E CHI TI DICE CHE SIA UNA FORTUNA?

Vince tre milioni, ma la sua famiglia si spacca

Alex denuncia i suoi due figli. Loro rispondono che il papà li ha provocati offrendogli duecento sigarette. In breve, l’uomo ha visto prendere a martellate la sua nuova auto. I ragazzi si autodenunciano, il genitore chiede protezione alla polizia. Peggio di così…

Foto Fondazione Eduardo De Filippo

Foto Fondazione Eduardo De Filippo

Diceva Eduardo De Filippo, uno che ci azzeccava spesso, “…chi ti dice che sia una fortuna!”. Lo stesso drammaturgo napoletano, dall’alto della sua saggezza e singolare capacità d’analisi, quella del tipo “Gli esami non finiscono mai”, spiegava perché a guardarci bene non sempre fortuna porta fortuna.

E’ successo qualcosa di simile a una famiglia scozzese, un Paese che passa per essere popolato da “risparmiatori” da guinness dei primati. Pare che la tirchieria, piuttosto che l’avvedutezza – questione di punti di vista – nasca proprio lì, in quella nazione più a Nord della Gran Bretagna.

Ma cosa è successo. Bene, o male, punti vista. Alex Robertson, professione autista, riporta Il Messaggero, vince tre milioni di sterline all’EuroMillions, ma si rifiuta di dividere la fortunata vincita con i due figli. Risposta dei figlioli, ai quali non fa difetto il temperamento: distruggono l’auto nuova del papà a martellate e all’urlo di un “Così impara!”. Più o meno. E’ successo, si diceva, in Scozia, precisamente a Glasgow, dove Alex, professione autista, vince un premio di tre milioni di sterline. L’uomo faceva parte di un sindacato di dodici autisti che avevano giocato insieme un biglietto della lotteria vincendo un premio di trentotto milioni di sterline. Il possessore del tesoro, la “cassaforte”, non è scappato via, come spesso accade nella vita vera, piuttosto che nei film. Così il premio viene regolarmente diviso tra i partecipanti: tre milioni di sterline (tre milioni e mezzo di euro) a testa.

quanto-inquina-una-sigaretta«HA DISTRUTTO UNA FAMIGLIA!»

Secondo i figli di Alex, i martellatori d’auto, la fortunata vincita è stata la cosa peggiore che potesse capitare. «Questo premio ha distrutto la nostra famiglia», dice William. Il padre, infatti, di è rifiutato di condividere la vincita con i figli, a cui – stando ai loro racconti dei due figlioli – avrebbe dato solamente “duecento sigarette”. Un gesto che i ragazzi, come riporta il quotidiano romano, evidentemente non hanno gradito tanto da “vendicarsi” distruggendo a martellate la nuova auto del padre.

I due figli di Alex, William e Alex jr, si sono autodenunciati alla polizia per il loro gesto. «Abbiamo imboccato il vialetto di casa e, a notte fonda, abbiamo preso a martellate l’auto» hanno raccontato.

Sempre stando al racconto dei due ragazzi, il loro papà inizialmente aveva promesso che avrebbe usato la somma di denaro per la famiglia. «Aveva detto – riporta Il Messaggero – che avrebbe portato sua madre di settantotto anni, a vedere il suo gemello in Australia». Ma non è andata così, i soldi hanno causato una lite tra padre e figli, e Alex, l’uomo da tre milioni di sterline, ha anche denunciato i figli per “molestie”, affermando di aver ricevuto da loro messaggi minatori e insistenti. Quando si dice che i panni sporchi si lavano in famiglia.

«Generazione cinque euro!»

Ogni giorno una mortificazione

Tre storie, tre ragazzi, che hanno anche vergogna di avere accettato pochi spiccioli. Lavano le scale, servono ai tavoli, stanno in cucina. E le mance? Spariscono anche…

Generazione cinque euro. Al solo pensarci, viene il sangue ai polsi. E bene fa qualche quotiodiano autorevole a riportare alcuni casi che sfiorano l’incredibile. C’è la Gazzetta del Mezzogiorno, per esempio, che riporta i casi di tre ragazzi che, alla fine, preso un po’ di coraggio, vuotano il sacco.

