Fuga dalla miseria per tre nigeriani
Per undici giorni hanno viaggiato appesi al timone di una petroliera. Dalla Nigeria alla Spagna, alla ricerca dell’occasione della vita. Accolti, mostravano evidenti sintomi di disidratazione e ipotermia. Trasferiti in ospedale hanno ricevuto assistenza medica. Qualificati come “clandestini”, piuttosto che “richiedenti asilo” rischiano di tornare a casa
Pare non sia un primato. Ma tre uomini che viaggiano aggrappati per undici giorni al timone di una petroliera, non l’avevamo ancora sentita, né letta o commentata. E, invece, al peggio non c’è fine. Proprio così. Perché se è vero che la fuga dei tre nigeriani in fuga dalla miseria, rappresenta un’impresa, è anche vero che – al momento di scrivere – le autorità spagnole che hanno tratto in salvo questi tre uomini, pare stiano per rispedirli a casa, bollandoli non come “richiedenti asilo”, ma come “clandestini”. Insomma, quando stai per stupirti, ecco che arrivano – non richiesti – altri elementi per stupirti ancora di più.
E’ la legge, dice qualcuno, e abbozza l’ennesimo video per postarlo posta sui social (ma quando lavorano ‘sti politici?). Purtroppo – aggiunge lo stesso, con falsa mestizia e tono dispiaciuto da somigliare più a una parodia da avanspettacolo – anche se le autorità spagnole avessero voluto fare uno strappo, avrebbero aperto un “caso” e, allora, via all’apertura delle frontiere.
NESSUNO “STRAPPO”
“Ma va?”, aggiungiamo noi. Questa la posizione secondo qualche politico, che dimentica che l’Italia ha accolto intanto settantamila extracomunitari e Germania e Francia ne hanno preso in carico solo poche decine. Dunque, sarebbe stato più corretto urlare all’omologo spagnolo: “Ma se ti prendessi in carico questi tre poveretti che hanno fatto un viaggio lungo le coste atlantiche – appollaiati, senza dormire su un morbido materasso, avvolti in una calda coperta, con colazione, pranzo e cena puntuali – un viaggio lungo undici giorni e undici notti abbracciati al timone di una petroliera, per caso va a pallino l’intera economia del tuo Paese!?”.
Ma proviamo a raccontare la storia, come la descrivevano notiziari e stampa non appena venuti a capo della vicenda. Dunque: tre migranti sono rimasti aggrappati per undici giorni e undici notti al timone di una petroliera, la Alithini II, arrivata alle Canarie dalla Nigeria. A salvare i tre uomini, il Servizio di soccorso marittimo spagnolo.
Una nave che ha attraversato l’Oceano Atlantico, un viaggio terrificante già per chi sta a bordo di una imbarcazione che riempie e svuota greggio. Figurarsi i tre appollaiati all’esterno della petroliera. Gli uomini, trovati a bordo della Alithini II nel porto di Las Palmas, mostravano evidenti sintomi di disidratazione e ipotermia, tanto da essere immediatamente trasferiti nell’ospedale dell’isola per ricevere assistenza medica. Secondo il sito web “MarineTraffic”, la nave battente bandiera maltese era partita da Lagos (Nigeria), il 17 novembre per attraccare a Las Palmas (Spagna) lunedì 28 novembre.
ANCHE IN PASSATO…
Come dicevamo, non è la prima volta che vengono trovati migranti che provano come via di fuga da un Paese ormai invivibile per le fasce sociali più deboli. I tre non sono stati i primi a viaggiare aggrappati al timone di una nave commerciale con destinazione le Isole Canarie, nonostante queste modalità presentino gravi rischi. Giorni fa il Fatto aveva ricordato come un anno fa un ragazzo nigeriano di quattordici anni era stato intervistato dal quotidiano spagnolo El Pais dopo essere sopravvissuto per due settimane nel timone di una nave.
Anche il quattordicenne era partito da Lagos. Non è la prima volta, lo conferma l’agenzia Efe che ricorda almeno in altri due casi, migranti cioè che sono riusciti a raggiungere le Canarie attraverso questo percorso così pericoloso.