L’Arcivescovo di Taranto, in esclusiva a “Costruiamo Insieme”
«Con i social abbiamo posto rimedio a una Pasqua singolare. Una partecipazione e un insegnamento importanti. L’incontro con l’Addolorata e il Signore, una preghiera per le vittime del virus e i più deboli. Il mio pellegrinaggio fra chiese, ospedali e casa circondariale. Papa Francesco e un messaggio gioioso: cancelliamo il Debito pubblico nei paesi in sofferenza»
Una Pasqua singolare, vissuta fra le mura domestiche, ma vissuta cristianamente attraverso mezzi di comunicazione e social. Protagonista in una lunga serie di eventi di preghiera, l’arcivescovo di Taranto, monsignor Filippo Santoro, che ha concesso al nostro sito e alla web radio “Costruiamo Insieme” una lunga intervista.
Pasqua e Lunedì dell’Angelo appena trascorsi. Qual è il futuro di fede e preghiera che ci attende?
«La Settimana santa appena trascorsa, che non ha precedenti a causa dell’emergenza sanitaria provocata dal coronavirus, non ci ha resi orfani della fede. Privati dalla partecipazione popolare, delle grandi processioni, dei pellegrinaggi, della gente che affollava le nostre chiese, momenti di preghiera a cui il popolo tarantino è legato, abbiamo comunque posto rimedio all’esperienza della comunità dei credenti, vivendo insieme il Triduo pasquale, Passione, morte e resurrezione del Signore come parte della propria vita».
Il ruolo di social e mezzi di comunicazione.
«Grazie ai mezzi di comunicazione è stato possibile partecipare fin dal Giovedì santo alla Messa della Cena del Signore, anche senza Lavanda dei piedi. Mi sono recato nel Santuario di San Domenico, per rivolgere una preghiera alla Madre di Dio: ho incrociato lo sguardo dell’Addolorata. Mi ha commosso in modo intenso, come la prima volta nella quale mi sono trovato al suo cospetto: le ho portato il dramma di tutta la gente, ho chiesto alla Madre di esserci vicina, confortarci, intercedere con il Signore perché questo disastro potesse finire, a Taranto, come in tutta Italia e nel mondo intero. E lo sguardo della Madre, pieno di dolore e dolcezza, ha trasmesso un messaggio di speranza, “Io sono con voi!”».
Una esperienza di fede che ha ripetuto.
«Quando mi sono recato nella chiesa di San Giovanni di Dio per celebrare la liturgia del Venerdì santo, incrociando il Cristo del SS. Crocifisso: un dolore grande misto a una dolcezza infinita; momento di preghiera che ho ripetuto al cospetto di Gesù morto nella chiesa del Carmine, nel centro cittadino, dove erano esposti i vari Misteri della Passione; con i pochi presenti, ho rappresentato un’intera comunità cristiana: ogni Mistero uno sguardo, una proposta di amore, per seguire il Signore nella sofferenza anche di questi giorni. Infine, la Veglia pasquale, celebrata nell’antica cattedrale di San Cataldo, altra grande esperienza di fede. La risposta dei “social” è stata intensa, come se questo senso di appartenenza, anche risvegliato se vogliamo, potesse essere vissuto anche così. Stessa emozione provata la domenica di Pasqua, quando mi sono recato nella Casa circondariale per fare visita ai detenuti: come sempre, ho ricevuto una grande accoglienza, le donne hanno fatto dono di mascherine realizzate in questi giorni; gli uomini, invece, hanno confezionato delle “scarcelle” per i “senza fissa dimora” del Centro notturno “San Cataldo vescovo”. Mentre impartivo la benedizione, la gente si affacciava, applaudiva, rivolgeva gli auguri di Buona Pasqua per ricambiare una visita che, come tutti gli anni, ripeto anche a Natale».
Altro incontro significativo, negli ospedali “SS. Annunziata” e “San Giuseppe Moscati”.
«Insieme con le autorità sanitarie ho rivolto una preghiera affinché la Scienza fosse messa a difesa della salute, della vita, con una benedizione dei pazienti. E’ il risveglio di una umanità che sente il momento difficile, ha bisogno di sentirsi unita e necessita di un amore sempre più grande che la sorregga. Questa esperienza potrà proseguire, ma spetta a noi tutti farla crescere nella vita quotidiana. L’Annuncio della Resurrezione è la speranza, non solo per la vita eterna – abbiamo perso tante persone a causa del virus – ma anche la domanda che nasce dal sentirsi fragili, presi alla sprovvista, come a domandarsi: “Ma come, noi che con la Scienza sentivamo di avere il controllo del mondo, qualcosa di inatteso ci ha colti alla sprovvista e messi all’angolo?”».
Cos’è la Scienza.
