Graziano Galàtone, da “I fatti vostri” a “Notre Dame de Paris”
«Fare l’attore è un po’ come essere uno, nessuno o centomila», dice l’artista nato a Palagianello. «Devi misurarti con più ruoli, dal brillante al drammatico. In teatro è un’altra cosa, deve essere sempre “buona la prima”. Ai miei allievi insegno a credere in se stessi e non pensare ad eventuali “aiutini”: se non hai gli elementi fai poca strada»
Graziano Galàtone, nato a Palagianello, da anni è apprezzato interprete di numerosi musical nei quali ha rivestito il ruolo principale. Basti pensare al primo, originale, “Notre Dame de Paris”, che riprenderà il prossimo anno con un tour internazionale. Fra le altre interpretazioni, “Tosca-Amore disperato” di Lucio Dalla, “Il principe della gioventù” ispirato alla figura di Lorenzo il Magnifico, “Bernadette, il miracolo di Lourdes”, “I promessi sposi”. E’ stato protagonista su Raidue anche dell’ultima edizione de “I fatti vostri” per la regia di Michele Guardì, nella quale gestiva uno spazio musicale insieme con il maestro Demo Morselli.
Ti abbiamo lasciato con “Notre Dame de Paris” e ti ritroviamo mattatore.
«Il mio obiettivo è quello di essere eclettico, per dirla con Pirandello: essere uno, nessuno, centomila; fare l’attore è sapersi misurare con più ruoli, interpretazioni dal brillante al drammatico. Amo le sfide, ritengo importanti i workshop che svolgo con i ragazzi che mi seguono: metto a loro disposizione la mia esperienza, ma allo stesso tempo prendo da loro energia, fondamentale per chi ogni sera sale su un palcoscenico; importante, poi, la tv fatta con il maestro Demo Morselli nel programma “I fatti vostri” con la regia di Michele Guardì, un’esperienza che mi ha portato ad imparare ritmi da intrattenitore».
Dalla tua Palagianello, provincia di Taranto, a spettacoli in Italia e all’estero, il passo non è breve. Nel musical, per giunta, le attività artistiche sono diverse, tocca recitare, cantare, ballare.
«Il teatro richiede massimo rigore, vietato sbagliare: al cinema o in tv un “ciak” puoi ripeterlo, in teatro come nella diretta televisiva deve necessariamente essere “buona la prima”. Massima concentrazione, come un atleta che deve affrontare una gara devi dare il massimo: importante il momento di raccoglimento perché una volta in scena non perda il ritmo; non smettere mai di pretendere di più da te stesso: con il passare del tempo impariamo a conoscerci meglio e capire cosa possiamo dare ancora; è il bello di questo lavoro, provare a migliorarsi, avvicinarsi il più possibile alla perfezione».
Che effetto fa esibirsi con una orchestra importante come quella della Magna Grecia?
«E’ emozionate, intanto perché l’Orchestra della Magna Grecia, in forte crescita, è destinata a grandi successi e palcoscenici sempre più importanti; doppia emozione, se penso, invece, al periodo di confinamento cui siamo stati obbligati a causa del Covid-19; l’ho detto in scena, la mia porzione di spettacolo l’ho dedicata a quanti sono impegnati a vario titolo nel campo della musica, dell’arte, dello spettacolo: bisogna tornare ad essere una cosa sola, uniti come tutti gli elementi dell’orchestra e lo stesso pubblico che ha voglia di rompere ogni indugio e tornare a divertirsi. Sempre nel massimo rispetto delle norme previste dal DPCM, sia chiaro…».Quanto ci vuole a catturare il pubblico, poco, molto. Quanto è il “giusto”?
«La cosa che più mi affascina è lo stabilire una certa complicità con il pubblico: conquistare e farmi conquistare dalla platea; faccio ricorso a qualche elemento – ma, attenzione, non è un principio matematico – per tastare il polso agli spettatori: il pubblico, del resto, non puoi ingannarlo, se fa partire l’applauso è perché ha avvertito la sensazione che stai dando il massimo».
L’esperienza al servizio di chi vuole intraprendere questo mestiere.
«Spesso faccio stage, insegno arte scenica per mostrare come si sta su un palcoscenico, sul quale bisogna entrare dando il massimo, scrollandosi da qualsiasi incertezza».
Una cosa che Galàtone ai suoi allievi?
«“Semplice: credere in se stessi, prima che siano gli altri a credere in voi!”, è la massima che ripeto a quanti partecipano ai miei stage; insomma, se non siamo noi a volere una cosa, difficilmente gli altri ce la offriranno: i famosi “aiutini” che qualcuno spera di ottenere nel corso dell’attività artistica, servono a poco, la capacità non puoi inventartela».
Primo consiglio che, invece, si è dato?
«Essere forte. Chi fa questo lavoro ogni giorno è chiamato a gestire uno stato d’ansia, che poi non è tutto questo male: ritengo sia giusto alimentare quella fiammella che al momento giusto diventi sacro fuoco; prima di arrivare al successo ti assalgono i dubbi, è bene saper coltivare anche quelli, in quanto le certezze tante volte giocano brutti scherzi…».
C’è stato un momento in cui è stato assalito da un dubbio? E, se questo ci fosse stato, come lo ha risolto?
«Per chi fa questo mestiere, la famiglia è fondamentale; anch’io ho chiesto aiuto, incoraggiamento, alla mia famiglia; per uno che fa questo mestiere è importante avere un porto sicuro nel quale rifugiarsi quando viene assalito da un dubbio. Una volta raccolte le energie e avvertita la sensazione di esserti ricaricato a dovere, ecco che hai la percezione che un altro piccolo miracolo si sta compiendo: torni a credere in te stesso, senti che la tua vita è su quelle tavole e non vedi l’ora di tornarvi sopra, perché sai che quella polvere è il tuo ossigeno».