Bambotto, il cerbiatto-mascotte ammazzato da un cacciatore di ventitré anni
Da sette anni era l’amico di tutti a Pacol, nel Bellunese. Mangiava dalle mani degli abitanti di quel paesino. Si affacciava alla finestra e chiedeva cibo e carezze. Nei giorni scorsi deve essersi fidato della persona sbagliata. «Legittimo sparare e ammazzare», giustifica il papà del giovane. Gli italiani, che riconoscono le leggi che “consentono” e un po’ meno, quelle che “dovrebbero rispettare”.
Sono in corso conflitti, ogni giorno donne e bambini vengono barbaramente ammazzati; ogni giorno decine di ragazzi fuggono dalla miseria, dalle persecuzioni politiche e religiose, trovano la morte in mare. Ogni giorno dibattiti in tv, proposte, le solite: deponiamo le armi, a cosa serve dichiararsi guerra, arrogarsi il diritto di decidere sulla vita del prossimo.
Grandi temi sui quali nessuno fa un passo avanti, tanto da sembrare fuori luogo parlare di un cerbiatto mansueto, una mascotte per gli abitanti di Pecol, vicino Belluno, ammazzato da un cacciatore ventitreenne. Non per fare poesia, correre il rischio di essere canzonati, ma proviamo ad immaginare Bambotto – questo il nome che avevano dato a questa bestiola in paese – che ogni giorno si affacciava alla finestra di alcune case per chiedere una carezza e qualcosa da mangiare. Bambotto era uno di casa. Era, perché un cacciatore di ventitré anni, ha deciso di mettere fine all’esistenza del cerbiatto. Non avrà nemmeno dovuto appostarsi, lo avrà avvicinato – come facevano tutti lì, a Pacol – ma stavolta, invece di allungargli un boccone di chissà cosa, avrà imbracciato il fucile per ammazzarlo.
Non sappiamo quale soddisfazione provi un cacciatore ad ammazzare, a meno che non sia per fame, ma tradire la buona fede di una bestiola, che si fida ciecamente di te, non vi fa un po’ schifo? Beh, non so a voi, ma a noi davvero tanto.
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LA TV A SENSAZIONE…
Non bastasse, una tv che scova notizie col pretesto di dar voce a tutti, rintraccia il papà del giovane cacciatore, perché si rivolga agli spettatori e dica loro di lasciare stare il suo ragazzo, perché non esisteva e perciò, cosa li compriamo a fare i fucili se non ammazzare?
Ecco, questa in poche battute la vicenda che ha indignato molti. Perché si uccidono le persone, non si aiutano i propri simili ad evitare morte sicura, così gli animali se la vedessero per conto loro. Non uno, ma dieci passi indietro nel vivere civile.
La storia di Bambotto la racconta nei giorni scorsi il Corriere della sera. La madre, sette anni fa, aveva lasciato il suo cucciolo sullo zerbino di un abitante di Pacol. Da quel momento, assistito dall’intera comunità, dava confidenza a tutti. Così alla notizia della sua morte per mano di un cacciatore, gli organi di informazione hanno registrato grande commozione e rabbia a Pecol, per la sua morte. Bambotto è stato ammazzato da un cacciatore. La denucia parte dal web, ci pensa Donatella: «Questo era Bambotto – scrive nel post – era nato 7 anni fa a Pecol e da subito la sua mamma Minerva lo aveva portato sullo zerbino di Giorgio, affidandolo a noi abitanti, fidandosi come aveva fatto lei per tutta la sua vita. Da allora era diventato il nostro amatissimo cervo; ho scritto “era” perché Bambotto è morto. Ammazzato da chi crede di aver compiuto un’impresa e invece si è solo marchiato a vita come un poveraccio che ha sparato a un animale che ti mangiava dalle mani e si faceva coccolare fino ad addormentarsi tranquillo».
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E UNA DIFESA…INDIFENDIBILE
«Cosa può esserci – si interroga ancora Donatella – nel cuore di un uomo che uccide per puro divertimento? La caccia non è uno sport. E’ una barbarie senza alcun senso: vergognati!». Un indizio è arrivato da un post del consigliere di un consigliere: «Questo cervo è stato ucciso da un cacciatore di ventitré anni a norma di legge: la legge attuale sulla caccia e il calendario venatorio della Regione del Veneto hanno consentito a questo ragazzino di uccidere un animale amico degli abitanti, dei turisti e di tutti i bambini». Ecco, gli italiani, che riconoscono più le leggi che “consentono” e un po’ meno, quelle che “dovrebbero rispettare”. Perché la storia e l’indignazione, non finiscono qui. Interviene il papà del giovane cacciatore, più bravo a schiacciare quel grilletto che non a difendersi. Ci vuole l’intervento del genitore.
A “Pomeriggio Cinque” il padre del cacciatore, infatti, precisa: «Il cervo è un animale che va cacciato con i permessi. Mio figlio ha fatto quello che fanno tutti i cacciatori, vanno a caccia e ammazzano gli animali che gli capitano a tiro. Cosa mi ha detto quando è tornato a casa? Niente, io ero a letto e stavo dormendo ho sentito il giorno dopo tutte queste chiacchiere. Mio figlio caccia da un paio d’anni, sarà il secondo o il terzo cervo che uccide». E’ il caso di aggiungere altro?