Un italiano a San Pietroburgo, stregato da una città irresistibile

«Stavolta ho subito un controllo più rigoroso», confessa Antonio che ha vissuto un’esperienza inattesa.  «Colpa della guerra, ma è una vacanza alla quale non rinuncerei per niente al mondo; conosco perfettamente la lingua, so muovermi, ho amici e francamente staccare per un po’ con l’Italia e il mio lavoro, è utile e rigenerativo»

 

Antonio, Tonio per gli amici, un metro e novanta, fisico da body-guard, tanto che sembra sbucato da uno di quei film stile “Mission Impossible”, ha un’attività immobiliare che lo assorbe intere giornate. Per lui, come per quanti lavorano senza sosta, provare a ricaricare le batterie, una volta ogni tanto, crediamo sia cosa buona e giusta.

Tonio ha il bernoccolo per la Russia, innamorato com’è del Paese che in questo momento sta vivendo un conflitto diretto con l’Ucraina e, indirettamente, con buona parte di quei governi che sostengono la politica di Zelensky che ha condotto i suoi connazionali a dichiarare guerra al più potente vicino di casa. In mezzo, mille motivi, a cominciare da una politica che spesso si serve di pedine per condurre in porto strategie più articolate e che spesso hanno un tornaconto che poco giova, detto fuori dai denti, a Zelensky e alla stessa Ucraina.

Tonio, si diceva, ha quel chiodo fisso, è più forte di lui. Se non va una volta l’anno, almeno un paio di settimane a San Pietroburgo, città dal fascino irresistibile, non è soddisfatto. “Non mi rilasso – dice – nonostante il viaggio, lungo, ma che metto in conto, staccando da un lavoro che amo – e questo i miei collaboratori lo sanno – se non mi dedico due settimane secche l’anno: resetto tutto, mi ricampiono, rifaccio le valigie e torno in Italia”.

 

San Pietroburgo

 

CHIAMALO “CONTRATTEMPO”…

Questa volta, però, Tonio ha vissuto un contrattempo. «Non nascondo – racconta – tre ore di disagio, la polizia russa al confine che controlla e ricontrolla gli stessi documenti con i quali ho fatto viaggi in giro per il mondo, in particolare facendo tappa proprio in Russia, destinazione San Pietroburgo, una città che mi è entrata subito nel cuore: ha presente quando si dice amore a prima vista? Ecco, mi sono innamorato talmente tanto di “Sanpie’”, da lanciare una sfida a me stesso, che di mestiere faccio il motivatore: voglio imparare il russo».

Imparare bene una lingua ti permette di muoverti liberamente in un ambito nel quale saresti considerato un turista. «Volevo conoscere San Pietroburgo, la gente, per due settimane l’anno sentirmi uno del posto, ma solo per isolarmi in modo sano, ecco “staccare”, da un’attività, quella di agente immobiliare, che mi assorbe – per come la vivo io – una intera giornata».

 

Evento musicale in Peter in una art gallery

 

«CONOSCO IL RUSSO…»

E veniamo al dunque, anche se in coda a quattro confidenze. Il russo, la lingua, che mai come in questo caso, è provvidenziale. «Sì, fermato per tre ore, i documenti di ingresso e uscita dalla Russia, vengono praticamente setacciati, scansionati: evidentemente il mio fisico e un aspetto “ultrà” – il tutto con le debite proporzioni – ha indotto il personale di frontiera ad avere nei miei confronti un certo riguardo; per fortuna parlo il russo in modo fluente, non corro il rischio di essere frainteso; non ho nemmeno bisogno di fare ricorso a modalità nelle quali gli italiani sono campioni olimpionici, i gesti: mi faccio perfettamente comprendere con le parole; tiro fuori il cellulare, mostro vecchie e nuove fotografie, pose inequivocabili per uno che ama questo Paese, proprio come fosse una seconda casa».

Tre ore vissute in tensione, ipotizziamo. «I primi momenti mi balenavano nella mente pensieri sui quali mai, e dico mai, mi creda, mi ero soffermato, perché andare in Russia mi sembrava la cosa più normale, e francamente bella, tanto da viverla come una formalità; mi sono rilassato in un baleno, quando con le autorità abbiamo cominciato a scambiarci idee di carattere politico, ho posto nelle loro mani perfino il mio cellulare perché lo controllassero: non c’è stato bisogno, non era diffidenza la loro, ma solo uno di quei controlli che svolgono su un turista su dieci: stavolta è capitato a me».

 

Caffé sulla Nevsky Prospekt

 

«…“PETER”, TORNO PRESTO»

Tornerà a San Pietroburgo, Tonio? «Fra un anno, sicuramente, forse prima, “Peter” – come affettuosamente chiamano la loro città da quelle parti – è un posto nel quale vivrei tutta la vita, se non avessi un’attività bene avviata e sulla quale ho investito tempo e denaro, e collaboratori di cui mi fido ciecamente; insomma, per farla beve, il russo mi ha semplificato la vita: penso a un italiano con il mio stesso aspetto, che si arrampica sulle parole, non riesce ad esprimersi e più cerca di spiegarsi più si incarta: un disastro, credo lo avrebbero rispedito a casa. Invece, di tornare indietro non volevo saperne, quelle due settimane di vacanze me le ero meritate e volevo valorizzarle il più possibile. E così, fortunatamente, è stato…».

Tre ore vissute sul confine, una storia che si può raccontare, alla faccia di tutti i film, le spy story che in molti si fanno quando pensano ai Paesi dell’Est. Certo, meglio condirle con un lieto fine queste storie, che non parlando di “esperienza che lascia il segno”. Se Tonio tornerà a San Pietroburgo, nonostante si respiri un’aria che non è proprio la stessa di uno, due anni fa, metterà nel conto che si possa registrare un contrattempo. Del resto, la Russia è un Paese di frontiera, minacciato da “venti di guerra”, ed è ancora tanto che si possa visitare da turista ed avere da personale di frontiera dopo un legittimo controllo e “Buona permanenza nel nostro Paese”, che ci rifiutiamo di scrivere in cirillico. Ci faremo aiutare da Tonio, alla prossima occasione.