A Piacenza per proteggere un corteo che manifesta contro la violenza. Basta poco e l’aggressione arriva da chi non ti aspetti. Calci, pugni, colpi di scudo e una corsa in ospedale. Cinque i carabinieri feriti.
L’hanno chiamata mattanza. L’episodio violento accade a Piacenza, giorni fa. Un brigadiere dei carabinieri durante un corteo viene spinto, sgambettato dagli stessi manifestanti. Perfino percosso con il suo stesso scudo sfuggitogli dalle mani pochi istanti prima. L’uomo finisce in ospedale, destinazione Reparto di traumatologia. Altri quattro suoi compagni, non se la passano meglio. Sono stati bersaglio di pietre scagliate da scalmanati.
Alla fine, è quasi un bene che quella manifestazione antifascista sia finita solo con qualche ferito. Il brigadiere preso a botte resterà a lungo traumatizzato da quella manciata di secondi interminabili. Si conclude nel peggiore dei modi un corteo contro la violenza che ha scatenato un assurdo tafferuglio. Contro un rappresentante dell’ordine che doveva assicurare massima sicurezza a chi manifestava. Un episodio che fa a cazzotti con la stessa democrazia, quel principio di pensarla anche diversamente, purché fatto in maniera civile. Perché le parole non fanno male, pugni e calci sì.
Ci battiamo per la democrazia, incassiamo le condizioni per manifestare, esprimere un concetto, anche fuori dal coro, e poi cestiniamo tutto in un solo attimo, come fosse un documento word appena accennato al pc. Bastano pochi manifestanti infiammati dai loro stessi slogan a cambiare il corso della storia. Una manifestazione antifascista organizzata per urlare disprezzo contro chi userebbe le maniere forti per affermare un principio di libertà, si conclude con una corsa in ospedale e cure mediche. In quei pochi minuti piacentini, gli esagitati sono passati alle vie di fatto. Un pugno di aggressori individuati fra centri sociali e sindacati di base, scombina i piani di una “protesta autorizzata”. La manifestazione, avevano assicurato gli interessati alla vigilia, avrebbe avuto toni civili. Poi a qualcuno viene l’idea di cambiare percorso, andare a sfidare l’opposizione, una sezione appena allestita da CasaPound.
CI RIMETTONO CARABINIERE E DEMOCRAZIA
Paga dazio il brigadiere. Pagano le forze dell’ordine. Stavolta è toccata al carabiniere preso a “scudate”. Non serve andare su internet e scomodare episodi, talvolta controversi, di una storia fatta di vittime negli ultimi cinquant’anni di piazza.
Restiamo sull’ultima vicenda. Raccontata, non a parole, bensì con le immagini, l’aggressione vigliacca di un uomo il cui lavoro è fare rispettare le regole di una democrazia condivisa. Far rispettare, nel caso di Piacenza, quel “benedetto” percorso, ma anche difendere i manifestanti da eventuali assalti. L’uomo con lo scudo, a un certo punto, non sa da chi difendersi. La minaccia stavolta viene dall’interno, dagli stessi manifestanti. Altre volte era arrivata dall’esterno.
Ciò che resta di quel giorno di ordinaria follia è un uomo picchiato e traumatizzato, come quel senso di democrazia nel quale tutti crediamo. Non è con aggressioni e pestaggi che si afferma il principio di “non violenza”. Stavolta lo scontro ha generato feriti, per fortuna si diceva. Fosse andata peggio, sarebbe stato peggio per tutti. A cominciare da quella democrazia, che molti, brigadiere compreso, tutelano anche per noi tutti a costo della vita.