L’omicidio della studentessa, il papà Gino Cecchettin

«Ora alle tante ragazze come lei nel mondo: non provo rancore», dice il papà della ragazza barbaramente assassinata. «Dev’essergli scoppiata una valvola nel cervello», dice Nicola Turetta, papà di Filippo, l’omicida della ventiduenne studentessa veneta. Un Paese turbato che ha seguito col fiato sospeso l’intera vicenda, fino al ritrovamento del cadavere e al successivo arresto dell’ex fidanzato

 

L’omicidio di Giulia Cecchettin, ventiduenne di Vigonovo (Venezia), e l’arresto dell’ex fidanzato, Filippo Turetta, bloccato in Germania con la sua auto, senza più benzina, senza più soldi per proseguire nella sua fuga. Una storia che ha turbato l’Intera Italia. E non solo, considerando lo spazio che canali televisivi e stampa internazionale, intuendo forse un epilogo drammatico, stavano dando prima del ritrovamento della povera Giulia Cecchettin. La vicenda è lunga una settimana, la fine in due giorni. Per una settimana si avanzano ipotesi, qualcuno pensa che i due ragazzi l’abbiano fatta finita. In realtà Giulia aveva lasciato Filippo, che, invece, non si dava pace. Ripeteva al papà, Nicola, insisteva, che senza di lei sarebbe arrivato perfino a farla finita, ad ammazzarsi. Questo scaturisce in una breve, toccante intervista rilasciata da Nicola Turetta.

Fa un passo indietro, come può accadere a un uomo che vive uno stato confusionale, è convinto di vivere un incubo: non può essere stato suo figlio Filippo ad ammazzare così brutalmente quella ragazza che diceva di amare. Lucido, invece, quando si fa carico delle colpe del suo ragazzo: non ha compreso i segnali di insofferenza che, forse, gli lanciava suo figlio.

 

 

IL DOLORE DEI GENITORI

Preferiamo cominciare con il virgolettato delle dichiarazioni dell’altra parte, quella straziata dal dolore di aver perso una figlia-modello, dolcissima, studiosa, a un passo dalla laurea, e che tutti amavano, dai genitori alla sorella, Elena, che come i suoi genitori non si dà pace, i suoi amici, i compagni di università.

Prima della fiaccolata in memoria di Giulia, Gino Cecchettin, rilascia dichiarazioni ai giornali. Una delle frasi più toccanti, la rende al quotidiano “La Repubblica”. «Non provo odio, spero che Filippo campi duecento anni, perché provi dolore pensando a quel che ha fatto».

Ora c’è il dopo. «Ora penso a Giulia e alle tante ragazze come lei nel mondo: non provo rancore, non provo nulla. Spero solo che lui si renda conto di quello che ha fatto. Non poso escludere che la amasse, ma lo faceva nel modo sbagliato. Se si renderà conto, proverà dolore. Non ho sentito i genitori di Filippo: anche loro stanno vivendo un dramma».

«Adesso mi affido alla giustizia affinché faccia il suo corso: le prove emerse penso siano lampanti, sicuramente non rimarrà impunito. Questo però riguarda lui, non me».

I segnali, possibile che un genitore non colga insofferenza? La stessa domanda che la stampa rivolgerà a Nicola Turetta, papà di Filippo, viene rivolta a Gino Cecchettin. «Non ci sono riuscito e purtroppo ne ho fatto le spese; da papà è inevitabile farsi delle domande: potevo fare qualcosa per lei? I primi a colpevolizzarci siamo noi genitori. Ho sempre cercato di preservare la privacy di Giulia, anche perché è sempre stata una ragazza coscienziosa e responsabile e mi sono sempre affidato al suo giudizio. Fossi stato più invasivo le avrei salvato la vita? Qual è la verità?».

 

 

IL PAPA’ DELL’OMICIDA

Il papà di Filippo, Nicola Turetta: «Avrei preferito che la cosa fosse finita in un altro modo, che fosse morto anche lui. Fatico a crederci, io e mia moglie non capiamo come possa essere successa una cosa del genere. Quando mi hanno informato del ritrovamento del cadavere di Giulia, mi è mancato il respiro: per un attimo avrei preferito che la cosa fosse finita in un altro modo».

«Però è mio figlio – prosegue Nicola Turetta che rilascia dichiarazioni alla stampa – e la vita deve andare avanti; esprimiamo massima vicinanza alla famiglia di Giulia, perché le volevamo bene, l’avevamo conosciuta bene: sembravano una coppia perfetta. Non so come poter rimediare, non riusciamo a capire come possa aver fatto una cosa così un ragazzo a cui abbiamo cercato di dare tutto quello che potevamo dare».

A proposito dei segnali. «Fino a quel maledetto sabato – prosegue Turetta –sembrava che facesse le cose come vanno fatte: da padre ho sempre pensato che fosse un figlio perfetto. Non mi aveva mai dato nessun problema, né a scuola, né coi professori, mai un litigio con i compagni, mai alzato le mani nemmeno con suo fratello: trovarmi davanti a una cosa del genere non è concepibile: dev’essergli scoppiata una valvola nel cervello, non so».