In balia delle onde a “porti chiuse”!
Ve la immaginate una crociera alla fine di un anno di lavoro per lasciarsi alle spalle i dodici mesi trascorsi e festeggiare l’arrivo di un nuovo anno pieno di aspettative e nuovi propositi?
Il sogno di tanti, se non di tutti ma all’interno di un immaginario differente nutrito di relax e divertimento.
Non è esattamente lo stesso viaggio che ha fatto salutare il 2018 e accogliere il 2019 a quaranta migranti, uomini, donne e bambini stipati nella pancia di due navi delle ONG e sballottati dalle onde di un Mediterraneo particolarmente “attivo” che sprigiona onde alte anche tre metri alle quali si è aggiunto il freddo artico che sta caratterizzando questi ultimi giorni.
Quaranta, non quattrocento o quattromila!
Quaranta persone alle quali è negato lo sbarco in un porto e che, senza viveri e medicine, aspettano da due settimane che i Governi nazionali e la Diplomazia internazionale decidano delle loro vite.
Le parole, dette o scritte, hanno sempre un peso ed è per questo che utilizzo l’unica categoria che conosco: le persone.
Il migrante è una persona che si sposta da un luogo ad un altro per vari motivi ormai noti al mondo intero e, spesso, non si sposta volontariamente perché nella quasi totalità dei casi scappa da una guerra, da una situazione persecutoria, dalla fame: in ogni caso, da una altissima probabilità di trovare una morte già scritta, certa.
E il nuovo scenario che presentano le due aree geografiche africana e mediorientale dimostrano, in maniera palese, che la lotta all’ISIS ha prodotto la “pulizia militare” di territori economicamente e strategicamente interessanti per l’Occidente provocando un massiccio radicamento dei fondamentalisti in territori meno interessanti e quasi irrilevanti nella strutturazione delle politiche internazionali.
Le parole, poche, di una bambina del Burkina Faso che afferma “di giorno abbiamo paura dell’esercito, di notte dell’ISIS!” la dicono lunga sulla qualità della vita in tanti Paesi africani e ciò che fa rabbia è che questa voce non avrebbe avuto una eco se, in quello stesso Paese, non si siano perse le tracce di un collaborante italiano.
Ma, tornando ai nostri quaranta “crocieristi” ingabbiati su due navi da due settimane, mi viene di sottolineare che alla fine, comunque vada e comunque si chiuderà questa vicenda, al netto dei buonismi inutili e delle posizioni radicali, siamo di fronte ad una duplice sconfitta: la prima, quella delle politiche nazionali e della Diplomazia europea che ancora dimostrano una incapacità di fondo a guardare ai problemi con gli occhi di un uomo e non del politico o del diplomatico.
La seconda e più profonda sconfitta è quella del senso di umanità, soppresso da “interessi superiori” che riguardano una parte estremamente piccola della popolazione mondiale che, non a parole, ma con i fatti, esercita il proprio potere su persone senza strumenti di difesa della propria dignità e del proprio essere.
Come dire, se abbiamo finito male il 2018, il 2019 inizia peggio!
E pensare che al peggio non esiste un limite produce angoscia ed una visione del futuro prossimo per nulla allettante.