Decima edizione della rassegna voluta da Michele Riondino
Meglio della manifestazione di piazza San Giovanni a Roma. «Per la politica italiana questa città resta l’unico luogo in cui il cittadino conta ancora, la mia città deve esistere come metafora della necessità di essere presenti», dice l’attore. Con lui la direzione artistica di Roy Paci e Diodato. Nel ricco cast, fra gli altri: Francesca Michielin, Samuele Bersani, Vinicio Capossela, Ron, Niccolò Fabi, Nino Frassica, Willie Peyote, Renzo Rubino e i Terraross. Interventi sulle vertenze del lavoro e dell’ambiente
Taranto al centro dell’1 Maggio, giorno in rosso dedicato ai lavoratori e alle loro lotte, costate sacrifici e vita a migliaia e migliaia di italiani. La Città dei Due mari diventa centrale nel progetto di quello che da più parti viene indicata come la rassegna che sfida a pieno titolo quel poco rimasto della “Festa dei lavoratori” celebrato a Roma, con tanto di cast fatto dei soliti amici noti, in diretta televisiva.
In attesa di vedere come andrà a finire, con un nuovo governo che non presta del tutto il fianco a festival ed eventi che possano evocare il senso politico di una sinistra col fiato corto (“democratico partito”, come ironizza l’attore-cantante-cabarettista Alberto Patrucco).
Detto che non è stata del tutto confermata la lunga non-stop televisiva in piazza San Giovanni a Roma, di Taranto si sanno molte più cose. Anche stavolta l’attore Michele Riondino – primo nemico giurato dell’industria inquinante – ha lavorato bene, tenendo fede al suo impegno assunto più di una decina di anni fa (di mezzo una pandemia), quando quella prima edizione sembrava destinata a restare un “numero zero”. Invece, ecco la decima puntata, sempre più ricca, con artisti amatissimi per impegno artistico.
CAST “TUTTESTELLE”
Questo, al momento, il cast: Francesca Michielin, Marlene Kuntz, Samuele Bersani, Vinicio Capossela, Ron, La Rappresentante di Lista, Gemitaiz, Carlo Amleto, Fido Guido, Luca De Gennaro, Meg, Mezzosangue, Niccolò Fabi, Nino Frassica con la band, Omini, Vasco Brondi, Tonino Carotone, Studio Murena, Willie Peyote, Renzo Rubino, Kento, Terraross e Venerus.
Uno Maggio “libero e pensante”, e non condizionato dalla mischia politica, come sottolineato dal movimento civico che cambiò la storia politica della città. il concertone di Taranto giunto, si diceva, alla decima edizione, mette al centro la parola “libertà”. C’è una novità assoluta quest’anno sul palco allestito nel parco archeologico delle Mura Greche: la Uno Maggio Orchestra. Una band creata ad hoc, composta da musicisti che interagiranno con molti degli artisti invitati Roberto Angelini (chitarre), Fabio Rondanini (batteria), Gabriele Lazzarotti (basso), Adriano Viterbini (chitarre), Andrea ‘Fish’ Pesce (tastiere), Rodrigo D’Erasmo (violino), Beppe Scardino (sax baritono e flauto), Stefano ‘Piri’ Colosimo (tromba). Alla conduzione dell’Uno Maggio tarantino, alcuni dei volti e delle voci che hanno presentato l’evento a partire dalla prima edizione: Valentina Correani, Martina Martorano, Valentina Petrini, Serena Tarabini e Andrea Rivera.
«NOI “SCAPPATI DI CASA”?»
Come in ogni edizione, le esibizioni musicali saranno intervallate dagli interventi di attivisti, lavoratori dell’ex Ilva in “amministrazione straordinaria”, della comunità di Cutro, dei giovani di “Fridays for future”, alternando le esecuzioni musicali alle vertenze del lavoro e dell’ambiente. Direttori artistici dell’Uno Maggio tarantino: Michele Riondino, Antonio Diodato e Roy Paci. «Taranto – sostiene Riondino – resta per la politica italiana l’unico luogo in cui il cittadino, chi vota, ha la possibilità di contarsi. Il fallimento delle politiche di sinistra sta nel fatto che ormai ci contiamo in pochi, ma questo non vuol dire che non esistiamo, vuol dire che Taranto deve esistere, è una metafora della necessità di essere presenti».
«Il Pd – prosegue Riondino – ha sfornato non so quanti decreti salva-Ilva: siamo un’occasione per il Pd, per un nuovo sindacalismo, una nuova sinistra italiana: finché ci vedranno come “quattro scappati di casa che se la cantano e se la suonano”, non avremo voce né rappresentanza».