Antoine, guineano, ventuno anni, si racconta. «Papà morto a causa di un sortilegio. Studiavo, mi sono inventato muratore»
Lorologio al polso indica le 10.10. Pomeriggio, sul Lungomare, due passi dal Centro di accoglienza straordinaria di via Cavallotti, seduti davanti a un cappuccino. Antoine, ventuno anni, parla francese (un operatore fa da interprete). Arriva dalla Guinea dopo un viaggio di due anni. A casa ha lasciato mamma, due fratelli e una sorella. Il papà, dice serio, «è stato vittima di un sortilegio».
Lorologio fermo alle dieci e dieci. Antoine spiega lequivoco delle lancette. «E scarica la pila dice non ho idea quanto possa costare sostituirla, ma esistono cose più importanti in questo momento: le ricariche telefoniche, quelle sono più importanti rispetto al conoscere lora esatta; sentirmi con mamma e i miei fratelli, questo è importante».
Importante. Un aggettivo torna spesso nei ragionamenti di Antoine. Come lo scappare dal proprio Paese, dove una querelle tra famiglie improvvisamente potrebbe avere risvolti di una faida.«Questione di terreni entra nello specifico di proprietà di mio padre, morto a causa di unamalattia satanica: i parenti dicono che quei terreni non spettano a noi e gridano vendetta; vivevo nel terrore, per questo motivo ci picchiavamo senza esclusione di colpi».
Papà vittima di una malattia satanica…
Malattia satanica. «A mio padre fecero un sortilegio, gli augurarono il peggio, tanto che presto si ammalò e morì». Non dà altre spiegazioni allaccaduto. Perdere il papà in modo misterioso per Antoine è stato lelemento principale ad avere scatenato i risentimenti familiari. Il viaggio per lItalia, un calvario. «Due anni per arrivare qui dice attraverso Algeria e Libia; in Guinea studiavo, ma una volta lontano da casa per guadagnare quei pochi soldi da mettere da parte ho dovuto inventarmi un mestiere, così in Algeria mi sono improvvisato muratore». Quel periodo, una scuola di sopravvivenza. «Ero ospite in una famiglia, mangiavo e dormivo lì, mi avevano preso subito a benvolere: quando e se avrai i soldi questo il patto non scritto ripagherai la nostra ospitalità; avevo trovato una seconda famiglia, in Africa spesso funziona così: abbiamo poco e quel poco è di tutti, a volte anche di chi sta peggio di noi; dopo aver ripagato la loro generosità, sono andato via, dovevo alleggerire quella famiglia della mia presenza e riprendere il mio viaggio verso una terra più ospitale, la mia fuga per la libertà era appena cominciata».
Algeria, poi Libia. «Si parla tanto di razzismo sottolinea ancora Antoine ma anche in Africa non cè da stare
allegri, io stesso durante il passaggio da un Paese allaltro sono stato vittima di sassaiole, il colore della mia pelle era il bersaglio preferito di gente che si armava di pietre e le scagliava con violenza contro me e gli altri miei compagni per farci scappare: qualcuno nella fuga veniva colpito, momenti drammatici, impossibile dimenticarli».
Aggrapparmi a un sogno…
In Italia per aggrapparsi a un sogno. Antoine dà lidea afferrandosi a una ringhiera del Lungomare.«Voglio completare i miei studi, poi viaggiare, girare il mondo per trovare un posto accogliente che mi prometta un futuro: voglio apprendere il più possibile, imparare meglio litaliano e rendermi utile alla società».
Un sogno per volta. «Gioco al pallone, il mio idolo è Cristiano Ronaldo, certamente non per quello che guadagna, ma per come gioca al calcio; prima completo gli studi, poi penso a giocare, credo di saperci fare con il pallone fra i piedi».
Storia delle lancette bis, altro piccolo equivoco. Gli chiediamo quanto sia alto. «Un metro e settanta argomenta alzandosi dalla sedia centimetro più, centimetro meno!». Anche qui le cose non stanno come sembra, Antoine è molto più alto. Alassane, loperatore del Centro di accoglienza straordinaria traduce a parole e gesti la nostra perplessità. «Credetemi, qualche anno fa ero un metro e settanta!». Avanziamo una ipotesi, lultima volta laltezza lavrà misurata minimo dieci anni fa. In piedi, infatti, supera il metro e ottanta, il ragazzo guineano può ambire a un provino con la sua Juventus. «Dybala, un giocatore mostruoso!». Non ha fretta, il pallone di cuoio che nel suo Paese prendeva a calci anche a piedi nudi, può attendere. «Prima lo studio, senza quello mi hanno insegnato non vai da nessuna parte e io sogno di muovermi, avere un futuro migliore; possibilmente una vita non violenta, a questa dalle mie parti ti abitui da bambino».