Il tg satirico di Canale 5 promuove la Valle d’Itria
Davide Rampello durante una delle ultime puntate del programma di Antonio Ricci ha fatto un sopralluogo in Puglia. Ha incontrato un “mastro” desideroso di trasmettere alle nuove generazioni tecnica e conoscenza. Alberobello, Fasano, Ostuni, Locorotondo e Martina Franca con le sue accoglienti e ospitali masserie
I muretti a secco della Valle d’Itria in prima serata su Canale 5. Anzi, più della “prima serata”, posto che gli ascolti che “Striscia la notizia”, il tg satirico di Antonio Ricci, programmato per veicolare la trasmissione o lo sceneggiato di richiamo della tv ammiragli di Mediaset fa più ascolti di qualsiasi altro strumento televisivo in questa fascia oraria.
Dunque, il fatto che in questi giorni Canale 5 e lo studioso Davide Rampello, abbiano ospitato una delle caratteristiche più peculiari della nostra “Valle”, non può che farci piacere. Quando pensiamo alla Valle d’Itria, il nostro pensiero va automaticamente a Martina Franca, le masserie belle ed eleganti, ma anche a cittadine come Alberobello, Fasano, Ostuni e Locorotondo e via di questo passo.
Per la rubrica “Paesi, paesaggi…”, Rampello con la sua originale sediolina a libro è arrivato in Puglia. Così, attento studioso, ha spiegato ai milioni di spettatori che la pietra è il cuore della Valle, terra di trulli che salgono in verticale e di muretti a secco distesi in orizzontale.
Un ricco e affascinante paesaggio che ha fatto da sfondo alla storia di Giuseppe, mastro trullaro e paretaro da tre generazioni. I muretti a secco sono opere d’arte protette dall’Unesco come Patrimonio dell’umanità. Una tecnica antica, ha spiegato Rampello, che è anche un accumulatore di riserve idriche. Negli interstizi, infatti, si raccoglie la condensa notturna che poi scivola verso il terreno e lo nutre, con le radici degli alberi sempre rivolte verso il muretto. Il sogno del mastro trullaro è quello di trasformare il cantiere in una scuola nella quale ospitare i giovani e rivelare loro i segreti della pietra.
PATRIMONIO MONDIALE UNESCO
Una tecnica, quella dei muretti a secco, riconosciuta – come si diceva – patrimonio mondiale dall`Unesco, dunque patrimonio dell’Umanità. Le nostre popolazioni lo sanno lo sanno perfettamente, se non altro perché per secoli hanno portato tramandato di padre in figlio la pratica della costruzione con la tecnica “a secco” dei muretti. Stessa cosa per i trulli delle torri costiere, delle “pagghiàre”, dei “furnieddhi”, di tutte quelle costruzioni che nascono in qualche modo povere, per esigenze funzionali e utilitaristiche, sicuramente, ma anche belle, resistenti, caratterizzanti e preziose.
Quei muretti a secco che vediamo nell’intera Valle d’Itria, altro non rappresentano che una relazione armoniosa fra uomo e la natura, tanto che proprio questa è stata la motivazione di questo autorevole riconoscimento per l`Italia che aveva presentato la sua candidatura insieme ad altri Paesi del Mediterraneo, tra questi Grecia, Cipro e Spagna.
Il sito Perle di Puglia, per esempio, spiega che la Puglia è tra le principali regioni italiane impegnate a tutelare una tradizione che ha i suoi punti forti nel Salento e nella Valle d`Itria, territori dove questa tecnica disegna e caratterizza il paesaggio.
“Petra su petra azza parite”, leggiamo, “Una pietra sull’altra alzano una parete”. Una frase nella quale c`è tutta l`umanità dei salentini: un incoraggiamento, un`esortazione alla pazienza e alla tenacia. Una metafora per dire che le grandi cose si fanno un passo alla volta. Un modo di dire, quello dialettale, che si coniuga a laboriosità e capacità di ricavare sempre il lato positivo in tutto, anche nei terreni pietrosi delle campagne.
“STRISCIA”, RAMPELLO, GIUSEPPE…
Come ha avuto modo di spiegare nel suo servizio a Striscia la notizia, Davide Rampello, i muretti a secco sono nati quasi spontaneamente. Ci hanno pensato i contadini che nel lavorare la terra, trovavano lungo il loro cammino si imbattevano in tante pietre lungo i solchi. Siccome in povertà si aguzza l’ingegno, dunque non si butta via nulla, i contadini tracciavano i confini proprio utilizzando una pietra sull’altra. Quelle pietre, così disposte, diventavano poco per volta un muretto che avrebbe delimitato i campi e le proprietà. E non solo.
Le pietre, come ci hanno insegnato i nostri artigiani, sono capaci di trattenere l’umidità dell’aria alimentata dalla vicinanza del mare, diventando praticamente innaffiatoi naturali. Lungo i muretti a secco, se ci fate caso, la vegetazione cresce più sana e rigogliosa. Questo studio, insieme ad altre osservazioni, non hanno fatto altro che accrescere la sensibilizzazione nei confronti di queste costruzioni a secco tanto da portato alla riscoperta della tecnica di costruzione che ha dimostrato, nei secoli, altissima resistenza.
Non è nemmeno un caso che i muretti a secco, insieme con i trulli di bianco vestiti, vengano ormai associati alla Puglia. In tutto il mondo, questo angolo di terra viene coniugato a queste costruzioni che richiedono una tecnica ben precisa che non si può riprodurre in modo industriale. Pertanto occorrono studiosi come Rampello e artigiani come Giuseppe desiderosi di promuovere o far conoscere la Valle d’Itria e trasmettere ai giovani una tecnica che, se non trasmessa, potrebbe disperdersi nel tempo.