Storia d’amore (e burocrazia) a lieto fine per l’adorabile “cagnone” del Borgo

Accalappiato e tradotto nel canile comunale, rilasciato a tempo di record. Restituito alle vie del centro con un’ordinanza del sindaco Rinaldo Melucci. In poche ore erano state raccolte tremila firme. Nella mattinata di martedì il “pastore” è tornato a scodinzolare sereno in via D’Aquino.

Max, canile andata e ritorno. Tutto si svolge nell’arco di ventiquattro ore. Taranto la location. Attori, si dice, protagonisti, comprimari, caratteristi e figuranti, non si contano. Almeno tremila, quante le firme raccolte nel giro di poche ore perché quel cane, un quasi-pastore tedesco, che si fa capire a gesti e smancerie da quanti lo hanno adottato e lo amano, tornasse a tenere compagnia agli amici del Borgo, i primi a muoversi in questa breve storia d’amore e burocrazia.

Bravi tutti, da quanti si sono subito attivati sui social ai rappresentanti le istituzioni che avevano assunto impegno con quanti li avevano sollecitati ad intervenire per “liberare” Max, reo secondo chi ha segnalato agli accalappiacani di avere abbaiato senza motvo, quasi minacciato qualcuno. Conosciamo Max, siamo fieri di essergli “amici”, tanto che ci domandiamo quale atto grave abbia commesso per essere stato considerato «aggressivo». Dovessero accalappiare quanti, umani, spesso disumani, causa atteggiamenti bestiali, vanno in escandescenze alla guida di un’auto o alla cassa di un supermercato, arrivano perfino alla rissa, bisognerebbe attivare una task force. E non basterebbero celle e cellette a calmare bollori spesso incontrollati.

Uno dei primi appelli lanciati, quello della chat dei giornalisti. Su quel “social” a circuito chiuso, partono foto e messaggi, fino a quando il più svelto di tutti si fa promotore di una raccolta di firme. Chi ha polvere spara, l’hashtag #maxlibero fa il suo, le conoscenze “politiche” di questo o quel cronista chiudono il cerchio. In mezzo migliaia di cittadini che si attivano, fanno partire una di quelle catene solidali (a proposito, non perdiamo di vista la raccolta di fondi lanciata per curare Federico, nostro piccolo concittadino, che ha bisogno del contributo, piccolo o grande che sia, di ognuno di noi…), alle quali non si può essere insensibili. Ne sanno qualcosa a Palazzo di Città, dove sindaco, vicesindaco e assessori, consiglieri, si attivano cogliendo subito quel sentimento popolare di buona parte della città.Max 2 - 1«QUALCUNO FACCIA QUALCOSA!»

Intanto, Max, che si fida di chiunque lo avvicini, non fa storie quando gli accalappiacani lo avvicinano e lo “catturano” per tradurlo nel canile comunale. Non insistono i suoi custodi per un giorno”, il cagnone entra nel furgoncino e arriva a destinazione. Intanto, il web impazza. «Ragazzi, non perdiamolo di vista!», «Qualcuno faccia qualcosa, lo adotti!», «Non lasciatelo lì, sappiamo che fine fanno le povere bestie quando arrivano lì!». E, invece, non solo non «sappiamo», ma quel breve viaggio di Max, che ha capito tutto, anche prima di buona parte di noi, è solo una gitarella fuori porta. Quando gli uomini che lo hanno “sequestrato” per sottoporlo a controllo lo ricondurranno al Borgo, praticamente casa sua, il cagnone scodinzolerà come se quel breve viaggio fosse stata solo una scampagnata. Quasi fosse lui a voler confortare quanti sono presenti al suo rilascio agitando quella codona come se salutasse, e quel suo “struscio” all’altezza delle ginocchia di quanti lo attendono nella mattinata di martedì (era stato prelevato lunedì).

Chi ama gli animali domestici prende a cuore la vicenda. In serata le firme raccolte sono almeno tremila. Arrivano i primi segnali da “Palazzo”, parola di sindaco. Il primo cittadino, Rinaldo Melucci, volto disteso, rasserena tutti. «Sto seguendo personalmente la vicenda», posta una foto in cui Max è accanto proprio a lui, il sindaco, durante una cerimonia ufficiale in piazza della Vittoria. Insomma, la pratica del “Cane di quartiere” è in buone mani. «Gli accalappiacani chiamati da un cittadino hanno svolto il loro compito – giustifica Melucci – lo hanno sottoposto ai controlli di routine». Tempo mezza giornata, altro video del sindaco. Anticipa l’imminente rilascio, Max è “innocente”. Per la gioia di tutti noi, che in questo periodo abbiamo in testa i grandi temi, ma non vogliamo perdere di vista i sentimenti quotidiani, i risvolti sociali che una città come la nostra non dovrebbe ignorare.

Insomma, arriva il momento in cui Max torna in mezzo a noi. E’ ufficialmente “Cane di quartiere”, adesso ufficialmente tocca a noi prendercene cura. E se qualche volta andassimo di fretta e lui, Max, ci porgesse una di quelle pietre che vuole che qualcuno lanci per gioco, perché lui poi la recuperi, fermiamoci un istante. Da oggi (martedì per chi scrive) zampe, musetto, baffi, quella coda che esprime gioia, sono anche nostri. L’ordinanza che abbiamo invocato ed è arrivata sollecita, ora ci responsabilizza.

 «ECCO MAX!», FINITO UN INCUBO

Max è stato restituito in mattinata al Borgo, quartiere di appartenenza. Foto, selfie e riprese video, servizi nei tg, sulla stampa, nei siti, nei blog, sugli immancabili social. Ognuno ha il suo lieto fine da raccontare.

Qualcuno, poca cosa a dire il vero, cavalca la vicenda al contrario. Stigmatizza l’intervento del sindaco a scopi politici, fa provocazione gratuita. Nel calcio questa pratica sarebbe considerata un clamoroso autogol. Insomma, come se un sindaco, non fosse anche un cittadino e non potesse gestire come meglio crede una sua giornata mediamente molto attiva. Melucci, non tenuto a giustificare, si reca al canile municipale alla buonora, poi torna a “Palazzo” per cominciare a lavorare. Tutto qui. Ed è già tanta roba. Max è tornato fra noi. Lo attendono cittadini, il vicesindaco Fabiano Marti e due assessori. Un selfie, un post su facebook, quella città sensibile è avvisata: «Max è qui!». Missione compiuta.

E per un giorno, sotterriamo l’ascia di guerra, rispolveriamo i buoni sentimenti. Sentimenti di cui una città, così logorata, ha bisogno in momenti come questi. Mentre Diogene, filosofo dell’antica Grecia, detto anche “il Cane” – cosa ti fa la storia… – con il suo lanternino cercava «l’uomo», qualche tarantino che di professione cerca il pelo nell’uovo, per una volta, per un giorno, facesse un modesto sacrificio e saltasse questo giro. E’ un momento in cui c’è bisogno di carezze e non di sberle. E il nostro Max, delle une e delle altre, ne sa qualcosa. Bentornato, amico!