, Carmen Giardina Elio Germano, Michele Riondino e Claudio Santamaria, attaccano il colosso della televisione in streaming. Protestano. «Compensi totalmente inadeguati rispetto ai film e alle fiction che trasmette». Artisti 7607, l’agenzia che cura gli interessi degli attori e registi appena menzionati e tanti altri ancora, pensa che Netflix perda tempo, «butti la palla in tribuna» come si dice nel calcio. Al centro della discussione la scarsa trasparenza da parte della società sulle informazioni riguardo a quante persone seguano un film, una serie o una fiction, tanto in Italia quanto all’estero. E, dunque, quali sarebbero le cifre che guadagna su ciascuno dei progetti condivisi con attori e registi.

 

 

«PERCEPIAMO CIFRE RIDICOLE»

«Una mancanza di informazioni che permetterebbe a di versare ad attrici e attori cifre del tutto risibili», spiega Artisti 7607 e Fanpage.it riprende. Cinzia Mascoli, presidente dell’agenzia entra nel dettaglio. «La causa – dice – è l’inevitabile conseguenza di lunghe trattative nel corso delle quali la piattaforma non ha ottemperato agli obblighi di legge; non ha fornito dati completi sulle visualizzazioni; e i ricavi conseguiti in diverse annualità. Parliamo di opere di grande successo, casi in cui gli artisti si vedono corrispondere cifre insignificanti e totalmente slegate dai reali ricavi.

Già il fatto di disattendere richieste e chiudersi in una sterile difesa è motivo di tensione. «Per questo motivo – riprende la Mascoli – attendiamo sostegno e vigilanza da parte delle istituzioni per tutelare i nostri diritti: e norme oggi ci sono e bisogna farle rispettare».

Invitata a dare spiegazioni sulla vicenda, Netflix conferma «Gli accordi ufficiali firmati con diverse società che rappresentano gli attori: accordi che hanno preso forma sia in Italia che all’estero. Un’intesa è stata raggiunta con il Nuovo Imaie, che pure rappresenta tanti artisti, addirittura il 75-80% degli attori. L’Italia attualmente ha tre società che rappresentano attori e creativi. Circostanza secondo la piattaforma che non avrebbe favorito il dialogo, anche per la difficoltà di misurare l’effettiva rappresentatività delle diverse società e di individuare il repertorio che tutelano». Ecco, come dicevano alcuni attori, «palla in tribuna». E la prossima settimana si ricomincia. Anzi, non si è mai smesso.