Se un uomo viene ammazzato a sangue freddo per il solo fatto di rivendicare il “diritto alla sopravvivenza” per se e per altri, se uno “schiavista” è libero di ammazzare, a colpi di fucile o di fatica, altri uomini in nome del massimo profitto e una nazione intera, sedicente civilizzata, si accontenta della sola notizia che le forze di polizia hanno arrestato lo “schiavista”, vuol dire che siamo un popolo tollerante.
A Roma o, meglio, nel Lazio, fascisti di vecchia e nuova generazione, non secoli fa, facevano fatica a contare i milioni di euro derivanti dalla presunta gestione dell’accoglienza dei migranti fino ad affermare “questi fruttano di più della droga!” salvo andare nelle piazze, un attimo dopo, a gridare: “li dobbiamo mandare tutti a casa!”.
La nostra economia agricola sarebbe ai minimi storici senza l’apporto fondamentale di questa manodopera e le nostre campagne deserte, omettendo di dire che mai si sarebbe potuto parlare, di questi tempi, di rivisitazione del sistema pensionistico per ammissione dello stesso Presidente dell’INPS.
E tutto questo avviene dentro una dimensione che esclude la persona in quanto uomo e, ormai, anche senza grandi distinzioni fra italiani o migranti.
Ma il punto è un altro e si incardina su una riesumata dicotomia servo-padrone che, oggi ci fa rivivere scenari che la mia generazione ha visto solo nei film, nei vecchi film, perché le immagini attuali passano attraverso filtri capaci di rendere tutto normalità, quotidianità.
Si, forse un po’ di indignazione di fronte al fatto ma, in un attimo, passi all’altra notizia, magari quella che parla della partita di calcio del giorno prima o se Al Bano e Romina si risposano con la ex di Al Bano che va in TV presa da crisi isteriche nonostante i soldi che avrà per risarcire l’abbandono con i quali si possono vivere sette vite (certo, qualcuna in meno di quelle della moglie di Berlusconi!).
Per chi ha una coscienza critica, ha avuto la fortuna di crescere al fianco di Maestri di Vita come Don Tonino Bello, saltano alla mente non tanto le frasi pronunciate con un fervore che non ti aspettavi da una persona dal fisico mingherlino ma con una forza interiore che ti attraversava anche durante i suoi silenzi, le sue pause, la voglia di ascoltare piuttosto che parlare, ma le azioni, l’idea del prossimo come carne vera e non concetto evangelico, il sentire l’altro come parte di se stessi, come strumento di condivisione dentro una idea di “creato” che non fa distinzioni.
“Dovete essere cristiani insorgenti!” è stato uno dei più bei messaggi che ci ha lasciato Don Tonino che, con questa frase, invitava a non vedere senza guardare, a non sentire senza ascoltare.
Ma anche indignarsi senza reagire non porta da nessuna parte anche perché il tutto viene vorticosamente riassorbito dentro quella lotta fra poveri che è la vera terza guerra mondiale.
Ci siamo dentro senza accorgercene, siamo stati arruolati senza chiamata alle armi, gli uni contro gli altri o, meglio, tutti contro tutti, e siamo pedine di un gioco giocato da altri che, sulle nostre vite e su quelle dei nostri figli, accumulano ricchezze sottraendole a più di un quinto della popolazione mondiale.