Altro Incorvaia e Rimassa, ispiratori del film “Generazione mille euro” diretto da Massimo Venier, il regista preferito da Aldo Giovanni e Giacomo e dalla Gialappa’s. Purtroppo, in questo caso, c’è poco da ridere. Poche le occasioni di lavoro che offre Taranto, specie ai giovani. Se questi non proseguono negli studi, avendo alle spalle famiglie con possibilità economiche per affrontare corsi universitari, nella propria città non hanno un grande futuro.

Poco incoraggianti i dati sui nostri giovani, dalla nostra provincia al resto del Sud. Le ultime stime Istat a livello provinciale fornite da Confcommercio Taranto, confermano: il tasso di occupazione giovanile fino ai 24 anni è del 9,5% (in Italia 16,8%); quello di disoccupazione, sempre fino ai 24 anni è, invece, del 39,4% (in Italia del 29,4%). Secondo Svimez, negli ultimi quindici anni sarebbe scomparsa dal Sud una città grande come Napoli, mentre una analisi dell’Ufficio Studi su Economia ed occupazione al Sud, certificherebbe che il Pil pro-capite resta sempre la metà di quello delle regioni del Nord. E, per finire, sarebbero mediamente centocinquantamila gli studenti, molti pendolari, che ogni anno per scelta emigrano dal Sud al Nord (30% del totale).

pulizia-del-condominio-1VERGOGNA E NOMI DI FANTASIA

Generazione cinque euro, si diceva. Entriamo in partita. Nomi di fantasia, ma storie purtroppo vere, una dietro l’altra. I ragazzi, ancora sul mercato a condizioni “meno svantaggiose”, chiedono il minimo sindacale: la privacy. Orari da non crederci: lavoro da cameriera in un ristorante, dalle sette del mattino all’una dopo la mezzanotte; su e giù per le scale, dalle sei a mezzogiorno. Non proprio una passeggiata di salute. Per cinque euro o, in alternativa, un pacchetto di sigarette. Di solito, il motivatore senza scrupoli: «Meglio che startene a casa, senza far niente!». Sfruttatori con un coraggio da dieci e lode, forse perché quei ragazzi che stanno “senza far niente” non sono i loro figlioli.

Dunque, cinque euro. Compenso giornaliero di ciascuno dei tre ragazzi che ci racconta la sua storia di lavoro sottopagato. Assicurazione, nemmeno a parlarne. In caso di controllo, la giustificazione: «E’ in prova, oggi è la sua prima volta!» (e forse anche l’ultima…). Chi lava le scale, chi fa la cameriera in un ristorante; chi, infine, è impegnato in una attività di gastronomia.

Da perderci il sonno, ma anche chili. «Venti in due anni!», dice Valentina, collaboratrice in un esercizio che prepara primi e secondi da asporto. «Non dormivo la notte, per gli orari e il trattamento cui ero sottoposta; poi, le umiliazioni quotidiane, nelle parole e nei gesti: insistevo però, volevo dimostrare ai miei genitori che il lavoro non mi nauseava, che pur di sentirne il sapore amaro, avrei accettato qualsiasi trattamento». E gli amici. «Bravi a dirmi di abbandonare, perché non si può accettare qualcosa di simile: “Ma come fai?”, mi dicevano. Non c’erano e non ci sono alternative, dunque bere o affogare».

