Un insegnamento dal palco di Sanremo

L’attrice chiamata al Festival per condurre con Amadeus la rassegna canora. Nata a Dakar, è stata oggetto di messaggi violenti: “Non se lo merita, l’hanno chiamata lì perché è nera”, “E’ arrivata l’extracomunitaria”, “Forse l’hanno chiamata per lavare le scale e annaffiare dei fiori”, hanno scritto di lei. «Così ho scoperto di non essere una ragazza italiana come tante». E il conduttore, «…serena, hai tutto il tempo che vuoi per spiegare l’idiozia di certa gente»

Screenshot_20220202-212012_Chrome

«Sono Lorena, nata a Dakar e cresciuta a Roma, una laurea in Storia contemporanea; ho studiato recitazione e, per fortuna, questo è diventato il mio lavoro: sono un’attrice…». Fin qui niente di particolare, se non fosse che il tono e la voce dell’attrice, uno scricciolo di una forza inaudita, per un attimo, ma solo un attimo, si piega su quella che vuole essere un’umiliazione e, invece, è la solita testimonianza – diceva Ennio Flaiano – di come la mamma degli ignoranti è sempre incinta. Non se ne esce più, non fai in tempo ad educarne uno, che dai social ne sbucano altri dieci, altro che “Rocco e i suoi fratelli”. C’è da diventare matti.

Screenshot_20220202-212312_Chrome

Ma Lorena, mostra le braccia, sottili, ma tutte muscoli. Passa appena un dito sotto quel nasino che sembra disegnato, come se volesse asciugarsi le lacrime che le impediscono di parlare come avrebbe voluto. In tutto questo, bravo Amadeus, che alla faccia dei ritmi televisivi le si avvicina, una, due volte, per incoraggiarla, darle sicurezza. Come a dire, «Lorena, hai tutto il tempo che vuoi!».

Screenshot_20220202-212159_Chrome

UNA VITA TRANQUILLA…

E riprende. «Una vita abbastanza tranquilla la mia, come tante ragazze italiane (perché Lorena, a prescindere da sciocche nazionalità che poveracci utilizzano per compiere un distinguo, è italiana). Succede che Amadeus mi chiama come co-conduttrice a Sanremo ed eccomi qua». Lorena è felice, ma i soliti imbecilli da tastiera, quelli che sparano idiozie tanto al minuto, le smorzano quella gioia fino a qualche istante prima legittima. «Succede che con questo annuncio – riprende la giovane attrice – scopro una cosa: a trentaquattro anni non sono una ragazza italiana come tante, ma resto nera. Fino ad oggi, a scuola o sul tram, nessuno aveva sentito l’urgenza di dirmelo e, invece, non appena Amadeus lo ha annunciato al Tg1, certe persone hanno sentito questa urgenza». Non nasconde nulla la ragazza.

Anzi, mette alla berlina l’idiozia di persone, “esseri inumani” ci verrebbe da dire. «Il mio colore della pelle è un problema per loro: ecco alcune frasi riprese dai social: “Non se lo merita, l’hanno chiamata lì perché è nera”, “E’ arrivata l’extracomunitaria”, “Forse l’hanno chiamata per lavare le scale e annaffiare dei fiori”». Basterebbe questo campionario di pillole di inciviltà a farci vergognare del convivere quotidianamente con gente capace di simili sentimenti.

Screenshot_20220202-212323_Chrome

MERCOLEDI’ SCORSO LA SCOSSA

Mercoledì sera, puntata in cui affianca Amadeus, la co-conduttrice prosegue leggendo alcuni passaggi del libro “Il razzismo spiegato a mia figlia” di Tahar Ben Jelloun, settantasettenne scrittore marocchino emigrato cinquant’anni fa in Francia. «Un pochino ci sono rimasta male – riprende Lorena – mi sono arrabbiata e mi è rimasta dentro una domanda: “Perché alcuni sentono la necessità di pubblicare certi post e si indignano per la mia presenza sul palco dell’Ariston, perché hanno problemi con il colore della mia pelle?”. Non sono qui per darvi una lezione, ma per dirvi cosa ho scoperto studiando per capire meglio. Tahar Ben Jelloun ha scritto “Il razzismo spiegato a mia figlia” e inizia così: la figlia Mérième gli fa una domanda “Babbo, che cos’è il razzismo?” e lui: “Tra le cose che ci sono al mondo è la meglio distribuita, tanto da diventare ahimè banale, consiste nel manifestare diffidenza verso persone che hanno caratteristiche fisiche e culturali diverse dalle nostre». Arriva il peggio, quella che noi, figli o genitori, dovremmo considerare una mazzata. In senso lato, naturalmente. Una di quelle che fanno più male di una vera legnata.

Screenshot_20220202-212504_Chrome

«“Un bambino ripete quello che dicono i suoi parenti – prosegue l’attrice leggendo un passaggio dell’autore – tutto dipende dell’educazione, sia a scuola che a casa: il razzismo non ha alcuna base scientifica, esiste un solo genere umano, che ha sangue della stessa tinta, indipendentemente dal colore della pelle, perché un uomo è uguale a un uomo”». «La figlia – conclude Lorena Cesarini – leggendo uno dei passaggi letterari più semplici, ma severi – gli chiede se i razzisti possono guarire e lui: “La guarigione dipende da loro, se sono capaci di mettere in discussione se stessi o no, perché quando uno riesce ad uscire dalle sue contraddizioni va verso la libertà”. La cosa più importante – chiude – per me quindi è la libertà, quella dagli insulti e dai giudizi, e mi auguro come Mérième di non perdere mai questa curiosità perché è quello che mi rende libera, più matura di molti altri adulti». Grazie Lorena, per avercelo ricordato stando alla nostra stessa altezza, senza volerci impartire una lezione che, forse, avremmo meritato. L’altra sera ti abbiamo vista e ascoltata con la massima attenzione. E grazie per averci ricordato un autore di grande spessore Tahar Ben Jelloun.