«Un elemento preziosissimo, al servizio della condizione umana nel suo insieme. Sentivo anche quell’espressione, ripetuta quasi fosse un mantra, “Andrà tutto bene”; non sono d’accordo: c’è un grave tributo di morti che stiamo pagando, fratelli che non ci sono più; dobbiamo, invece, impegnarci nel seguire con il massimo rigore le indicazioni che ci vengono impartite nel vivere in isolamento; a Taranto, rispetto alle altre province pugliesi, c’è un contagio meno diffuso, ma ciò non significa permettersi di abbassare la guardia: dobbiamo essere attenti e rigorosi. Dobbiamo fare tesoro del Signore risorto e in mezzo a noi».
Abbiamo conosciuto “l’esperienza della fragilità”, ha detto. Cos’altro deve insegnarci un vissuto così drammatico?
«Ci ha insegnato, intanto, a non considerarci i dominatori dell’universo, ma ad essere più realisti: da un momento all’altro si spengono migliaia di persone; accade qualcosa di desolante, il decesso di anziani, medici, operatori sanitari, la scomparsa di 104 sacerdoti deceduti impegnati nell’offrire i sacramenti; come possiamo ignorare immagini come i camion dell’esercito che trasportano defunti o le ceneri di questi? Tutte considerazioni che ci conducono a rivolgerci domande come “Chi siamo, per considerarci onnipotenti e dominatori della storia?”.
Abbiamo risorse enormi, ma è nostro compito farne tesoro e metterle a disposizione per un progresso più giusto, uno sviluppo economico diverso rispetto a quello esistente. E’ cambiata la prospettiva: utilizziamo questi segnali per fare del bene, poniamo al primo posto la vita e la salute, non il profitto, l’accumulo dei beni, il consumo compulsivo. Questa è la grande lezione che ci è data».
A detta di molti, questa sciagura ci renderà più buoni. Ma è proprio necessario che l’uomo debba essere sottoposto a prove così forti per accorgersi quanto sia importante l’esperienza della vita?
«Uscirne più buoni, non è automatico; ci sono inchieste su violenze consumate fra le mura domestiche, per esempio; occorre fare un passo avanti nella libertà del cuore, rispettare il significato della vita e non pensare che l’accumulo di beni sia lo scopo principale per il quale si vive. Occorre, invece, costruire una realtà in cui sia rispettata la dignità delle persone: non è automatico, dicevo, questo salto in avanti, è necessaria la collaborazione di persone di buona volontà».
Eccellenza, papa Francesco si è rivolto al mondo intero, non solo a quello cattolico: siamo tutti fratelli.
«Un messaggio straordinario, di condivisione del dramma umano; l’uomo non innalzi mura, non chiuda i porti, ma tenga il cuore spalancato: siamo tutti nella stessa barca e dobbiamo remare tutti insieme, nella stessa direzione.
Altro grande appello di Sua Santità: l’abolizione del Debito pubblico nei Paesi deboli e riconoscere ai più poveri una rendita modesta, ma decorosa. Sono stato per diversi anni in America latina, conosco certe realtà: il peso di una grave situazione economica soffoca un qualsiasi Stato in via di sviluppo. La cancellazione del Debito, a suo tempo, l’aveva già proposta Papa Giovanni Paolo II nel Giubileo del 2000; molti Paesi si sono ripresi rendendo possibile un cammino che ha posto al centro la dignità delle persone e il dialogo fra i popoli: le differenze non siano ostacoli, ma occasioni per dialogare, crescere insieme».
Uno sguardo alla nostra Puglia, alla città di Taranto, come può e deve rinascere il nostro territorio?
«Il primo invito che sento di rivolgere ai nostri concittadini è di continuare a vivere in isolamento fino a che ci è chiesto e prestare attenzione alla ripresa: se pensiamo che questa sciagura sia stata solo una parentesi, abbiamo sbagliato tutto; è stata ed è, invece, una lezione di vita: dobbiamo stare in casa, uscire lo stretto necessario, oppure per lavoro, ma sempre prestando massima attenzione; da quanto accaduto abbiamo imparato a mettere la salute avanti a tutto, prima di un qualsiasi profitto personale».
Non fa mai mancare il sostegno e una parola per i più deboli.
«Dobbiamo sforzarci ad offrire al prossimo un lavoro degno, che possa far crescere la persona perché questa si realizzi nel rendersi utile alla società: un qualsiasi essere umano vive non quando ha una rendita, ma quando è impegnato in un’opera. Del resto, nel lavoro piccolo e grande siamo collaboratori della potenza creatrice di Dio. Infine, abbiamo una ricchezza che parte dalla bellezza naturale e dalla fede, prosegue nella cultura, grande esempio di una civiltà non arrogante, capace di dialogare, offrire un servizio all’intera società».