Carlo Vulpio, giornalista, dalla stampa alla candidatura a sindaco di Altamura
«Il business è tutto per le banche estere. La politica dell’eolico non paga. Le mie battaglie per l’ambiente e contro le industrie inquinanti. L’impegno civico, una sfida al cartello dei partiti. Sgarbi il mio primo sostenitore e il mio assessore alla cultura, se tutto filasse liscio…». Il Corriere della sera, L’Espresso, il debutto con un giornale tutto suo. Un libro contro l’Ilva, i nostri ragazzi che abbandonano la Puglia…
«Avrei potuto farmi le mie belle tre, quattro inchieste, invece, ho scelto di mettermi in gioco, candidarmi a sindaco di Altamura con una lista civica, niente partiti; fossi eletto guadagnerò meno rispetto allo stipendio del Corriere della sera, ma mi sono detto: adesso o mai più». Carlo Vulpio, giornalista, laureato in Giurisprudenza, ha insegnato Lettere a Bologna, collaborato con l’Espresso e l’Unità, per scrivere successivamente sul Corriere della Sera per cui ha seguito le inchieste “Poseidon”, “Why Not” e “Toghe Lucane”. Un giornalista si candida a sindaco con una lista civica (Avanti Mediterraneo) nel comune di Altamura. Ci incuriosisce il processo con il quale una firma così autorevole si giochi un bel po’ di fichesnella politica.
Non facciamo endorsement, ma confessiamo che la notizia ha solleticato non poco la voglia di sentire le ragioni che portano un cronista attento e quotato come lui a fare una scelta di campo. «La mia sarà una sindacatura molto monarchica e molto federiciana, in una città fondata da Federico II; adotterò un nuovo Piano regolatore: come stanno le cose oggi, qui non c’è spazio nemmeno per costruirci un cesso», dice Vulpio senza tanti giri di parole.
Pensava di aver fatto tutto nella vita, mancava la candidatura a primo cittadino. «E’ stata una decisione nata dalle viscere, un moto di ribellione, una urgenza, un atto necessario: ho deciso tutto in 48 ore, il 18 marzo scorso; come è stata rapida la decisione, altrettanto rapido è stato il modo in cui tutto è stato realizzato. E’ un’urgenza che sta nelle cose, una città di settantamila abitanti si trova davanti a un bivio: o finisce di morire lentamente, oppure cambia registro». Se vincesse davvero. «Se vincessi, anche candidandomi senza un partito, ma con una lista civica, vuol dire che sono riuscito ad invertire la rotta».
NON MI ACCONTENTO DEL “PARI”
Un pareggio non lo mette in bilancio. «Difficile pensare al pareggio: non ci sono mezze misure, prenderò venti o ventimila voti; non ho nulla da perdere: potrei essere la sorpresa, fare il botto; andare al ballottaggio, oppure vincere al primo turno e, in questo caso, finalmente si sarebbe concretizzata una follia collettiva…».
Urgenza, atto necessario. Starebbe così male la sua città. «Sto incontrando gente, gli altri hanno alle spalle sigle, partiti: il più li considero animali da tastiera, professionisti del copia e incolla, prendono un ritaglio stampa e lo enfatizzano: “Altamura è la città che ha fatto registrare il maggiore incremento di reddito, il 7,3%”; vero che qui circolano soldi, ma si fermano nelle mani di pochi. A parte il centro storico federiciano, il resto è solo cemento, verde pressoché inesistente, una miseria di 40 centimetri ad abitante…».
Buropulizia, che roba è. «Fare pulizia della burocrazia, che è solo tempo perso; domande e progetti viaggiano sulle gambe dei funzionari, il mio compito sarà quello di mandare a casa un po’ di dirigenti: assumerne nuovi, senza concorsi, che poi sono bufale; proporrò contratti di diritto privato affinché i nuovi diano conto al sindaco e all’Amministrazione che li ha nominati».
Fra le sue iperbole, lo scioglimento del corpo di Polizia locale. «Va rifondato completamente. Qui c’è la Compagnia dei carabinieri, vorrei ci fosse invece la Stazione dei carabinieri: agli uomini dell’Arma toccherebbe sanzionare i reati e far rispettare l’ordine pubblico; alle multe ci penserebbero gli ausiliari del traffico». Sarebbe Cetto Laqualunque al contrario. «Nel mio programma non esiste il “Mi voti e ti do un posto di lavoro, non mi voti, allora intu…a te e tutta ‘a tua famigghia. Se mi scegli fai solo bene a te stesso; se non mi voti perdi un’occasione: se farò il sindaco guadagnerò meno di quello che guadagno con il Corriere della sera…».
