La storia di un ex ristoratore truffato dal socio

«Mio vecchio amico, sparisce con quattrocentomila euro. Andato a fare la spesa, mi accorgo che la carta di credito è completamente svuotata. Ho rivisto quel bellimbusto in tribunale: mi ha sorriso e chiesto come stessi. Spero che una parte del maltolto mi torni in tasca. Intanto vivo per strada e la domenica mi intristisco…»

 

Dall’altare alla polvere. Dal successo all’anonimato. Peggio, essere riconosciuto per aver fallito una mission che ti vedeva fra i più promettenti imprenditori, quelli sfiorati dal tocco magico. Imprenditori avveduti, col bernoccolo degli affari.

E, invece, un dettaglio, poi mica tanto piccolo, cambia il corso della storia e la fuoriserie che consuma “tanto al litro” diventa solo qualcosa da ammirare. Stando fuori dalla concessionaria, ammesso che ti ci facciano restare, oppure da vedere su un depliant raccolto dalla spazzatura o accartocciato e lanciato lì, nell’angolo.

E’ la storia di Tony, nome inventato, perché questi sono i patti fra il cronista e l’uomo che vuole sfogarsi e poi sparire, darsi alla macchia, anche se i molti che lo conoscono giurano che, prima o poi, Tony torna. Dove vuoi che vada, dicono. Torna, come se fosse una scena del delitto, dove chi ha commesso un atto criminoso prima o poi si ripresenta. E qui, il delitto è rappresentato da una serie di coincidenze che fanno precipitare l’uomo, cinquant’anni suonati, nella disperazione.

 

 

«MIA FIGLIA NON SA NULLA…»

«Ho una figlia all’estero – racconta con un filo di voce, quasi mostrasse più dei cinquanta all’anagrafe – non sa che vivo di stenti, per strada come un barbone, tanto che da poco ho compiuto il mio primo anno da clochard, come dicono i francesi: clochard, fa più figo, ma la questione è dolorosamente la stessa.

Se mi vergogno? Certo. Vuol sapere se i parenti conoscono le mie condizioni e non muovono un dito? Gli errori li ho commessi io, troppo comodo addossare le responsabilità a terzi». Tony parla tre lingue: l’inglese e il francese, anzitutto. «La fine ha un inizio, coincide con quel giorno quando apro un bel ristorante in provincia: il mio socio, amico di vecchia data, due anni fa scappa portandosi vi l’intera cassa che custodiva qualcosa come quattrocentomila, frutto di un investimento totale. Ero appena tornato dall’estero dove svolgevo attività di ristoratore e avevo acquistato una casa in una bella cittadina di provincia».

L’imprevisto professionale, come racconta in una lunga intervista al Corriere della sera, arriva con le prime rate non pagate. La banca che aveva finanziato le attività di Tony, si prende l’abitazione: i contratti, o meglio, i mutui sono così. Per qualche mese accetta l’invito del fratello, poi il nostro va via, trova una scusa, non si vede proprio nei panni dello sconfitto; lascia il congiunto perché si sente ingombrante».

 

 

«MAI CHIESTE ELEMOSINE»

«Mai chiesta l’elemosina – dice Tony manifestando il suo orgoglio – ho sempre lavorato, tanto che sono ripartito come magazziniere, ma con un contratto a tempo determinato. Fino a quando avevo la Naspi dormivo in un ostello, poi mi è toccata la strada».

Tornando alla storia, all’amico-socio e alla truffa che non t’aspetti. «Era un amico e mi fidavo, ecco cosa non mi faceva pensare a qualcosa di tremendo che sarebbe potuto capitare. Un giorno mi reco a fare la spesa, pago con la carta della società, “transazione negata”. Vado in banca, l’impiegato dice che mi sono stati recapitati diversi messaggi mediante posta elettronica che mi mettevano in guardia. Ma io non guardavo la posta elettronica, ecco perché quello mi sembrò il classico fulmine a ciel sereno: erano stati effettuati diversi bonifici a società fittizie messe in piedi da quel bandito.

Il “clochard” incontra l’ex socio in tribunale. «Mi ha sorriso e chiesto come stessi, un atteggiamento che mi ha lasciato sorpreso: mi domando se la giustizia riuscirà a restituirmi qualcosa, possibilmente tempi ragionevoli».

Tony, la vita da barbone? «Dormo poco, spesso a occhi aperti, guardo il telefono, le persone che vanno e tornano dal lavoro, sperando che qualcuna di queste si fermi per offrirmi un’opportunità. Il giorno più brutto? La domenica, quando qui intorno è un deserto». Come la vita di Tony, prima al centro degli interessi di decine e decine di clienti del suo locale. Oggi, il cielo capovolto, l’ex imprenditore, confida nella giustizia e nella buona sorte. «Volesse il Cielo, sono pronto a cominciare da zero, per scrivere il secondo tempo della mia vita».