“Qui ho trovato disponibilità e speranza”
“Il mio futuro? Eh…”. Sorride e immagina Salif, 19enne del Ghana. Non ha un risposta alla domanda, ma sa che dovrà costruirla. Lui che ha costruito la sua vita più volte. Nel villaggio di Alavagno era un autista: “guidavo i taxi – precisa iniziando il suo racconto – ed era bello girare per la mia terra, anche se è una terra continuamente colpita dalla violenza. Ma questa volta non c’entra la religione e nemmeno l’etnia.
La terra di Salif è in guerra per un semplice pezzo di terra. Gli abitanti di Alavagno e del vicino villaggio di Nkugna se lo contendono da sempre. Si scontrano da anni per decidere chi dovrà amministrarlo: “Quando avevo due anni quella follia è entrata anche nella mia vita: mio padre rimase ucciso in uno di quegli scontri. A volte ci penso e sono certo che sia tutto inutile”. Da allora è cresciuto con suo zio, ma anche lui fu vittima della guerra per la terra ghanese. Salif, però, va avanti e trova lavoro come autista. Gira in taxi, accompagna la gente, gli piace essere gentili con quelli che salgono a bordo della sua auto.
l 23 marzo 2013, però, la sua vita cambia ancora una volta e questa volta per sempre. Salif è uscito presto di casa per andare a lavorare e poco dopo riceve una telefonata: “era mia mamma, mi diceva di non tornare a casa. La telefono mi spiegava che la situazione era diventata troppo pericolosa”. Inizia così il viaggio di Salif che arriva dapprima in Niger dove per due mesi ha cercato un lavoro, ma senza riuscirci.
La sua vita cosi posta così in Libia: “per due anni ho lavorato in un lavaggio di auto con altri amici del Ghana. Non avevo intenzione di venire in Italia, ma un giorno sono andato al lavoro e i soldati mi arrestarono. Portarono in prigione anche i miei compagni”. Durante la reclusione Salif e i suoi compagni sono costretti a lavorare: ogni giorno vengono portati nei luoghi dove le guardie li osservano mentre eseguono ciò che viene loro ordinato. Una mattina, però, i soldati si distraggono un po’ troppo: Salif e i suoi compagni riescono a fuggire. Tornano velocemente a casa e scoprono che uno dei loro compagni che non era in prigione era stato ucciso. “abbiamo venduto le poche cose che avevamo come il materasso e il televisore e abbiamo deciso di partire. Non avevo mai pensato prima di quel giorno all’Italia”. Il suo barcone arriva in Italia e per Salif inizia ancora un volta una nuova vita: “Qui ho trovato tanti amici sia tra gli ospiti che tra il personale di Costruiamo Insieme: quello che mi piace di più è che non sono uno dei tanti, ma se ho un problema o un’esigenza diventa un’esigenza anche dello staff. È bello trovare questa disponibilità e questa accoglienza, mi offre speranza. Ho anche trovato un lavoro: sono stato assunto da una ditta di pulizia e per adesso va bene. Il mio futuro? Eh…”. Sorride e immagina Salif, ma poi aggiunge: “Per ora non so ancora, per adesso vorrei ottenere solo i documenti. Poi si vedrà”.