CHI GLIEL’HA FATTA FARE
Un giornalista attaccherebbe con “Carlo Vulpio sindaco? Questa proprio ci mancava….”, lo stesso interessato ha un’idea. «Attaccherei con una cosa simile. Magari: “Vulpio si è messo in testa di diventare Federico III”. Ho convinto il mio amico Vittorio Sgarbi a candidarsi ad Altamura, capolista al Consiglio comunale, e non lui sindaco e io candidato nella lista che lo appoggia; ma gli ho già detto che se dovessi vincere, l’Assessorato alla Cultura sarebbe cosa sua».
“Aprire la porta del Palazzo ai cittadini”, “Sarò il sindaco di tutti” oppure “Amici, concittadini, rimbocchiamoci le maniche”, questi sono gli slogan che di solito circolano più di altri. «Ho una lettera di dimissioni sul tavolo, pronta: o si rispetta il mio programma, oppure mando tutti a casa; io torno al mio lavoro, gli altri devono trovarsene un altro. A costo di farmi ridere dietro, voglio che capiscano che se votano me, io sarò Federico III».
Una cosa di cui si è stupito. «Primo comizio in piazza del Duomo ad Altamura, in tempi molto “social”, confesso che pensavo non venisse nessuno. Ai miei avevo spiegato che la politica è un po’ come il teatro, l’attore vero si vede anche davanti ad un solo spettatore. E, invece, la prima sera la piazza ha cominciato a popolarsi, infine, potenza di Facebook, ho visto totalizzarsi anche quarantamila visualizzazioni».
ALTAMURA, NE HA BISOGNO COME IL PANE
Una cosa di cui Altamura ha bisogno come il pane. «Ha bisogno di respirare, di verde, posti in cui si possa fare attività sportiva liberamente: di sicuro, dovessi diventare sindaco qui non si costruisce più niente, ogni angolo “abusato” sarà espropriato e alberato. Abbiamo bisogno di ossigeno, dunque parchi, parchi, parchi; stadio nuovo, cimitero nuovo…».
L’impegno contro l’installazione delle pale eoliche, a favore dell’ambiente e contro l’industria inquinante. Quanto portano via le battaglie civili.
«Le pale eoliche sono una truffa green, l’unica cosa verde è l’energia prodotta dal vento che non si può immagazzinare: per il resto è solo un affare per le banche internazionali; assistiamo a un impatto ambientale pazzesco; se portassi la gente a visitare dove installano pale eoliche alte trecento metri, sono convinto che una volta osservate a questa verrebbe solo voglia di abbatterle».
“La città delle nuvole – Viaggio nel territorio più inquinato d’Europa”: ne è valsa la pena, lo riscriverebbe, lo ripubblicherebbe. «Editorialmente non è operazione fattibile, ci sono state pubblicazioni successive; quel libro fotografava quel momento, non era solo sulle carte giudiziarie; una sola volta ho pensato che non ne fosse valsa la pena, quando ho visto una Taranto che reagiva freddamente; le inchieste, le intercettazioni di politici e dirigenti hanno confermato ciò che avevo anticipato, così alla fine credo che ne valga sempre la pena. Oggi Taranto ragiona diversamente, quantomeno la consapevolezza sui diritti è cresciuta rispetto a quando ho scritto quel libro, nel 2009».
LA FUGA DI CERVELLI
Fare il giornalista oggi, che mestiere è. «Fatte salve le grandi professionalità, quei colleghi che svolgono questo lavoro con grande passione, vedo un po’ di gente che esercita questa professione come se fosse il più antico mestiere al mondo»
Un consiglio a un ragazzo attento, di buone speranze, se volesse fare il giornalista. «Se la passione lo divora, gli direi di farlo senza pensarci su due volte. Per quella che è stata la mia esperienza, io stesso fondai un giornale locale, “Piazza”, nel quale mi assunsi versandomi i contributi; andò subito bene, poi arrivò il contratto con il Corriere della sera, le inchieste e lasciai».
I nostri ragazzi dicono “addio” alla Puglia, come si ferma una simile emorragia. «Non vanno solo via dalla Puglia, ma anche dal resto d’Italia; stiamo registrando una emigrazione pari a quella del dopoguerra: una volta, però, andavano via artigiani, gente che lavorava nella campagna, trovava impiego in una catena di montaggio al Nord. Con il tempo questa regione è diventata il bed and breakfast dei turisti; non aiuta il teorema-Di Maio: se non studi diventi ministro; se studi ti tocca emigrare; questo è quanto stanno insegnando ai ragazzi che conseguono un titolo di studio, una laurea e vanno anche all’estero per lavorare».