Young asian woman hates getting stressed waking up early 5 o'clock,Alarm clockDALLE CINQUE DEL MATTINO

«A casa, senza un piano B, se non il primo ciclo di studi portato a compimento; poi, proseguire, avendo le risorse economiche, o trovare un’alternativa», confessa Aldo, impegnato per mesi in un’attività che si occupava della pulizia di condomìni sparsi in città. «In giro c’era poco o niente, allora, accettai la proposta di quella ditta di pulizie: non dovevo pagare lo scotto del noviziato; cosa vuoi che sia – mi dicevo – tenere una scopa fra le mani, mescolare detersivo e acqua in un secchio, spezzarsi la schiena a strigliare gradini e pianerottoli, talvolta in stabili senza ascensore: una vitaccia; il tutto, sei giorni a settimana, dal lunedì al sabato, alla modica cifra di duecentocinquanta mensili; quei soldi, tutti insieme in biglietti di taglio medio, per far sembrare lo “stipendio” una cifra onorevole: chi mi consegnava quella misera somma di solito aveva l’espressione di chi in quel momento ti stava quasi arricchendo».

E al ristorante, niente orari. «Patti chiari, diceva il ristoratore: qui si sa quando si entra, non si sa quando si esce…». Bel coraggio anche questo tipo. «Ma andava così», spiega Antonella, con tanto di magone. Avrebbe voluto ribaltare i tavoli, far volare le posate, in quei momenti mandare al diavolo il datore (parolone!). «Ho resistito due anni – spiega – dalle sette del mattino a dopo la mezzanotte, quando andava bene, altrimenti si chiudeva anche più tardi».

Le mance. «Altra storia: un giorno seguii un tavolo con una cinquantina di persone, lascio immaginare il lavoro, l’andirivieni dalla cucina; piatti diversi fra loro, ma farli arrivare nei tempi e nei modi giusti per evitare lamentele; fine serata: i presenti lasciano sul tavolo un euro a testa, cinquanta euro complessivi di mancia; arriva il titolare, li raccoglie, li prende, diciamo così, in custodia: “Poi li metto insieme con le altre mance, nel salvadanaio del personale”; mai rivisti quei soldi, né io, tantomeno i miei colleghi».

camerieriE PROVANO ANCHE IMBARAZZO…

Valentina non fa più parte della “Generazione cinque euro”, ma racconta altro ancora. «Provo un certo imbarazzo – dice – se penso alla vigilia e alle festività, quando il titolare faceva una sorta di appello: “Chi non ha impegni con le famiglie, può venire qui, a lavoro, il giorno di festa lo trascorriamo insieme!”; come se l’ambiente di lavoro fosse una seconda famiglia, sarebbe autorizzato a pensare qualcuno, invece niente di tutto questo; compravo un tramezzino e una bottiglietta d’acqua in una di quelle macchinette che fanno servizio ventiquattr’ore al giorno, con il titolare che recitava quasi la parte dell’offeso per quella mia scelta; un giorno, bontà sua, mi disse di prendermi qualcosa da mangiare fra quanto rimasto in cucina, quasi mi rimbrottò a causa della sola melanzana scelta: “La conosci la roba buona!”. Volevo sprofondare, lo avessero saputo i miei genitori… Ecco, i miei venti chili persi appartengono a quel periodo: se lo raccontassi in giro, tranne i “miei”, nessuno mi crederebbe».

«Un collega ci accompagnava con un furgoncino da un condominio all’altro», ricorda invece Aldo. «Con il dovuto rispetto per chi fa il mestiere più antico del mondo, mi sembrava di essere una prostituta: il conducente sostava nel furgoncino, fumava una, due sigarette e, alla fine, si assicurava che avessimo fatto bene il nostro lavoro: così, tutte le mattine, sei giorni a settimana, dal lunedì al sabato, fino a quando non ce l’ho fatta più e me ne sono andato». Anche la “liquidazione” da romanzo. Il titolare dell’impresa di pulizie: «Mi dispiace, ma sai quanti ne trovo che stanno a casa senza far nulla e che aspettano solo una chiamata?». «Cosa rispondi a uno che ti dice così – la reazione composta del ragazzo – e non ha nemmeno la coscienza di provare a raddoppiarti un seppur misero compenso per non lasciarti andare?». Conclude Aldo. «E’ così che va, purtroppo storie simili alla mia e di altri ragazzi come me, ce ne sono, basta avere il tempo di cercarle e la voglia di scriverle. Naturalmente dopo che uno abbia avuto il coraggio di raccontarle».