Claudio Papa, “Mister Sorriso”
Da diciotto anni al servizio dei piccoli pazienti. Oggi sono centocinquanta gli iscritti all’associazione di volontariato. Coprono quattro ospedali e tutti i reparti con le loro facezie. «Strappare un sorriso è la nostra missione. Non solo bambini, assistiamo anche pazienti affetti da Alzheimer e demenza senile. Il Parco della gioia e un impegno per chi soffre di autismo»
E’ una delle attività di volontariato più impegnative. In assoluto. Buona parte dell’utenza è formata da bambini, piccoli pazienti ospiti dei reparti di Pediatria. “Mister Sorriso”, l’associazione. Fondatore e portavoce è Claudio Papa, ospitato da “Costruiamo Insieme” per raccontarci del suo impegno e di altri centocinquanta clown di corsia senza i quali molti bambini e, oggi, molti anziani, affronterebbero la loro breve, media o lungodegenza, fra mille pensieri e preoccupazioni. Gli amici dal “naso rosso” non guariscono, ma alleggeriscono di molto periodi critici che bambini e anziani della nostra provincia attraversano. A oggi, l’associazione è fra le più celebrate e, se si può dire, fra le più ammirate e copiate. In senso buono, come vedremo.
Come e quando nasce, intanto, l’associazione.
«Diciotto anni fa – dice Claudio Papa – dopo un certo numero di esperienze di volontariato fatte in giro per l’Italia e nel mondo; lo scopo era quello di donarsi, comunque, agli altri, anche non avendo alle spalle un’associazione, cosa più avanti resasi necessaria vista la domanda e l’importanza di avere figure professionali sempre più aggiornate».
Quando Papa viene abbagliato dall’idea di mettere le cose a posto e di darsi al prossimo, se non proprio a tempo pieno, attraverso comunque un sistema disciplinato. «Ospitai a Taranto tre sorelline bosniache – ricorda – avute in affidamento, la guerra nei Balcani mieteva quotidianamente vittime, non faceva distinguo fra grandi, che avevano alimentato scontri fra le diverse etnie, e piccoli, al solito anime innocenti che subivano il volere di una politica radicale: alla fine le tre piccole sono tornate fra le braccia dei genitori, in Bosnia; non avevano più la casa in città, completamente distrutta, ma vivevano in campagna; fu lì che mi trovai un giorno: per strappare un sorriso alle bambine, provai a improvvisarmi clown; presi un pomodoro e me lo schiacciai sul naso; l’idea che piacque molto, inventai quasi una gag: mi colava il succo del pomodoro sulle labbra, tanto da provare a bloccarlo leccandolo senza scompormi. Ridevano, grandi e piccoli. “Vuoi vedere che forse è questa la strada giusta?”, mi dissi».Dopo un “prima”, c’è un “dopo”.
«Si chiama don Filippo, cappellano del SS. Annunziata, all’epoca lo affiancavo; lo convinsi a farsi accompagnare autorizzarmi a provare a far sorridere, ma con la massima discrezione, i piccoli pazienti: andò bene, tanto che le collaborazioni cominciarono a moltiplicarsi, fino a richiedere un’associazione – composta rigorosamente da volontari – con un suo statuto; anche questo passaggio deve essere stato condiviso con entusiasmo, se oggi siamo centocinquanta tesserati e copriamo quattro ospedali e non solo i reparti di Pediatria, tanto da dividerci fra altri piccoli e grandi pazienti».
Provare a strappare un sorriso quando di mezzo c’è una corsia di ospedale è una missione.
«Emozioni sempre nuove – puntualizza Papa – che prendiamo quotidianamente: mettiamo al servizio del prossimo il mestiere del far sorridere, il più delle volte ci riusciamo, ma in realtà ci arricchiamo ogni giorno che passa di una grande umanità; l’associazione è importante: non ci si può improvvisare al cospetto di una sofferenza, sono i bambini ad aiutarci più degli adulti. Il mio nome d’arte, Pingo Bellicapelli, me lo ha assegnato un bambino, la prima volta che mi vide in corsia rise e mi indicò: “Pingo!”. E “Pingo” sia. Quel “Bellicapelli” l’ho aggiunto io, dopo, in senso ironico, avendo oggi la testa pelata».
