Nino Buonocore, concerto nell’Arena della Villa Peripato
Orchestra della Magna Grecia diretta dal maestro Gianluca Podio. Quattrocento spettatori, rispettate le norme sul distanziamento sociale. «Il mio coautore, Michele De Vitis, è tarantino, mi ha chiesto di salutarvi. La mia musica è stata sempre vicina a sfumature raffinate. Oggi faccio quello che mi va, Sanremo ha ribaltato il principio di canzone…». Intervista esclusiva.
«Qualcuno, magari, non lo sa, ma l’autore dei miei testi è un tarantino: Michele De Vitis. Bene, oggi l’ho sentito al telefono e mi ha pregato di rivolgervi un saluto, soprattutto dirvi che, nonostante viva a Roma da tanti anni, la “sua” Taranto la porta sempre nel cuore!».
Nino Buonocore, prima di cantare nell’Arena della Villa Peripato, ospite del Magna Grecia Festival, si concede ad una intervista esclusiva (sul nostro sito anche il breve “corpo a corpo” in versione-video) al canale youtube di Costruiamo Insieme. Schietto, sincero, come sempre, un piacere scambiare due battute con il popolare cantautore napoletano.
Dunque, partiamo dal suo concerto, dai saluti dell’autore dei testi di numerosi successi, Michele De Vitis appunto. Autore, in particolare, di quelli firmati con Nino, nel corso di oltre trent’anni e con il quale è entrato in perfetta sintonia. E’ un bel successo, anche di pubblico.
Considerando le restrizioni dovute al Cvid-19 e il distanziamento obbligatorio (è notizia di questi giorni, per i prossimi eventi in programma, secondo l’ultimo Dpcm, le platee potranno accogliere un maggior numero di presenze), nell’Arena sono presenti quattrocento spettatori. Breve introduzione al concerto. Applausi a scena aperta per brani inossidabili che hanno spesso invogliato il pubblico a cantare insieme con il protagonista della serata, che non ha risparmiato il bis. Fra i brani, “Rosanna”, “A chi tutto e a chi niente”, “I treni d’agosto”, “Così distratti” e, naturalmente “Scrivimi”. Infine, un piccolo omaggio al pubblico tarantino, l’inedita “L’amore è nudo”.
Nino Buonocore con l’Orchestra della Magna Grecia. A proposito, parola di Buonocore…
«Ho suonato di recente con la London Simphony e, vi assicuro, non è una sviolinata, per restare in tema: l’Orchestra della Magna Grecia non è da meno, anzi…». Applausi anche per il maestro Gianluca Podio, dieci anni insieme con Ennio Morricone, e il pianista Antonio Fresa, artista che lo scorso anno a Taranto era stato ospite del Lokomotive Jazz Festival.Arrangiamenti jazz e orchestra. La buttiamo lì, galeotto fu l’incontro con Chet Baker?
«Non direi, la mia scrittura – ma questo è il mio punto di vista – è stata sempre molto vicina a questo mondo musicale, tanto che credo si possa accostare a una tessitura jazzistica; diciamo che uno spettacolo così e di queste dimensioni era il mio sogno nel cassetto, anche perché spesso ripeto che le fasi artistiche si dividono sicuramente in tre periodi: il primo, quando sei giovane, vuoi “scassare” tutte cose, cominci dal rock, un genere aggressivo; seconda fase, quella dello studio, cominci a moderare certi aspetti e pensare a un tuo linguaggio e al come rivolgerti al pubblico; terzo periodo, il più bello: ti senti libero da costrizioni e condizionamenti, fai praticamente solo quello che ti passa per la testa, e io voglio farmi trascinare da qualsiasi cosa mi vada di fare…».
Allora, che effetto le fa quando le chiedono successi come “Scrivimi”, “Rosanna”, “Una canzone d’amore”?
«Mai rinnegato le canzoni, i successi, che sono poi gli strumenti che, oggi, mi permettono di scegliere liberamente cosa fare: continuare su quella strada, pop anche se raffinato, oppure sterzare verso altri sentirei, il jazz per esempio; forse oggi quelle canzoni le scriverei diversamente, ma come faccio a rinnegare capitoli che hanno contribuito alla mia crescita, oppure, per dirla tutta, a rimediare ad eventuali errori che ho inavvertitamente commesso? Non ho la macchina del tempo, dunque va bene così, pertanto lunga vita a “Scrivimi”, “Rosanna” e le altre…».
Colgo la palla al balzo, ci dica quali errori sente di aver commesso, il giovane Buonocore?
«Per esempio – non si nasconde dietro una battuta, Buonocore, anzi, si apre – che il Festival di Sanremo fosse un punto d’arrivo, e invece non è nemmeno un punto di partenza: è una trasmissione televisiva e basta. Per dirla tutta, una kermesse, uno show come un altro, dove la canzone – che invece dovrebbe essere protagonista – viene messa all’angolo, perdendo quello che dovrebbe essere il ruolo principale di una manifestazione che non a caso è considerata “Festival della canzone italiana”: la musica non chiede di essere spettacolarizzata, è uno spettacolo a sé stante, anche chitarra e voce…».Come e quanto è intervenuto, allora, in chiave jazz nelle sue canzoni?
«Non molto, la scrittura è assimilabile, è stato un percorso quasi naturale, anche grazie ai musicisti che hanno quella cultura e che mi hanno affiancato in questo progetto; credo sia stato un processo naturale, un lavoro già semplificato».
Ma, insistiamo, Chet Baker, un supergruppo con l’indimenticato Rino Zurzolo?
«Il passaggio allo stadio jazz è arrivato in modo naturale, anche se mi sono tornati utili certi passaggi, per così dire pop; premesso che tengo alla mia integrità di pensiero, non certamente statica – quella appartiene agli sciocchi – volevo però mantenere le ragioni che mi hanno avvicinato alla musica, cosa che ho sempre tutelato; mai imposizioni, solo felici incontri; esperienze diverse senz’altro, anche se credo di avere preso, ma anche di avere dato negli incontri con i musicisti con i quali mi sono relazionato in tutti questi anni».
Non le manca il profumo dello studio, chiudersi in sala di registrazione per scrivere e realizzare album?
«Lo studio mi sta molto stretto – conclude Buonocore – io che fra quelle quattro mura ci ho vissuto a lungo: io che ho cominciato a diciotto anni, mi sono stancato della musica autoreferenziale, oggi in qualche modo voglio dare, lanciare – se vogliamo – un boomerang perché mi faccia comprendere come questo mio modo di intendere la musica, possa tornarmi indietro…».