Michele Conversano, direttore del Dipartimento di prevenzione
«Il batterio viene dagli Stati Uniti, attenti alle docce e ai climatizzatori. Diossina e pcb: Taranto fra le più monitorate d’Italia, nostri i primi studi e le denunce. Vivere in questa città ha un rischio aggiuntivo di malattie, e non solo, legate all’inquinamento».
«La “legionella pneumophila”, più comunemente “legionella”, non arriva dall’Africa, come ha dichiarato un politico del Nord poco informato: è un batterio che si diffonde attraverso docce e impianti di climatizzazione». Michele Conversano, direttore del Dipartimento di prevenzione dell’Asl di Taranto, sfata subito una “fake news” circolata nei giorni scorsi circa un caso di legionella scoppiato a Taranto. Pura invenzione, come solo certa politica disinformata sa fare, alimentando risentimenti e odio, assopiti per un certo periodo, per chiunque venga dall’Africa o comunque dall’estero. Ma andiamo per ordine.
Qual è il compito del suo Dipartimento, quali servizi svolge?
«Svolgere attività all’interno di strutture complesse, dunque, servizio di igiene e sanità pubblica, dalle autorizzazioni all’ambiente; studiare i riflessi delle contaminazioni ambientali sulla salute umana, vaccinazioni, della Medicina legale; fare servizio di prevenzione e sicurezza dei luoghi di lavoro; servizio di igiene degli alimenti e della nutrizione; servizi veterinari, igiene di allevamenti e controllo su alimenti di origine animale e altro ancora che riguarda questo comparto».
Quanto è più impegnativo essere direttore del Dipartimento di prevenzione, a Taranto?
«Svolgere questa attività a Taranto è molto più complicato, ma anche molto più impegnativo. Dal punto di vista professionale equivale all’esperienza di un primario chirurgo chiamato a fare interventi importanti, e Taranto, purtroppo, ha problemi “importanti” per i quali abbiamo dovuto fare molta ricerca; collaborare con grosse università, istituti di ricerca non solo italiani, ma anche mondiali, tanto che la nostra città rappresenta un banco di prova per la Sanità pubblica. Poi Taranto è la mia città, la stessa nella quale vivono i miei figli, spero respirino i miei nipoti, quindi l’impegno è sicuramente molto più alto che in qualsiasi altra parte d’Italia».
In famiglia le avranno chiesto «Perché Taranto e non Grosseto, Lucca, Ferrara?».
«Mi avevano proposto Milano e Roma, città anche queste impegnative. Ho la fortuna di lavorare con strutture universitarie, sono stato presidente nazionale della Società italiana di Igiene e salute, sono stato a stretto contatto con igienisti di tutta Italia: poter fare il tuo mestiere nel migliore dei modi e nella tua città, credo che sia imparagonabile ad altre occasioni di lavoro nel campo della Sanità».
Quali i malintesi quando si chiedono soluzioni piuttosto che informazioni?
«Malinteso storico: per quindici anni con il Dipartimento di prevenzione abbiamo denunciato a tutti i livelli il problema sanitario, segnalando morti e malattie legate alla situazione ambientale di Taranto, ma il più delle volte siamo stati ignorati; studi scientifici svolti insieme con le più grosse università dimostravano che vivere in questa città ha un rischio aggiuntivo di malattie legate all’inquinamento e un rischio aggiuntivo di morte: tutto è stato ignorato per troppo tempo, fino a quando i nostri studi non sono stati ripresi dall’Autorità giudiziaria. Evidentemente qualche decennio fa, su altri tavoli, bisognava fare qualcosa di più».
Diossina, a che punto siamo.
«Esistono i Servizi di igiene degli alimenti, ciò che riguarda la possibile contaminazione di origine animale o vegetale. Da quando è scoppiato il caso-diossina abbiamo in piedi un Piano straordinario di controllo di diossina, pcb e altri contaminanti come metalli pesanti, idrocarburi; quelli più pericolosi, ce lo dice la scienza, sono gli alimenti di origine animale, ovina e caprina: latte, formaggi e carne; poi i mitili, le nostre cozze nere; questo Piano prevede un numero di campionamenti di diossina, pcb e contaminanti quasi equivalente al resto dei campionamenti che si svolgono in tutto il Sud Italia. Se si abbattono animali o distruggono tonnellate di cozze, è proprio perché i controlli funzionano».
Dopo lo studio sul latte materno, quello sui bambini.
«Con l’autorizzazione delle mamme, abbiamo sostenuto controlli su seicento bambini: analisi del sangue, urine, capelli, denti da latte; se non ci fosse stata questa forte collaborazione da parte dei tarantini, non avremmo potuto fare nulla di tutto questo».
Legionella, c’è allarmismo. Qualcuno si è inventato la storia delle “legioni africane”, tanto per cambiare.
«Qualche politico del Nord, poco attento, ha dichiarato, una fesseria clamorosa. La “legionella pneumophila” è un batterio che si diffonde attraverso acqua nebulizzata, essenzialmente docce e impianti di climatizzazione: si chiama così, “legionella”, non perché arriva dall’Africa, ma perché per la prima volta è stata isolata in seguito a un’epidemia abbattutasi su ex legionari, persone anziane, intervenute in una convention a Las Vegas, Stati Uniti. L’impianto di climatizzazione in quell’occasione “sparò” questi batteri su quanti erano presenti a quell’incontro : una volta isolata, è stata chiamata “legionella pneumophila”. E’ un batterio molto presente. A Taranto si registrano dai venti ai venticinque casi all’anno, fra tarantini e turisti ospiti di attività ricettive della nostra provincia. La prevenzione si fa bonificando le reti idriche, ricordando che la legionella spesso è nei soffioni delle docce, in quei rubinetti che apriamo poco spesso – nelle case estive, quando occorrerebbe provocare uno shock termico, far passare acqua bollente per qualche minuto all’interno dei condotti: è un batterio termolabile, muore».
Il suo Dipartimento e la città ideale dal punto di vista sanitario.
«Una Taranto in cui si vaccinano tutti: oggi abbiamo la copertura vaccinale più numerosa della Puglia e d’Italia, ottima la collaborazione con pediatri e medici di base, naturalmente con le mamme – sono loro a decidere… – una città in cui tutto funziona, un giorno potremo fare a meno dell’industria pesante cominciando da “ieri” a sviluppare le alternative – basta guardarsi intorno, esistono… – mare, cultura, turismo e alta tecnologia. Dice un proverbio cinese: “Se un albero ci mette mille anni a crescere, non è un buon motivo per non piantarlo”, dunque, tutti insieme, facciamo in modo che un giorno il Dipartimento possa interessarsi solo a boschi e funghi».