Edouard mani d’acciaio

Champion’s lo scorso anno, Coppa d’Africa quest’anno

«Scartato a un provino, stavo per chiedere un sussidio al Centro per l’impiego». Comincia così la storia del portierone senegalese nato in Francia. «Mi avevano detto che non ero tagliato per quel ruolo: mi crollò il mondo addosso nel leggere sul volto dei miei genitori la mia stessa delusione». Poi la svolta. «Un amico, un primo provino, poi Cech al Chelsea che mi indica come migliore prima scelta». Ormai, Mr. Mendy solleva un trofeo dietro l’altro.

Foto: Sky Sports

Foto: Sky Sports

Che storia, la storia di Edouard. E’ una di quelle che ci piacciono, intanto perché a lieto fine. Poi perché è il racconto di un riscatto, una prova di coraggio e forza insieme. Non è facile trovarsi nelle condizioni di Edouard, prima che diventasse Mr. Mendy, la seconda testa coronata di Londra, nel Chelsea e ricevesse la stretta di mano del presidente del Senegal, il suo Paese d’origine per il quale nella Coppa d’Africa alzata al cielo in segno di vittoria, proprio lui, Edouard, ha parato un sogno.

Nato a Montvilliers in Francia, padre guneense, mamma senegalese e cugino di Ferland, difensore del Real Madrid, la storia di Edouard va raccontata. Glielo hanno chiesto daccapo, prima e dopo la Coppa d’Africa. E lui, Edoaurd, come gli è capitato in questi ultimi anni, non si tira indietro. Come fosse fra i pali esce con sicurezza. Blocca qualsiasi cosa ci sia da bloccare. «Perché – racconta – i ragazzi se hanno un sogno hanno l’obbligo fino in fondo di crederci: a me è successo, ero sull’orlo di abbandonare il gioco del calcio: avrei dovuto farlo a livello dilettantistico, accontentarmi di poche centinaia di euro al mese, se fosse andata bene».

Una vita al bivio, al limite, come se fosse un di quelle linee tracciate con il gesso sul perimetro di gioco. Era ai bordi, un altro passo e sarebbe finita, il calcio avrebbe dovuto farlo con gli amici del quartiere e vederlo in tv. La sua storia, bellissima, l’ha ricordata lo scorso anno Fabrizio Gabrielli, vicedirettore de “L’ultimo uomo”, pubblicata anche sito Sky. Era la vigilia della finale di Champion’s League e quella gara decisiva la giocava proprio lui, il nostro Edouard mani d’acciaio.

Foto: Sky News

Foto: Sky News

DA DISOCCUPATO A FINALISTA

Raccontava la sua storia, da disoccupato a finalista di Champions League. «Avevo fatto un provino, ci avevo messo anima e cuore, per uno come me che vuole imprimere una svolta importante alla propria vita, era una bella occasione», dice. Ma il pugno allo stomaco arriva a fine provino. «Qui non c’è posto per te, ne sono stati selezionati di migliori», in buona sostanza. Nessuna via di fuga. Nemmeno un «…perfeziona le uscite, lo scatto di reni, la presa», una speranzella insomma. A un ragazzo le cose quacuno che insegna sport deve saperle anche dire, rischia il danno psicologico. «È stato come ricevere uno schiaffo», ricorda nella sua storia Gabrielli, che riporta le parole di Mendy, «mi ha fatto davvero male e nemmeno per una sola ragione: era il club della mia città, dove volevo fare successo, volevo fare della mia famiglia una famiglia fiera, far diventare di colpo importante il mio quartiere, quello che mi circondava».

Brutta cosa tornare a casa a testa bassa, dopo aver riposto tanta speranza in quell’occasione che poteva essere la prima curva della vita da svoltare. «Brutta cosa aprire la porta di casa e rispondere alla prima domanda che ti rivolgono i tuoi cari: “Allora, Edou, come è andata?”. E non c’è cosa più triste che vedere i propri genitori restare delusi per la tua stessa delusione: hanno parole e abbracci importanti, provano a restituirti un po’ di serenità».

Foto: Gazzetta.it

Foto: Gazzetta.it

«MI VUOLE IL SENEGAL!»

Torna fra i pali, non è titolare in una squadra che è ad un passo dalla retrocessione, sull’orlo dell’anonimato. Le sliding-doors, le porte scorrevoli, si dice. Perso per perso nelle ultime due, tre gare lo buttano nella mischia. Fa in tempo ad incassare il gol di un certo N’Golo Kanté, quel top player con il quale, oggi, è compagno di squadra al Chelsea. Piccolo il mondo.

E pensare che all’inizio della stagione 2014-2015, Edouard non aveva una squadra e, dunque, un lavoro. «Mamma mi aveva detto di non pensarci più, di recarmi al Centro per l’impiego, prendere un sussidio in attesa di trovare un lavoro: cosa sapevo fare? Prendere a calci un pallone, anzi fare in modo che questo non rotolasse in rete: rise l’addetto al collocamento, non c’erano richieste di portieri…». Oggi può sorridere il portierone di Senegal e Chelsea. Finalmente, aggiungiamo noi. Con il suo Paese ha vinto la Coppa d’Africa, con la squadra londinese ha vinto la Champion’s.

Per la prima volta, in quel momento, Edouard comincia a pensare che forse il calcio non sarà il suo futuro. Allora gli tocca fare davvero altro, il commesso di un negozio di abbigliamento per esempio. Ma la sua storia a quel punto diventa favola, le zucche si trasformano in carrozza. Un amico gli dice che all’Olympique Marsiglia, cercano un portiere che accetti di fare la riserva della riserva. Anche stavolta ci vuole un provino. «Ricorderò per il resto della mia vita quella telefonata: finalmente il volto di mia madre era tornato ad illuminarsi».

Due anni dopo Aliou Cissé, attuale tecnico del Senegal, lo convoca, lo fa giocare. Caro Edouard, ti è cambiata la vita. Gioca con Reims, Rennes, terzi, alla spalle di Paris Saint Germain e Olympique Marsiglia. Nel 2020 il Chelsea cerca un portiere: Cech, che lo ha conosciuto, indica Edouard. E’ lui l’ideale. Mamma sarà fiera stavolta.