Non solo bambini.
«Abbiamo cominciato a compiere un nuovo percorso lo scorso anno alla Cittadella della carità, con pazienti affetti da Alzheimer e demenza senile. Portato le nostre facezie, il mestiere del sorriso anche ai più anziani, altra emozione. E’ stata un’esperienza che ci ha visti completare il nostro bagaglio di animazione, tanto che oggi siamo tornati alla Cittadella, con un nuovo progetto e la voglia di portare sorriso e conforto a chi ha bisogno di noi».
Il rapporto con i genitori dei piccoli pazienti.
«Il rapporto più difficile è con il bambino ospedalizzato, non è casa sua ed è impegnativo fargli capire che se è lì, è perché è necessario passare attraverso controlli accurati. Il rapporto con il piccolo e i genitori prosegue anche dopo, lo stesso con altre associazioni come noi impegnate nel volontariato: Ail, Ant e Simba. Speriamo sempre di proseguire la “terapia del clown” anche dopo, con i genitori e bambini, segno che i piccoli sono stati dimessi dall’ospedale e all’orizzonte per loro si intravede qualcosa di positivo». Una cosa che Claudio Papa vuol dirci.
«La bellezza della maschera più piccola del mondo, il naso rosso: spesso basta indossarlo per far tornare un sorriso a un bambino o ad un anziano, dopo una giornata di controlli e cure. Con quello raggiungiamo il cuore della gente abbattendo paletti mentali: qualcuno pensa sia facile, non è così; facciamo ascolto assorbendo i suggerimenti di medici e psicologi, non insegniamo a fare clownerie e palloncini, proviamo a far sorridere; è il sorriso di chiunque a riempirci il cuore di gioia e a confermare che stiamo facendo la cosa giusta».
Il naso rosso, poi un’altra soddisfazione.
«Il Parco della gioia di Mister Sorriso in Zona Tramontone, a Taranto. Nasce grazie a genitori che hanno “bimbi speciali” – così li chiamiamo noi – che non sanno dove portare i loro figlioli a giocare. Con genitori, medici, psicologi e ortopedici abbiamo realizzato questo parco su un’area comunale. Parco bellissimo. Sono venuti perfino da Bologna e Sassari a visitarlo e, per la nostra gioia, a copiarlo e realizzarlo nelle loro città per aiutare altra gente che ha bisogno di un sorriso. Studiata la distanza fra giochi, questo è un parco inclusivo; proviamo a dare strumenti a bimbi normodotati e bambini disabili per giocare insieme. Abbiamo, inoltre, strutture nuove, anche per ipovedenti e un “Orto aromatico” curato da amici disabili mentali, ospiti in un Centro diurno». Non finisce qui. C’è il progetto per gli anziani alla Cittadella della carità, l’idea di un tema che duri tutto l’anno (quest’anno è “l’inclusione”), la collaborazione con associazioni che si occupano di chi soffre di autismo.
A proposito di chi soffre di autismo.
«Stiamo provando ad interfacciarci con esercizi commerciali – conclude Papa – per attivare anche da noi “L’ora amica”, come accade in Australia con la “quiet hour”, l’ora quieta: per un’ora a settimana le attività mettono in pratica accorgimenti che servono a famiglie che hanno bambini con autismo a fare la spesa insieme: in quell’ora vengono contenute le informazioni sonore, abbassate le luci, abbassato il volume della musica, per evitare eventuali crisi. Questa disponibilità potrebbe essere un ritorno di immagine non indifferente per queste attività: comprendo le dinamiche di vendita, ma personalmente non mi dispiacerebbe fare la spesa in un clima più sereno».