“Friday for future”, studenti in corteo anche a Taranto

Due giorni fa grande manifestazione per le vie del centro. Ragazzi fra piazza della Vittoria e la Rotonda del Lungomare. I più grandi “bisticciano”: Peacelink, ex Arpa e Arcelor Mittal non si danno tregua. Fra i cartelli, «Ci siamo rotti i polmoni»e «+carbonara e -carbone».

Anche Taranto ha aderito al “Friday for future”, il “Venerdì per il futuro”. La città e la provincia che si sentono martoriate dall’industria inquinante hanno risposto in modo massiccio. Giusto, in buona parte. Un po’ meno per quella risicata ribellione organizzata che si è messa alla testa di migliaia di studenti che ci hanno creduto (e ci credono ancora). Quando una cosa diventa strumentale, scade, non ha l’effetto contrario, ma si corre il rischio come sempre di fare una frittata. Venerdì scorso sono state 160 città italiane hanno fatto sentire i loro cori “verdi”: da Milano a Torino, da Firenze a Roma, da Napoli a Taranto.

«Il siderurgico è nella top ten europea delle emissioni di Co2!», tuona Alessandro Marescotti di Peacelink in una sortita rivolta al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. C’è una manifestazione, questo il punto di vista “ambientale”, carichiamola di significati. E non finisce qui. Giorgio Assennato, infatti, ex direttore dell’Arpa, fa a pezzi l’uscita del leader degli ambientalisti:  smonta questa sortita: «È bassa propaganda: Marescotti banalizza temi importanti».

Interviene anche Arcelor Mittal, l’ex Ilva, che replica  alle dichiarazioni di Peacelink. In tutto questo, altro intervento: c’è chi ha lanciato l’allarme sui lavori alla scuola “Vico”, ma è stato subito subito smentito dall’Ufficio per le bonifiche. Chi voleva capirci qualcosa, a fine corteo aveva le idee un po’ confuse. Taranto e provincia, in prima fila le scuole, hanno manifestato in massa, e questo è stato un grande segno di civiltà. E, alla fine, poco importa che il corteo, nel cuore della protesta, abbia espresso sensazioni e partecipazioni diverse.

TUTTI IN CENTRO!

Qualche istituto scolastico ha fatto a gara a chi era più originale, dunque partenza del corteo dall’Arsenale alle nove del mattino: gran parte in via Di palma e via D’Aquino, fino in piazza della Vittoria; una parte, non considerevole, ma significativa – si dice per non urtare la sensibilità degli interessati – a raccogliere sulla Rotonda del Lungomare tutti i rifiuti raccolti durante il tragitto. E poi un camioncino al posto di un’Ape Piaggio rivoluzionaria, un giovanotto a suggerire “bandiere rosse” e “vaffa”, per non scontentare tutti i presenti. Un politico che aveva manifestato solidarietà si stacca dal corteo, un collega lo imita, non gradisce fischi e cori nei pressi della sede di un partito. Ce n’è per tutti e per il contrario di tutti.

Non è un’occasione sprecata. Va bene così. Il segnale sono le migliaia di ragazzi scesi in piazza, anche se alla prossima occasione dovranno fare più attenzione sui visini o dirimpettai di corteo: chi scantona dal tema principale, è out dalla manifestazione.

Quella appena trascorsa è stata una settimana dedicata alla grande mobilitazione mondiale per chiedere alle nazioni industrializzate strategie più incisive contro il riscaldamento globale: 2500 eventi in 150 Paesi del mondo, numeri che hanno fatto del “Friday for the future” la più grande manifestazione per l’ambiente mai organizzata: cortei, flash mob e altre iniziative, hanno avuto luogo ovunque, dagli Stati Uniti all’Iran, dal Giappone all’Australia, dall’India all’Europa.

In prima linea per il “Global Strike For Future”, soprattutto gli studenti. Giovani che scelgono di disertare gli impegni scolastici per chiedere provvedimenti urgenti ed efficaci nel contrasto ai cambiamenti climatici.

«VOGLIAMO AZIONI CONCRETE!»

Gli scioperi per il clima, sono nati nell’estate dello scorso anno su iniziativa di Greta Thunberg, per chiedere ai governi forti di rendere la lotta al cambiamento climatico il fulcro della loro azione politica. Tra i cardini intorno a cui ruota l’anima giovane e verde di questo movimento sempre più global: portare a zero le emissioni climalteranti entro 2050 (e in Italia nel 2030) per contenere entro i 1.5 gradi l’aumento medio globale della colonnina di mercurio; transizione energetica attuata su scala mondiale. In buona sostanza, valorizzare la conoscenza scientifica, ascoltando e diffondendo i moniti degli studiosi più autorevoli di tutto il mondo. La scienza da anni informa sulla gravità del problema e sugli strumenti utili per contrastarlo. Agire, ora, è una prerogativa prettamente politica.

Cosa chiedono e hanno chiesto anche i nostri ragazzi, gli studenti delle scuole di Taranto e provincia: rivedere i programmi didattici per evidenziare le conseguenze dell’utilizzo di combustibili fossili (“Più carbonara e meno carbone” su un cartello agitato da una ragazza; una collega “Ci siamo rotti i polmoni!”), inserire in tutti i programmi insegnamenti basati su modelli di sviluppo ecofriendly. Infine intimare uno stop a tutte le collaborazioni tra il Miur e le aziende inquinatrici che ad oggi non si sono ancora impegnate in un piano di decarbonizzazione totale entro il 2025 e un piano esplicito di bonifiche e risarcimento danni. «Vogliamo azioni concrete per fermare il cambiamento climatico a partire da scuole e università», l’invito dei nostri studenti. Al netto di posizioni e slogan strumentali.