Renato Forte, attore e regista in “Ce no’ se uaste…”

«Ogni volta accade il miracolo, chi è in scena avverte la partecipazione del pubblico, si carica e rende al massimo. Bino Gargano, il nostro più grande autore, le sue commedie un patrimonio straordinario. Angela Casavola, la nostra più grande attrice». In scena, Rapetti, Ferrulli e un pugno di debuttanti. Successo al teatro Orfeo.

Teatro Orfeo di Taranto, ventottesima Stagione teatrale dell’Associazione “Angela Casavola”, stesso nome della compagnia che ha portato in scena “Ce no’ se uaste, no’ s’aggiuste” di Bino Gargano, con Renato Forte nella duplice veste di attore e regista. “Costruiamo Insieme” per il secondo anno consecutivo è partner della rassegna in programma nel teatro di via Pitagora a Taranto. Ad ogni appuntamento una intervista esclusiva. Ultima rappresentazione, in ordine di tempo, la commedia di Gargano, anche lui ricordato con uno dei suoi lavori più divertenti.

Con Renato Forte, che è anche direttore artistico della Stagione teatrale, parliamo intanto del cinquantesimo anniversario della scomparsa dell’attrice Angela Casavola, scomparsa durante le prove proprio di una commedia di Gargano. «Angela, a mio avviso, è stata la migliore interprete del teatro dialettale tarantino; abbiamo voluto portare in scena una commedia che la nostra compagnia non proponeva da oltre dieci anni: un lavoro non semplice da rappresentare a causa dei molti andirivieni sul palco, tutto viene giocato su tempi stretti. Commedia molto comica con una tematica per alcuni versi ancora attuale: un matrimonio non condiviso dai genitori, nonostante i due fidanzati vogliano coronare il loro sogno d’amore».

Come si fa a motivare una squadra di attori, fra artisti di esperienza e, più o meno, debuttanti?

«Tre veterani, il sottoscritto, nella duplice di attore e regista, Pino Rapetti e Domenico Ferrulli, poi qualcuno più ferrato e tre debuttanti per ruoli comunque impegnativi: Cosimo Scarci, Teresa Tuzzi, Anna Prunella, Maria Letizia Buttaro e Nicola Palumbo; un lavoraccio, specie sul piano emozionale, considerando “deb” che esordiscono in un teatro Orfeo, settecento spettatori, un battesimo del fuoco».I GIORNI Renato ForteVentottesima Stagione teatrale. Qual è il rapporto con il pubblico?

«E’ stato sempre molto affettuoso, con la scrittura di Bino Gargano si è voltato pagina rispetto a un teatro popolare che prevedeva tematiche oggi obsolete; autore e scrittore di talento, Gargano nel suo percorso autorale aveva compiuto un lavoro di modernizzazione, non solo nei temi, ma anche nel dialetto, meno stretto e più “parlato”. E’ stata questa la grande intuizione di Bino, tanto che già quarant’anni fa il pubblico affollava le Stagioni teatrali del Comune e dell’allora Italsider».

“‘A rote”, “Noblesse oblige”, “‘U cuggione d’a regina” e altro ancora. Quanto è importante salvaguardare questo patrimonio?

«Adesso tocca ai giovani custodirlo, il teatro popolare tarantino non può e non deve morire: purtroppo oggi ci sono pochi autori. Con la prematura scomparsa di Bino non esiste più il costante confronto fra chi scrive e gli attori, ai quali va spiegata, insegnata la meccanica teatrale che prescinde dalla stessa scrittura: può esserci una grande scrittura che non assolve alle necessità del teatro che ha le tempistiche e che solo registi di esperienza possono mediare prima e portare in scena poi».

“Ce no’ se uaste…”, la dinamica articolata cui si riferiva. Qual è la commedia che vorrebbe portare in scena, che rappresenta una vera sfida?

«Se parliamo delle commedie di Gargano, dunque commedie dialettali, sicuramente quella che a detta di tutti è il suo grande capolavoro: “‘A rote”, la ruota, il suo fiore all’occhiello. Ai tempi della critica a Taranto – quando ce n’era ancora una – questa commedia agrodolce fu paragonata a “Umberto D”, capolavoro di Vittorio De Sica; ha tempi comici, ma spiega anche il dramma degli anziani, tema sicuramente ancora attuale, che Gargano scrisse da par suo. “‘A rote” andrebbe sicuramente riproposta e interpretata, perché no, dai giovani».

Diceva Eduardo in “Uomo e galantuomo”: questa sera il pubblico reagirà. Il grande attore, autore e regista napoletano sottolineava questa espressione con grande ironia. Che tipo di reazione si aspetta un attore-regista che porta in scena un lavoro teatrale così impegnativo come “Ce no’ se uaste, no’ s’aggiuste”?

«Non abbiamo potuto fare molte prove a causa di impegni di ciascuno di noi, però nella prova generale aperta al pubblico, gli attori hanno avuto modo di caricarsi: chiunque vada sul palco, veterano o debuttante che sia, sente il respiro del pubblico, ed è in quel momento che avviene una osmosi fra palcoscenico e sala, l’attore si carica e sul palco rende al massimo; certo, il teatro popolare risulta più semplice: essendo comico, scatta più volte la risata, che poi è il termometro del gradimento; l’attore avverte la partecipazione della platea e porta a casa il risultato».