Il nostro saluto ad Antonio Megalizzi.

Vivere non è facile, morire è ancora più semplice.

Soprattutto quando l’analisi della realtà abbandona concetti base della sociologia come la “stratificazione” e il “conflitto”.

E anche il concetto di guerra sarebbe dovuto crollare sotto la profondità ed il peso delle parole ma no, perché una sovra dimensione definita interesse ha spostato l’asse del dialogo trasformandolo in conflitto.

Ma ci sono guerre per le quali è difficile trovare un senso, ideologizzate per trovarne uno, e in realtà camuffate per negare a se stessi l’esistenza di un conflitto sociale tanto palese quanto reale.

Una vita accelerata, una merce in vetrina, in una ipermetropoli dove sono le marche a plasmare l’identità e il consumo è diventato quasi paradossale. Come fare a trovare una rotta se il modo nel quale viviamo promette a tutti felicità e benessere, ma in realtà dispensa solo ansia e insoddisfazione?

Se si presenta continuamente sotto l’aspetto di un mondo magico dove le persone possono esaudire qualsiasi desiderio, ma alla fine produce frustrazioni?” (Vanni Codeluppi, Ipermondo, Ed. Laterza).

In uno scenario di questo tipo è facile che una mano frustrata, ansiosa e insoddisfatta si armi per dare un senso a questo suo stato dell’essere e compia una strage autorappresentandosi in una guerra senza senso.

E’ così che martedì scorso, per una fatale coincidenza, un giovane giornalista italiano, Antonio Megalizzi, si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Ed è rimasto vittima di un paradosso sociale che la Francia, come altri Paesi, ancora non riesce a trasformare in realtà avendo negli anni stratificato una situazione che ha prodotto marginalità ormai difficilmente controllabili con leggi di polizia.

E’ facile pulirsi la coscienza definendo un soggetto “radicalizzato” nascondendo sotto il tappeto decenni di politiche anti sociali, di marginalizzazione, di esclusione.

Il fatto che rimane a noi, la sostanza, è che Antonio non c’è più, non c’è più la sua voce e la sua passione di raccontare il mondo.

Aveva messo in piedi una radio, Europhonica, con la voglia di raccontare il presente ed il futuro possibile.

E’ stato ucciso da una mano della sua stessa età privata del presente e senza futuro.

E, sia ben chiaro, non è una giustificazione del gesto deplorevole e infame che ha tolto la vita a cinque persone, ma una accusa alla cancellazione della visione della realtà rappresentata da una società che si sta sgretolando sotto il peso degli interessi che penetrano il muro facile fatto di assenza di valori.

Con la capacità indotta a digerire tutto e la normalizzazione anche di una strage, oggi i mercatini di Natale sono popolati di persone: gli attentati sono entrati nel calendario come le feste comandate.

Niente di straordinario, niente di nuovo.

E nessuna paura, i Governi ci sono: militarizzano le città e le piazze!

Cosa chiedere di più?

Politiche sociali più aderenti al contesto? Non si può fare, se lo scrivi ti arrestano!