Ronnie Jones, dj, cantante, produttore

«Non è il colore della pelle a darti una marcia in più, ma testa, intelligenza, sensibilità». Militare con l’Air Force americana, restò in Europa, poi il trasferimento dall’Inghilterra all’Italia. Scoperto da Arbore e Boncompagni per la radio (Musica in), scelto da Berlusconi per la tv (Pop corn). L’addio alla Rai, la ripartenza con Radio Milano International. Le sue canzoni, le ottantasei primavere, averle, ma non sentirle: «Ho due volte quarant’anni, fidatevi», dice

 

Un “cioccolatino” che faceva tanto sorridere. In realtà, la sua, una carezza agli ascoltatori senza pregiudizi che fra la fine dei Sessanta e l’inizio dei Settanta, ascoltavano trasmissioni come “Bandiera gialla” e “Supersonic”. Lui, Ronnie Jones, ottantasei anni “suonati”, americano del Massachusetts, aveva posto al centro delle sue trasmissioni la questione razziale, trattandola in maniera sobria, alla faccia di chi, invece, a quei tempi ce l’aveva con i neri e i meridionali. Insomma, un messaggio diretto a chi ha voglia di comprendere che non è il colore della pelle, le tue origini, a darti una marcia in più, ma – detto tout-court – testa, intelligenza, sensibilità. Ronnie, da venerdì 10 a domenica 12 novembre, sarà ospite e animatore delle tre serate di “Portici d’estate”, un’organizzazione di Antonio Rubino, in programma al Teatro Nuovo di Martina Franca.

«Quegli anni non sono stati facili – dice il più popolare dei disc-jockey radiofonici, antesignano delle AM, la Modulazione di ampiezza su scala nazionale, schiantate nel tempo dalle FM, le frequenze medie, le “private”, per intendersi – ero stato militare nell’Air Force degli Stati Uniti, avevo girato il mondo, ma coltivavo una grande passione per la musica; trovandomi in Europa, la mia scelta fu quasi obbligata, andai in Inghilterra: suonavo, cantavo, scoprii anche una certa qualità da animatore; i complessi dei quali facevo parte delegavano me al ruolo di “public relations”: durante le serate non solo cantavo, ma presentavo le canzoni, i miei compagni, improvvisavo battute. Come nella musica, anche nella vita occorre una buona dose di improvvisazione. Venivo dal servizio militare e lì, l’improvvisazione, specie nei momenti critici, è il tuo pane quotidiano, guai a distrarti; così, pensavo: cosa vuoi che sia presentare una canzone?».

 

 

Tanto per gradire, Ronnie, ci dice degli artisti con cui è stato a stretto contatto, ha suonato?

«Quelli sono stati anni rivoluzionari, in quel posto lì stavano ribaltando la musica, il costume, e, forse, nemmeno lì, in Inghilterra, se ne stavano accorgendo: c’era ancora l’onda lunga dei Beatles, dunque del beat, poi i Rolling Stones. A proposito, con Mick Jagger ci ho suonato e cantato, si vedeva che era un predestinato; come Jack Bruce e Ginger Baker, che suonavano con me nei Blues Incorporated; loro, insieme con Eric Clapton avrebbero creato i Cream; quella formazione aveva accolto in momenti diversi Jagger, ma anche Rod Stewart e Long John Baldry; fra le formazioni delle quali ho fatto parte, ricordo anche i Nightimes, con un giovane John McLaughlin, la Mahavishnu Orchestra, vi dice niente?».

Ma Ronnie Jones, “il nostro cioccolatino”, come ci arriva?

«L’Italia è un Paese che ho sempre amato, tanto che ci sono rimasto per il resto della mia vita: fra Roma, dove ho vissuto i tempi d’oro della radio in Rai, e Milano, alla fine ho scelto quest’ultima città, dove mi trasferii per dirigere Radio Milano International, la rivoluzione in FM; avevo imparato ascoltando Radio Luxembourg e avuto una breve esperienza a Radio Carolina; dunque in Italia feci i provini per il cast di Hair, avete presente il musical di “Aquarius”? Bene, con me c’erano anche Zero, Teocoli e la Berté; con loro feci parte anche del musical “Orfeo 9”; fra una rappresentazione l’altra, facevo anche il disc-jockey, letteralmente “fantino del disco”, cosa che mi tornò utile in Rai, quando mi toccò cavalcare una musica nuova da portare al successo».

Un “thanks” ad Arbore e Boncompagni. Se Baudo s’è inventato metà dei personaggi televisivi, Renzo e Gianni, hanno letteralmente creato un modo diverso di fare radio.

«Devo a loro il mio primo programma in Rai, “Musica in”, insieme con Barbara Marchand, Claudio Lippi e Franco Bracardi, che qualcuno ricorderà come “Solforio”, personaggio che faceva azione di disturbo; bei tempi, quelli, come “In discoteque”, programma con il quale girai l’Italia in lungo e largo. Poi l’esperienza con Milano International, Radio 105, 101, RTL. E poi arrivò la tv».

 

 

Anche nella tv un antesignano con “Pop Corn” su Canale 5. Certo, c’era la Rai, “Discoring” con Gianni Boncompagni, il pigmalione?

«Mi scelse Berlusconi personalmente. Non so quanti sgomitavano per avere la conduzione di “Pop Corn”: come potete immaginare l’unica pressione che potessi esercitare era quella del “saper fare”, non ho mai cercato raccomandazioni; anzi, basta che io fiuti incompatibilità, faccio le valigie e tolgo il disturbo. Grande esperienza con un maestro, Augusto Martelli. Fu così in Rai: “Live Aid”, lo spettacolo di beneficenza più importante del secolo scorso, il cast radiofonico era composto da conduttori e un interprete, il sottoscritto: per ore incollato al microfono, senza staccare un attimo e senza una bottiglietta d’acqua, gli altri al bar, a pranzare, cenare, giocare a fare le star; fine trasmissione, raccolgo le mie cose, saluto e vado via».

Ronnie Jones, una storia che solo a raccontarla occorrerebbe pubblicarla a dispense. Cosa farà in questi tre giorni a Martina, ospite del Teatro Nuovo e di “Portici d’estate”?

«Improvviserò, come sempre – spiega – ma ho già in mente cosa fare, poi sarà il pubblico ad indirizzarmi da che parte andare: da sessant’anni devo alla gente il mio lavoro, dunque mi accompagnerà un gruppo, ma porto con me anche le basi musicali, alle volte la serata mi suggerisse questo piuttosto che quel percorso».

Una, due canzoni, tu chiamale, se vuoi, emozioni…

«Ne dico due: “Just the way you are”, nella versione di Barry White, lì c’è tutto: voce, interpretazione, seduzione; poi, strano a dirsi, per un bluesman come me: “September morn” di Nei Diamond, musica leggera, armonia e la filosofia della vita, mi emoziono tutte le volte che l’ascolto o la interpreto».