Il cortocircuito fra l’assoluto ed il relativo

Se etimologicamente il termine assoluto  significa «sciolto da», relativo è invece ciò che non ha l’essere, bensì soltanto l’esistenza, ovvero è unicamente a partire da qualcos’altro: esistenza vuol dire, infatti, “essere da”, cioè ricevere l’essere da un altro.

A dirla come il sociologo Mauro Magatti, quando si afferma la propria unicità e si rivendica il diritto di essere liberi, negando l’evidenza del fatto che noi siamo prima di tutto relazione con il contesto in cui viviamo porta alla modificazione e allo stravolgimento dello stesso rapporto con la realtà, perché tutto viene ricondotto alla propria valutazione, con un atto in cui la volontà di potenza diviene prevaricazione e prepotenza, fino ad arrivare alla perdita del nesso con il mondo in cui si vive.

Infatti, se l’unica cosa che interessa è quella dimensione della realtà su cui possiamo esercitare il nostro potere, riassorbendola nel nostro io, alla fine la relazione con qualsiasi altro da sé viene negata e ci si chiude in una visione unilaterale.

L’attuale diffuso modo di vivere e pensare crea crescenti difficoltà ad entrare in relazione con l’altro: mentre figure tradizionali del rapporto, come la promessa e la speranza, mostrano le potenzialità delle relazioni tra individui, l’attuale ipertrofismo dell’io porta spesso a vedere nell’altro solo ciò che è funzionale all’affermazione del se stesso. Il risultato è che non si dà una vera relazione con l’altro in quanto altro, nell’accettazione della sua alterità, evitando così il necessario impegno per un’analisi articolata della realtà esteriore e interiore.

Quando il maschio (la categoria di uomo sarebbe inappropriata!) si percepisce come “assoluto” e partorisce una idea della donna come “relativo” si sviluppa un algoritmo matematico che sviluppa numeri che non vorremmo mai vedere: negli ultimi 18 anni sono 3100 le donne vittime di femminicidio e da gennaio ad ottobre di quest’anno già 70, uccise brutalmente da chi sosteneva di amarle.

Uccise per amore”: contraddizione in termini e inaccettabile paradosso!

Una sorta di aberrante correlazione, come mi è già capitato di scrivere, con chi uccide nel nome di un dio!

La violenza maschile comincia nel privato delle case ma pervade ogni ambito della società e diventa sempre più strumento politico di dominio, producendo solitudine, disuguaglianze e sfruttamento” affermano dall’Associazione “Non Una Di Meno”. Vi invito alla lettura del manifesto per la giornata antiviolenza 2018.

https://nonunadimeno.wordpress.com/2018/11/06/24-novembre-2018-manifestazione-nazionale-di-non-una-di-meno-a-roma/