Botta e risposta con Riccardo Cocciante
Da “Margherita” a “Io canto”, fino a “La Bella e la Bestia”. E adesso, a settantasei anni, vive la sua quarta età autorale. A Taranto al campo Mazzola, poi al Fusco. Una lunga storia di emozioni, in tv e nei teatri

Foto Aurelio Castellaneta
«Taranto, una città bellissima, accogliente: qui c’ero già stato, ma non per qualche giorno; stavolta ho fatto le prove con l’orchestra insieme con il Maestro Leonardo De Amicis, un direttore straordinario senza il quale un concerto per sezione ritmica, quella mia abituale, e l’Orchestra della Magna Grecia, sarebbe stato complicato da realizzare».
Riccardo Cocciante, in città, dopo le prove dei suoni, quello che viene chiamato “sound-check”, incontra la stampa. Disposto a raccontare qualsiasi cosa. Le domande, secche, cominciano proprio dall’accoglienza e da come ha trovato Taranto. E lui, l’artista con più riconoscimenti al mondo per “il musical del secolo”, “La Bella e la bestia”, risponde.
Poi spiega il suo progetto estivo. «Ho grande rispetto, ammirazione per chi riempie gli stadi, ma credo che come gli attori che hanno fatto cinema e tv, un bel giorno sentano il richiamo del teatro, cioè confrontarsi con un pubblico raccolto, vicino, con performance “umane”, tornare al “corpo a corpo” con la gente sia una cosa che molti artisti dovrebbero tornare a fare perché una cosa così dà grande emozione: per scelta, questa estate, ho voluto fare concerti in location mirate, che mi dessero modo di tenere ogni sera un incontro con il pubblico».

Foto Aurelio Castellaneta
GIA’ STATO A TARANTO…
Riccardo Cocciante era già stato a Taranto in passato. Due interviste, prima e dopo il concerto. Fine anni Settanta, campo sportivo “Mazzola”; inizio Anni Ottanta, teatro Fusco. Stavolta è tornato sulla Rotonda del Lungomare insieme con l’Orchestra della Magna Grecia. Per l’artista di “Bella senz’anima” ha diretto il Maestro Leonardo De Amicis. L’occasione è la terza edizione del MediTa Festival.
Torniamo a Cocciante. Ce ne sarebbe una terza di intervista, giocata fuori casa, Hotel Sheraton di Bari. Di mezzo un discografico e mille raccomandazioni. Ma anche qui, Cocciante dimostra di essere Cocciante. Non si formalizza. Quando un artista come lui, che ha scritto, tanto per citarne qualcuna, “Margherita”, “Bella senz’anima” e “Poesia”, dice «Sono io che devo ringraziare voi, per il lavoro che fate e lo spazio che mi date», cosa si può aggiungere. E poi, in via di confidenze. Rivisto su Youtube il duetto “Poesia”, un bianco e nero con Ornella Vanoni in uno dei grandi spettacoli serali della Rai, Cocciante rivela.

Foto Aurelio Castellaneta
«Una bella storia quella – racconta – che in pochi conoscono: avevamo appena provato, Ornella artista immensa, non aveva avuto bisogno di ripassare quella canzone, “Poesia”; disse di partire con l’orchestra e cantare insieme: a un certo punto – ci troviamo di fronte ad una interprete come poche – mentre canta comincia ad emozionarsi; mi emoziono anch’io, l’abbraccio e continuiamo, io e lei con i lucciconi, presi dalla canzone e da un’atmosfera straordinaria, irripetibile. A fine registrazione, “Riccardo, rifacciamola, mi vergogno, mi sono emozionata come una bambina…”; e io, “Ma no, Ornella, lasciamola così, è di una bellezza senza pari, un’artista come te che ha il coraggio di emozionarsi dove la troviamo?”. La convinsi: avevo ragione, quei quattro minuti sono stati consegnati alla storia proprio per quei momenti di grande emozione».
QUESTIONE DI FEELING
Questione di feeling. «Ecco, ho questa fortuna, stabilisco subito grande empatia, grande sentimento: con Mina, stessa cosa, anche se in studio una canzone puoi rifarla quante volte vuoi; ma con la Tigre – non si scappa – è sempre buona la prima; insieme abbiamo cantato “Questione di feeling” e poi “Amore amore”, due sue grandi interpretazioni».
Campo Mazzola, era il ’79, arrivavano i grandi artisti. Cocciante era uno di questi. Aveva promesso l’intervista prima del concerto e così fu. Nagra in spalla, lo accompagnai con un pugno di domande fino alla scaletta che lo divideva dal palco. Dovetti desistere, un faro si accese sul cantante e sul sottoscritto, che incassò la sua buona dose di fischi, come se il ritardo fosse stato causato dall’intervistatore. Ma andò bene, su quella vecchia audiocassetta tante parole e fischi sul filo di lana.
«Ho sempre amato questo lavoro – ha sempre spiegato Cocciante – ho un grande rapporto con il mio passato, anche se nel tempo ho cambiato abito, per scherzo ho indossato giacca e cravatta: volevo cantare anche con altri toni l’amore assoluto e con Mogol ci stavamo provando. Alla luce del successo, posso dire che il pubblico apprezzò, anche se poi i ragazzi che si erano persi la prima parte della mia produzione nei concerti invocavano “Margherita” e “Bella senz’anima”, una cosa che mi fa sentire fiero, orgoglioso di aver scritto insieme con Marco Luberti pagine straordinarie della canzone non solo italiana, “Quando finisce un amore”, “Poesia”, “L’alba”…».

Foto Aurelio Castellaneta
TERZO TEMPO DELLA VITA
L’altra intervista, teatro Fusco nell’82. Dietro le quinte c’è un giovane Luca Barbarossa, apre i concerti di Cocciante, festeggia il suo compleanno, offre da bere, ci scappa il brindisi. Siamo agli sgoccioli dall’inizio del concerto, dentro Barbarossa, applauditissimo con la sua “Roma spogliata”. «Forse è meglio che l’intervista la facciamo a fine concerto». Aggiudicato. Applausi a scena aperta, il bis. “Margherita” cantata a cappella, pubblico ammutolito. Emozioni a catena. «Nelle canzoni c’è tutto il mio stato d’animo, una timidezza quasi paralizzante che chi fa un mestiere come il tuo avverte subito. Lo stesso il pubblico. Da ragazzo urlavo quasi avessi bisogno di farmi ascoltare, come quando cantavo “Bella senz’anima”». Ma “Margherita”. «Ho lo spartito a vista, a casa, sul pianoforte: stropicciato, scarabocchiato, con tutte le correzioni fatte in corso d’opera: quella canzone resta un momento straordinario della mia vita artistica…»
Oggi Cocciante, settantasei anni, dopo una terza giovinezza, quella del musical del secolo, “La Bella e la Bestia” (Bella, Il tempo delle cattedrali), si appresta ad entrare nella terza età cantautorale. E come allora, canta, le mani in tasca canta.