
L’ORIGINE DEL MALE E LA SOLUZIONE AI PROBLEMI
Pare un paradosso definire emergenza il flusso migratorio che sarà la normalità per i prossimi quindici o venti anni. Così come appaiono inconsistenti le iniziative diplomatiche che partoriscono soluzioni para militari: nei giorni scorsi si è tenuto un vertice a Tripoli per tentare di strutturare un sistema, gestito da Italia e Libia, finalizzato a contrastare le partenze di migranti. L’obiettivo è quello di allestire una sala operativa congiunta che possa coordinare gli interventi in mare da parte delle motovedette libiche nelle loro acque territoriali. Tradotto, è il tentativo di costruire un muro, una barriera sulle acque del Mediterraneo. Perché del tentativo di alzare un muro si tratta.
Le politiche protezionistiche lanciate negli Stati Uniti da Trump in maniera palese, senza giri di parole o tentativi di nascondere il fine ultimo delle iniziative, sembra trovare una eco vista la nuova tendenza ad alzare muri: di cemento, umani o ideali che siano.
La lettura socio-economica della fase in atto prodotta dagli analisti statunitensi vicini al Presidente individua nella globalizzazione l’origine di tutti i problemi producendo risposte immediate: non solo un decreto, che sarà riscritto fino a quando la Corte Suprema dovrà piegare la testa alla volontà di negare gli accessi a cittadini di sette Paesi a maggioranza mussulmana, ma anche e subito una campagna di persecuzione ed espulsione immediata di ispanici presenti sul territorio.
Città come Atlanta, Chicago, New York, Los Angeles sono interessate in questi giorni da una vera caccia all’uomo: una ondata di raid guidati dagli agenti dell’ICE (Immigration and Customs Enforcement) ha portato all’arresto di migliaia di immigrati irregolari o senza permesso di lavoro e al loro immediato rimpatrio.
La gran parte è rappresentata da cittadini messicani, riportati di forza nel loro Paese già in crisi nell’ambito di un vero processo di deportazione.
L’obiettivo minimo, infatti, è quello di espellere e rimpatriare con la forza almeno tre milioni di persone nell’arco temporale di dodici mesi.
E per mettere un ulteriore punto di saldatura al percorso intrapreso, gli USA, per fare in modo che il messaggio sia chiaro a tutto il mondo, hanno posto il veto sulla nomina di rappresentante speciale per il nord Africa di Salam Fayyad, ex premier palestinese accusando l’ONU di avere un atteggiamento lesivo degli interessi di Israele: “Per troppo tempo l’ONU è stata ingiustamente sbilanciata in favore dei palestinesi a scapito del nostro alleato Israele –ribadendo che- Washington non riconosce attualmente uno Stato palestinese e non sostiene il segnale che questa nomina invierebbe”.
La delegittimazione dell’ONU, della quale gli USA sono i maggiori finanziatori, che il Presidente americano ha definito “un club di chiacchiere dove si ci diverte” ha il tragico aspetto di una nuova campagna crociata: chi si ritiene giusto e potente ha iniziato la sua battaglia contro i brutti, poveri e cattivi.