Papa Francesco al simposio internazionale sul sacerdozio
«Non cadete in tentazione. Senza amici e preghiera diventa un peso insopportabile. Dove funziona la fraternità e ci sono legami di vera amicizia. È possibile vivere con più serenità anche la scelta celibataria»
Simposio internazionale. Fra temi e titoli principali: «Per una teologia fondamentale del sacerdozio, cosa ci si può attendere nell’attuale contesto storico, dominato dal dramma degli abusi sessuali perpetrati da chierici?». Nell’Aula Paolo VI apre i lavori papa Francesco. È un discorso che colpisce subito per le parole con cui introduce il suo intervento. «Non so se queste riflessioni – dice Sua Santità – siano il “canto del cigno” della mia vita sacerdotale, ma di certo posso assicurare che vengono dalla mia esperienza: troppo spesso abbiamo dato dell’obbedienza un’interpretazione lontana dal sentire del Vangelo». L’obbedienza, spiega il papa, in una cronaca puntuale di Domenico Agasso per La Stampa, non è un attributo disciplinare ma la caratteristica più profonda dei legami che ci uniscono in comunione: obbedire significa imparare ad ascoltare e ricordarsi che nessuno può dirsi detentore della volontà di Dio, e che essa va compresa.
CONFRONTARSI CON GLI ALTRI
Secondo papa Francesco questo atteggiamento di ascolto permette di maturare l’idea che nessuno è il principio e il fondamento della vita, ma ognuno deve necessariamente confrontarsi con gli altri. «Le vicinanze possono provocare ogni tentazione di chiusura, di autogiustificazione e di fare una vita “da scapolo”, o da “scapolone” – e quando i preti si chiudono, si chiudono, finiscono “scapoloni” con tutte le manie degli “scapoloni”, e questo non è bello. Questa vicinanza invita, al contrario, a fare appello ad altre istanze per trovare la via che conduce alla verità e alla vita».
Nel suo lungo intervento sul tem dell’obbedienza, che prima fa sorridere e un attimo dopo scuote i presenti, papa Francesco passa dall’idea di “scapolone” a quella di celibe che senza amici sarebbe un peso insopportabile. «Dove funziona la fraternità sacerdotale e ci sono legami di vera amicizia, lì è anche possibile vivere con più serenità anche la scelta celibataria. Il celibato è un dono che la Chiesa latina custodisce, necessita di relazioni sane, di rapporti di vera stima e vero bene che trovano la loro radice in Cristo: senza amici e senza preghiera il celibato può diventare un peso insopportabile e una controtestimonianza alla bellezza stessa del sacerdozio».
SACERDOTI, INVIDIA, BULLISMO
Il Papa parla anche delle molte crisi sacerdotali che hanno all’origine proprio una scarsa vita di preghiera, una mancata intimità con il Signore. «Senza l’intimità della preghiera – spiega Francesco – della vita spirituale, della vicinanza concreta a Dio attraverso l’ascolto della Parola, la celebrazione eucaristica, il silenzio dell’adorazione, l’affidamento a Maria, l’accompagnamento saggio di una guida, il sacramento della Riconciliazione, senza queste “vicinanze” concrete un sacerdote è, per così dire, solo un operaio stanco che non gode dei benefici degli amici del Signore».
Tra i sacerdoti si annida invidia, qualche episodio di bullismo. Non di quelli che si raccontano quotidianamente, ma qualcosa di simile. Per tendere alla fraternità occorre imparare la pazienza, che è la capacità di sentirci responsabili degli altri, di portare i loro pesi, di patire in un certo senso con loro.
«L’invidia è tanto presente nelle comunità sacerdotali. Non tutti i sacerdoti sono invidiosi, no, ma c’è la tentazione dell’invidia a portata di mano. Stiamo attenti, dall’invidia viene il chiacchiericcio. Ci sono forme clericali di “bullying”. L’amore fraterno non cerca il proprio interesse – dice Sua Santità – l’amore vero si compiace della verità e considera un peccato grave attentare alla verità e alla dignità dei fratelli attraverso le calunnie, la maldicenza, il chiacchiericcio»