Massimo Moriconi, trentaquattro album con Mina

«Parlo dei musicisti, quelli che non transigono: è giusto solo quello che fanno loro è giusto. La “tigre”? Una donna di parola, non sopportava di essere giudicata per il suo privato. Continuo a suonare con l’entusiasmo di un quattordicenne»

Centinaia gli album in studio, fra questi ben trentaquattro realizzati con la sola Mina, di cui è musicista di fiducia. Collaborazioni a tutto andare nel jazz e nel pop, da Chet Baker a Billy Cobham e Lee Konitz, proseguendo con Armando Trovajoli e Lelio Luttazzi, Fabio Concato e Fiorella Mannoia. Massimo Moriconi, bassista e contrabbassista fra i più celebrati, in tour con Emilia Zamuner con la quale ha realizzato un album in studio, “Doppia vita”. A Taranto per lavoro, dunque, ai microfoni di “Costruiamo Insieme” parla di passato, ma anche di futuro («…avere sessantaquattro e non sentirne la metà»).

Non ci sono più i concerti di una volta. «Come in qualsiasi altro settore, anche la musica registra una flessione. Siamo stati invasi da altre cose che, insieme, ci hanno messo poco a mettere in un angolo il jazz, una musica evidentemente non per tutti. La musica, per me, è come l’amore, non c’è moda che tenga, sopravvive a qualsiasi moda. Oggi bisogna “faticare” di più, ma suonare è sempre un lavoro di grande fascino».

Quasi mezzo secolo di attività, fra orchestre, studi di registrazione, teatri e tv. Non è stanco nemmeno un po’, tanto che ha tempo e modo di seguire altri progetti. «Siamo in due, io ed Emilia Zamuner, facile parlarne. Abbiamo pubblicato insieme un album per voce, contrabasso e basso elettrico. Galeotto fu il “Premio Massimo Urbani”, vinto da lei tre anni fa. Emilia, oltre alla voce, ha un dono: l’improvvisazione; timbri pazzeschi e, non è un dettaglio, esprime sempre positività».

DOPPIA VITA…

Lo stile Moriconi. «Quando suono provo a fare “arrivare” la musica al pubblico; dunque, suono per me, ma anche per gli altri: odio le facce tristi che mettono malinconia. Dunque, facciamo i bravi, cerchiamo di ascoltarci e proviamo a non discriminare. Il jazz ha dato, ma prende anche: negli ultimi anni ha preso da altri generi, l’importante è che sia musica bella. Torno all’ultimo album: “Doppia vita” è improntato sulla rivisitazione di canzoni italiane e internazionali, brani di vario genere realizzati in questa formazione, un duo, voce e basso, niente altro».

Emilia a due passi. Dopo un primo approccio pare che lavorare con un musicista che ha realizzato decine di album con Mina, non sia un problema. «Pesava all’inizio – dice la Zamuner – del resto ero al cospetto di un gigante. Massimo, però, mi ha messo subito a mio agio con l’umiltà dei grandi. Per la voglia che ha ancora di fare, mi sembra quasi un bambino, mai stanco di giocare. Un progetto basso e voce, può sembrare singolare, ma è anche il modo più essenziale di spiegare la musica attraverso le “toniche”. Nelle mani di Moriconi, queste diventano armonia aperta a mille esplorazioni attraverso contrabasso e basso elettrico, e una voce, la mia, senza effetti. Penso e ripenso, poi mi do una spiegazione: è stata la spontaneità ad avvicinarci».

Un momento improvvisativo, considerando il suo piatto forte. «Quello più bello: mentre registravo, cantavo “My funny Valentine”: presa dall’emozione ho ribaltato il testo, ma non mi sono fermata; non so per quale strana alchimia, ma in quel momento le nostre menti – quella mia e di Massimo – si sono perfettamente sincronizzate: eravamo sullo stesso canale, come se avessimo contemporaneamente schiacciato “play”; è stato lui a decidere che quel momento doveva restare così com’era».

Moriconi, la star, i compagni di viaggio con cui ha una maggiore intesa. «Si chiamano amici, una ristretta cerchia di persone con cui ho modo di confrontarmi senza ipocrisie; con questi non devo stare attento ai toni, ai modi. Gli amici sono quelli che mi assomigliano più di altri: amano tutta la musica e, soprattutto, non sono “talebani”; questi ultimi li sopporto a patto che non dicano che chi non è come loro non va bene…».

MINA, CHE ATTRIBUTI!

Il rapporto professionale con Mina, la Tigre di Cremona, cosa le chiede tutte le volte che si trova a lavorare in studio con lei. «Che io suoni come mi sento di suonare: la cosa più bella che mi abbia permesso di fare in tutti questi anni. Anche per questo il mio rispetto nei confronti della stella più grande del nostro firmamento musicale diventa doppio. Mina ha fatto la storia non solo come cantante: è stata la prima a fare dance, videoclip, prima a presentare, qualità che l’hanno distinta dal resto degli artisti; purtroppo, per anni, è stata perseguitata per avere avuto un figlio da un uomo sposato».

Forse con Moriconi ha parlato dei motivi che l’hanno allontanata per quarant’anni dal pubblico. «Nel ’78, suonavo con lei: disse di essersi “rotta” del fatto che la gente mettesse le mani solo nel suo privato invece di giudicarla come cantante. Così si è ritirata. Mina è persona con gli attributi, suonare con lei e coltivare un rapporto di amicizia straordinario è qualcosa che non si può raccontare: è la cosa più bella che mi sia capitata nella vita da quando faccio questo mestiere».

Non le ha mai parlato di un possibile ritorno. «Fra amici si parla di altro, a meno che non siano gli stessi a parlarti di cose così troppo personali. Non sarò certamente io a chiederle cose, credo sia materia troppo delicata. Poi gli argomenti di conversazione non mancano, con Mina puoi parlare di tutto, vera signora e grande professionista: quando è in studio mette la massima attenzione in quello che fa; ha le idee chiare: il risultato finale deve essere quello che ha in mente e non un altro. Proprio come il primo giorno che l’ho incontrata, sarà anche per questo motivo che lei è Mina, donna di parola: quando decide una cosa è quella, non c’è rimedio».

A Taranto per un concerto, già di ritorno a Roma. «Mi sento giovane. Come quando avevo quattordici anni, se una cosa mi piace faccio anche tremila chilometri, se non mi piace non faccio nemmeno tre metri…».