Norvegia, il Fondo sovrano in tre mesi ha intascato 44 miliardi di dollari
Quello del Paese scandinavo è il più grande del mondo. Viene alimentato in gran parte dai ricchi giacimenti di petrolio del Mare del Nord. Oggi il valore complessivo delle risorse economiche equivale a circa 217.000 dollari per ogni norvegese.
Non è necessario essere grandi economisti o avere un minimo di infarinatura in economia. Insomma, non è necessario essere governatore della Banca d’Italia, per capire che in uno stato di crisi, grave in questo caso, considerando che il Covid ha messo in ginocchio l’economia di molti Paesi occidentali e non solo, per comprendere come un Paese civile, edotto e, in qualche modo astuto sotto il profilo economico, come la Norvegia, invece di andare in sofferenza, in piena pandemia si arricchisce a dismisura, tanto che il Fondo sovrano del quale proveremo a scrivere a breve, in soli tre mesi ha guadagnato qualcosa come quarantaquattro miliardi. Più o meno come un disavanzo pubblico. Se fossero piovuti insieme tutti questi soldi, l’Italia, avrebbe messo a posto due conti pubblici. Sia chiaro, non avremmo risolto la crisi del Paese, ma essere investiti da cifre simili non avrebbe che potuto far bene alle casse dello Stato.
Ma torniamo al tema di partenza, da una parte chi perde, dall’altra chi si arricchisce. Detto in soldoni, è il caso di dire, se da una parte esistono Paesi che avevano in qualche modo una solida posizione (non è il caso dell’Italia, questo va detto…) e, causa il coronavirus, da mesi navigano a vista, da qualche altra parte inevitabilmente esultano. Certo, non sulle disgrazie, sui contagi, piuttosto che le morti, aspetto tornato a preoccupare intere nazioni, Italia compresa, ma sull’aspetto squisitamente economico che spinge il flusso del denaro da una parte all’altra a seconda delle crisi.
PER FARLA BREVE…
Per essere chiari. Adottiamo un principio banale, quello dei vasi comunicanti: se si abbassa il livello in uno dei due, inevitabilmente sale quello dell’altro; stessa pratica, la marea: da una parte è alta, dall’altra parte del globo sarà sicuramente bassa. Non ci perdiamo in un bicchier d’acqua, per così dire. Proviamo a consultare economisti che ne sanno più di noi, entriamo nel merito delle dinamiche che spostano vertiginosamente e a vagonate, il denaro da una parte all’altra dell’universo.
Dunque, partiamo dal Fondo sovrano. Ne sentiamo parlare, ne leggiamo distrattamente, ma non sappiamo cosa in realtà sia, evidentemente nello specifico, non solo in superficie, questo “benedetto” Fondo sovrano. Veniamo al punto: vengono denominati fondi sovrani speciali strumenti di investimento pubblico che appartengono a ciascun Paese. Questi fondi vengono utilizzati per investire in strumenti finanziari, come azioni, obbligazioni, immobili, altre attività, i surplus fiscali o nelle riserve valutarie in moneta estera.
Trasferiamoci in Scandinavia. Il fondo sovrano della Norvegia gestisce 1,16 trilioni di dollari, il più grande del mondo ed alimentato in gran parte dai proventi dei ricchi giacimenti di petrolio del Mare del Nord. Nel terzo trimestre 2020 ha guadagnato 412 miliardi di corone (44,31 miliardi di dollari) poiché il valore crescente dei titoli tecnologici statunitensi ha compensato gli effetti negativi della pandemia. Fondato nel 1996, il fondo detiene partecipazioni in circa 9.200 società a livello globale, che detengono l’1,5% di tutte le azioni quotate. Investe anche in obbligazioni e immobili.
OGNI NORVEGESE, DUECENTOMILA DOLLARI
I mercati finanziari che risentono dell’aria che tira erano ancora influenzati dall’incertezza legata al coronavirus. Indipendentemente da questo, i mercati azionari hanno avuto un buon rendimento, specie grazie alla forte performance nel settore tecnologico negli Stati Uniti (dichiarazione riportata in una nota dall’amministratore delegato del fondo Nicolai Tangen). Oggi il valore complessivo del fondo equivale a circa 217.000 dollari per ogni norvegese. Il portafoglio complessivo, infatti, ha registrato un rendimento positivo del 4,3% nel terzo trimestre, guidato dalle azioni con un rendimento del 5,7%, che a fine settembre rappresentavano il 70,7% del portafoglio.
A fare chiarezza, comunque a sciogliere dubbi, non solo a quanti sono pratici di finanza, m anche a quanti hanno poca dimestichezza con denaro e conti, è intervenuto il Financial Times. Il principale giornale economico-finanziario del Regno Unito, uno dei più antichi e autorevoli nel mondo, in questi giorni ha fatto chiarezza. «Il rendimento complessivo – ha spiegato tecnicamente il Financial Times – è stato di tre punti base, inferiore al rendimento dell’indice di riferimento del fondo. Tangen ha riferito che il Fondo venderà azioni di società che si comportano male su questioni ambientali, sociali e di governance (ESG), per aumentare i suoi rendimenti». In buona sostanza, conclude il giornale britannico, «è necessario utilizzare il rischio in modo più intelligente, disinvestendo cioè dalle partecipazioni in società non in linea con queste finalità».