Stupro a Palermo, le frasi che sconvolgono anche gli inquirenti
Sette maggiorenni (un solo minorenne) contro una diciannovenne. Prima la fanno ubriacare, poi si appartano. La violentano e, spavaldi, riprendono le scene disgustose. Non finisce qui: la minacciano, deve tacere sull’intera vicenda. La ragazza reagisce e li denuncia: tutti arrestati
«Eravamo troppi, mi sono schifato ma la carne è carne…». Questo sì che è parlare da maschio. Fortuna che in Sicilia non la pensano nemmeno lontanamente con questi quattro gaglioffi che hanno appena sfiorata la maggiore età, uno è minorenne. Ma questa è una delle frasi intercettate dopo lo stupro di gruppo, sette ragazzacci contro una ragazzetta, cui hanno fatto bere alcol per farla ubriacare e, più tardi, avere ragione di lei. Non una ma sette volte.
«Ma la carne è carne!». Va’ a spiegarlo al bellimbusto, quando un giorno, dovesse arrivare quel giorno, diventerà padre e, malauguratamente, un branco violentasse la propria figliola. Anche qui scatterebbe la violenza, quella che lava il disonore. Stavolta questo “machetto” – diminuitivo di “macho” – era dalla parte di quelli che avevano il coltello dalla parte del manico: bello fare i prepotenti in sette, meglio se dall’altra parte non c’è un altro brano a metterla sullo stesso piano, ma una ragazza indifesa che ha compiuto un solo, grave errore: fidarsi di un amico.
Ecco cosa scrive il Corriere della Sera in una cronaca di Lara Sirignano. “L’hanno fatta ubriacare e fumare marijuana, poi l’hanno portata in un luogo appartato vicino al Lungomare del Foro Italico di Palermo e l’hanno stuprata a turno; le scene della violenza sono state riprese col cellulare da uno dei ragazzi del branco che conosceva da anni la vittima e che proprio grazie al loro rapporto, è riuscito a convincerla ad appartarsi con lui e il gruppo di amici”. E anche i genitori della vittima, evidentemente, ringraziano.
LE “CIMICI” RACCONTANO
Le cimici piazzate in caserma nei giorni della convocazione di due dei sette giovani sottoposti a provvedimenti raccontano il resto. «Le ho fatto male, lei non voleva, faceva “no, basta”… I pugni che le davano e pure gli schiaffi, non respirava»; «Lei non voleva, diceva no basta»; «e se finissimo nella stessa cella e nel telegiornale?»; «Meglio scappare in Messico o in Thailandia», dicono con atteggiamento spavaldo. Non finisce solo nella paura, prosegue anche con l’arroganza, qualcuno si rivolge a uno più “esperto” – buono anche questo… – che dopo i primi arresti minaccia la ragazza. «Devi stare zitta!». Invece la ragazza ha parlato. Fossimo nel “Padrino”, secondo Donvito Corleone questo sarebbe «un compito da assegnare a Luca Brasi…».
La ragazza denuncia, le indagini scattano dopo la denuncia della vittima, una diciannovenne. Tutti i responsabili dello stupro sono stati arrestati: tre subito dopo gli abusi, gli altri quattro la scorsa notte. Le scene della violenza sono state riprese col cellulare da uno dei ragazzi del branco che conosceva la ragazza. Lei gridava: «Basta, smettetela», loro, in barba a ogni supplica, infierivano. Se la logica è «la carne è carne», povera figliola.
Tutto era cominciato con sette Sambuca, «uno dopo l’altro e fumando uno spinello». Questa una delle frasi intercettate e finite nella documentazione che ha portato all’arresto, a Palermo, dei sette giovani che hanno stuprato la povera vittima incontrata qualche ora prima in un locale, scrive Il Messaggero. Lei prova a raccogliere quelle poche forze delle quali è ancora in possesso e domanda: «Dove stiamo andando?». «Lo sappiamo noi», risponde uno degli arrestati, mentre l’accompagna, sorreggendola, verso il luogo dello stupro di gruppo. Durante il tragitto, racconta la ragazza, «ho capito che Angelo (uno degli arrestati) aveva cattive intenzioni e gli ho detto: “Ma mi vuoi far stare sola con questi, ma sei pazzo?”».
IL RACCONTO PROSEGUE…
«Ero stonata, in piedi ma barcollavo, poi ho sentito dei forti dolori alla parte bassa del ventre: io mi lamentavo e loro mi deridevano. Ho chiesto ad Angelo di chiamare un’ambulanza, ma lui ha risposto che non lo avrebbe fatto perché non voleva fossero coinvolte le forze dell’ordine». Una finezza.
Esistono immagini riprese da alcuni dei presenti: un pugno nello stomaco. Frasi inequivocabili, tipiche del branco, dove l’unione fa la forza, classico della vigliaccheria allo stato puro: «Andiamo, forza che ti piace!». Le sciocchezze in quei momenti si moltiplicano. Gli stessi riprendono la ragazza e poi, fra loro, suggeriscono di cancellare le immagini. Se le cose stessero così: anche esibizionisti, poveracci.
«Adesso li elimino tutti – assicura a un amico – li sto mandando solo a chi dovevo mandare, li elimino perché non ne voglio sapere più niente di questa storia».
Non finisce qui. Il giorno dopo, in un messaggio scoperto dai carabinieri, Angelo continua il racconto: «Se ci penso mi viene lo schifo perché eravamo cento cani sopra una gatta, una cosa così l’avevo vista solo nei porno, eravamo troppi e sinceramente mi sono schifato un poco…». E il racconto continua. Il voltastomaco, pure.