Giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

Ieri, 25 novembre, l’attenzione di Istituzioni e società civile si è concentrata sul più vile ed inaccettabile dei crimini, che non trova una sintesi nella violenza in se stessa ma va ricondotta dentro i confini della sopraffazione, di una idea di superiorità presunta fuori da ogni logica che possa condurre al rispetto per l’altro/a.

Ci sono circostanze che inducono all’elaborazione di pensieri estremi che si alternano fra l’idea che la morte cancella qualsiasi dolore e quella che ci sono dolori che segnano la vita in maniera irreversibile.

Ed è dalla irreversibilità che voglio iniziare questa riflessione.

Una bambina di soli 11 anni, accompagnata dai genitori che avevano notato uno strano gonfiore della pancia ed una sintomatologia strana, risulta essere incinta. E’ successo a Torino, 10 giorni fa.

L’orco, anche in questo caso, è risultato essere il vicino di casa che godeva della piena fiducia dei genitori della bambina costretta ad avere rapporti sessuali.

11 anni e una vita già segnata dalla brutalità degli abusi: non esiste alcuna pena per quel mostro che potrà restituire a quella bambina la fiducia nell’altro, chiunque esso sia.

La violenza sulle donne è tra le violazioni dei diritti umani più diffuse al mondo: violenza sessuale, stupro, violenza psicologica.

In Italia e nel mondo subisce violenza, mediamente, una donna su 3 dai 15 anni in sudentro le mura domestiche, sul posto di lavoro, per strada. Ovunque.

E abbiamo sotto gli occhi un dato che ci deve far riflettere: il 53% delle donne in tutta l’Unione Europea afferma di evitare determinati luoghi o situazioni per paura di essere aggredita. Una palese e inaccettabile limitazione della libertà!

Ma sono spesso i partner o ex partner a commettere gli atti più gravi: in Italia sono infatti responsabili del 62,7% degli stupri.

Mi piace, però, riprendere una bella iniziativa di qualche mese fa che ha trasformato quello che siamo abituati a catalogare come mercificazione del corpo femminile in un atto di denuncia diretto, profondo, mediaticamente ineccepibile.

Durante la sfilata di presentazione per eleggere Miss Perù, le ragazze partecipanti al concorso hanno lanciato un messaggio contro la violenza sulle donne: anziché i propri centimetri, hanno comunicato i dati sugli abusi e alla loro campagna si sono uniti anche gli organizzatori del concorso.

Le mie misure sono: 2.202 casi di femminicidio registrati negli ultimi nove anni nel mio Paese“. Camila Canicoba, aspirante Miss Perù 2018, è la prima a presentarsi sul palco della finale a Lima. Lo fa scegliendo di non far sapere al mondo quale sia la circonferenza della sua vita o del suo seno. Ma quante sono le donne che sono state uccise in Perù dal 2008 a oggi. E non è l’unica. Lo hanno fatto tutte le concorrenti!

La vincitrice del concorso di quest’anno è stata Romina Lozano e le sue misure sono: “3.114 donne vittime di tratta fino al 2014“.

Non esiste un commento possibile, necessitano, piuttosto, azioni radicali e urgenti.