L’arcivescovo di Taranto, Filippo Santoro, si pronuncia sull’ospitalità dei migranti. «Non sia un momento di emergenza», dice, «dobbiamo spalancare il nostro cuore».
Eccellenza, quando parla di migrazione pone l’accento sull’educazione all’accoglienza.
Dobbiamo impegnarci a fare in modo che l’accoglienza non sia il gesto di un momento di emergenza, bensì l’atteggiamento della nostra vita: quando vediamo un bisognoso, che sia un familiare, un vicino, un estraneo, qualcuno che bussa alla nostra porta sempre nel rispetto delle nostre possibilità abbiamo il dovere di spalancare il nostro cuore.
Educare ad aprirsi agli altri, questo l’insegnamento principale. Quando ero piccolo, mia madre mi diceva di fare aspettare i compagni di gioco e andare a visitare la zia ammalata, la vicina bisognosa di conforto: superate le prime comprensibili resistenze, considerando la mia giovane età, capii che era la cosa giusta da fare. Questo insegnamento mi è tornato utile, qui in Italia, come in Brasile, dove sono stato ventisette anni. Aprirsi alla gente bisognosa: è il Signore a volerlo; ti provoca, ma poi ti dona gli strumenti di fede per comprendere quanto sia fondamentale aprirsi agli altri.
I migranti, ha detto, non sono una minaccia, bensì una risorsa.
I nostri connazionali sono stati fra i primi a trasferirsi all’estero per necessità: Nord Europa, Stati Uniti, Australia, America del Sud, dal Brasile all’Argentina. Io stesso, da studente, andavo in Germania nei mesi estivi, lavoravo e studiavo: imparavo la lingua, utile per i miei studi di teologia e, allo stesso tempo, per mettere soldi da parte per proseguire il mio percorso religioso. Alla stazione di Stoccarda incontravo tanti italiani, soffrivano la nostalgia; ma venivano accolti con grande rispetto, lavoravano e realizzavano opere importanti. Con il nostro impegno abbiamo contribuito non poco alla crescita civile e culturale degli altri Paesi. Ecco perché i migranti non sono una minaccia, ma una risorsa nella costruzione del cammino comune. Non sia accoglienza indiscriminata, ma ragionata, accompagnata dal rispetto delle regole, senza chiudersi a quel prossimo che un tempo è stato litaliano.
L’importanza di cooperative, associazioni che fanno accoglienza.
Le organizzazioni importanti che svolgono questo tipo di attività mettono a disposizione della comunità le proprie capacità professionali per accogliere e sviluppare percorsi attraverso i quali permettere a questa gente di integrarsi attraverso conoscenza e lavoro; seguire corsi per panettieri, cuochi, pasticceri, pizzaioli; fare in modo che impari la lingua, cultura e storia del Paese che li ospita.
La disponibilità dei tarantini verso i migranti.
Qualche tarantino agli inizi faceva appello ai problemi del territorio, abbiamo tanti guai noi , diceva, ma presto ha compreso quanto fosse importante collaborare, sviluppare l’apertura all’accoglienza che nell’animo del tarantino esiste ed è forte.
Il contributo della chiesa a Taranto.
Detto della donazione delle Carmelitane del convento di Poggio Galeso alla diocesi, che a sua volta lo ha messo a disposizione dei migranti, domenica 19 novembre inauguriamo il Centro di accoglienza notturna San Cataldo per i senza fissa dimora. Dunque, una struttura per i migranti e una per i nostri poveri.
Sia chiaro, non ci sostituiamo a Comune e istituzioni, ma abbiamo voluto dare il nostro contributo. Parrocchie, confraternite, sacerdoti, comunità, hanno partecipato in concreto al restauro di un bene del 700: anche i poveri hanno diritto alla bellezza.
Cosa ha chiesto nel suo primo incontro a Rinaldo Melucci, sindaco di Taranto.
Dare speranza alla città con fatti concreti, relazionarsi con interlocutori seri, dalla Regione al Governo; far sentire la propria voce con maggiore insistenza, stiamo giocando la partita decisiva nel futuro di Taranto, il tempo è scaduto: le parole devono lasciare spazio ai fatti in concreto. Mi ha confermato massimo impegno per lavoro e ambiente, fra i principali temi che gli stanno a cuore.
Cè chi la considera ancora qualcosa di simile alla figura di un sindaco o un dirigente del Centro per l’impiego.
A ognuno il suo. Accoglienza e ascolto fanno parte della mia missione, la gente viene a trovarmi, mi parla dei suoi problemi, poi inevitabilmente si tocca il tasto del lavoro e della salute, figlio disoccupato e figlia malata per intenderci. E io ho il dovere di accogliere, ascoltare e confortare, indicare la strada se possibile.
Nei giorni scorsi sono stato a Cagliari in occasione della Settimana sociale dei cattolici italiani. Questanno al centro degli incontri, il tema principale era quello riservato al lavoro. Il compito della chiesa è aprire percorsi, non a caso abbiamo pensato a una struttura come la Pastorale sociale che avrà il compito di fornire orientamento sulle politiche del lavoro, per dare dignità e non assistenzialismo; non basato sul compra e consumo: il lavoro deve stare al centro della produzione, non ci sono altre strade per rilanciare la struttura economica del Paese.
A Cagliari ha incontrato Gentiloni, presidente del Consiglio. Pare non le abbia mandate a dire.
In qualità di presidente del Comitato, sono intervenuto durante i lavori. Vengo da Taranto, gli ho detto, facciamo in modo che abbia fine una buona volta la devastazione ambientale di un territorio e che gli sia garantito il lavoro: numeri impensabili sugli esuberi, massima tutela dei diritti e salvaguardia dell’indotto. Mi ha assicurato massimo impegno, tocca a loro, alla politica sciogliere i nodi del lavoro e dell’ambiente a Taranto.
Festività natalizie. Migranti e preghiera, rinnova l’appello al rispetto della preghiera e delle religioni.
E alla base della civiltà. La nostra parte l’abbiamo sempre fatta, partiamo con Santa Cecilia, le Pastorali, le nostre preghiere al convento di Poggio Galeso; lì abbiamo già invitato i musulmani a recitare il Padre nostro, che nella loro dottrina fa riferimento ad Abramo. La libertà più grande è proprio questa: accogliere e consentire all’altro di pregare il suo Dio.
Dovesse confessare una benedizione.
E successo in Brasile, ma anche qui in qualche occasione qualche benedizione l’ho mandata. In Brasile, durante la Processione delle palme, in una favela. Davanti a un bar, padroni del traffico ostentavano le armi nella cintura: mi staccai dalla processione, entrai nell’esercizio e chiesi chi fosse il capo invocando il rispetto per la Chiesa: quello che sembrava il boss, invitò gli spacconi a fare sparire le armi.
A Taranto, ho perso la pazienza quando ho avuto la sensazione che non tutti prestassero attenzione alla nostra città; andai perfino a Roma per farmi sentire: viviamo nel dramma e la politica deve assicurare una cosa e l’altra, lavoro e salute!